#Suleteste: al teatro Brancaccio di Roma va in scena il lavoro
Lavoro e sapere non sono una merce. Il racconto dell'assemblea delle delegate e dei delegati FLC CGIL.
Amano il loro lavoro anche se sono precari da 10 anni, anche se guadagnano 1.000-1.200 euro al mese. Sono i lavoratori della conoscenza, quelli che insegnano o amministrano una scuola, i ricercatori e i tecnologi dell’università e degli enti di ricerca. Per questo oggi sono entrati a testa alta al teatro Brancaccio di Roma per partecipare numerosissimi all’assemblea nazionale delle delegate e dei delegati della FLC CGIL. Leit motiv della giornata: “Il lavoro e il sapere non sono una merce”. In primo piano il superamento del precariato, il rinnovo dei contratti e l’impegno nella campagna referendaria per l’abolizione dei voucher e per la responsabilità solidale degli appalti. La presenza di Susanna Camusso, che ha chiuso i lavori dell’assemblea, ha marcato il valore per tutta la Cgil di questi due appuntamenti: i referendum e la stagione contrattuale nei settori pubblici.
La manifestazione si è aperta con una carrellata di testimonianze, raccolte in video, che in pochi secondi hanno dato il quadro di una condizione lavorativa entusiasmante e frustrante allo stesso tempo. Il docente di musica che non sa se l’anno prossimo potrà seguire i suoi alunni e non sa che rispondere al genitore che lo prega di restare perché finalmente il figlio si è appassionato a una disciplina. Il ricercatore che non potrà vedere la fine del progetto a cui sta lavorando, perché il suo contratto scade prima. “Sono qui da 14 anni, come possono definirmi precario? Evidentemente lo Stato ha bisogno di me”. “Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato – gli fa eco un’altra intervistata – non solo ci ha garantito dei diritti, ma ci ha dato il senso del lavoro non più come merce, ma come partecipazione a un processo collettivo, come responsabilità”. Eppure sono tutti fieri e felici del lavoro che fanno. “Mi ritengo fortunato – si sente in una testimonianza – perché faccio un lavoro che mi piace”, anche se non sa se gli rinnoveranno il contratto, anche se ad agosto non prende lo stipendio.
Assemblea Nazionale delegate e delegati FLC CGIL
Un’assemblea combattiva e allegra con un forte senso di comunità, dove ciascuno è consapevole della responsabilità insita nel proprio lavoro, allietata dagli intermezzi musicali di alcuni studenti di due licei (il “Domenico Cirillo” di Bari e il “Don Milani” di Acquaviva delle Fonti) accompagnati al pianoforte dal prof. Luigi Cippone. La giovane allieva Asia Colella è stata la solista della sonata di Mozart per violino e pianoforte K304, Laura Lupoli solista nel brano di Massenet “Meditation” per violino e pianoforte e infine la giovane clarinettista Simona Lembo ha eseguito, sempre accompagnata al pianoforte dal maestro Cippone, un brano da Messeger. Giovani piene di talento che speriamo che non debbano andare all’estero per fare le musiciste.
I lavori dell’assemblea sono stati condotti brillantemente dalla giornalista e scrittrice satirica Francesca Fornario che ha puntellato con perfida ironia i dati drammatici del lavoro in Italia e della scarsa considerazione dell’istruzione e della ricerca, riconoscendo amaramente che, spesso, la realtà supera la satira nel grottesco delle situazioni.
Francesco Sinopoli, nella sua prima uscita nazionale in veste di segretario generale della FLC CGIL, ha rilanciato le priorità del sindacato: la campagna referendaria lanciata dalla Cgil e il rinnovo dei contratti nel comparto istruzione e ricerca. “Sono battaglie da condurre insieme alla Cgil” – ha detto, perché il contratto di lavoro restituisce dignità al lavoro, mortificato dalle politiche dei voucher, perché “demercifica il lavoro”, combattendo l’ideologia dominante secondo la quale il lavoratore è solo un ingranaggio del sistema organizzativo aziendale e non una persona con intelligenza, competenze, doveri ma anche diritti. Ha ricordato anche, il segretario, come il sistema degli appalti, diffusissimo anche nei nostri settori, sfrutta il lavoro deresponsabilizzando le amministrazioni che vi ricorrono. “Abbiamo riportato all’attenzione dell’agenda politica – ha continuato – il lavoro ma anche un’idea di istruzione e di ricerca su cui discuteremo in tutte le sedi, non solo quelle del rinnovo contrattuale, ma anche nella discussione sulle deleghe della 107 sulla scuola”. Tra le priorità indicate da Sinopoli l’investimento in istruzione e ricerca. “L’Europa a due velocità esiste proprio su questo”, mentre l’Italia tagliava nei nostri settori altri paesi intensificavano l’investimento. Negli ultimi anni sono stati dati alle imprese 20 miliardi in incentivi che non hanno portato alcun effetto né sull’occupazione né sullo sviluppo. Bisogna quindi cambiare strategia. Con un piano pluriennale vanno spostate risorse verso la conoscenza, almeno restituire i 10 miliardi che sono stati tagliati. “Le risorse ci sono, ma sono state investite male come i 3 miliardi stanziati sulla scuola”. Sinopoli ha chiesto che il “tesoretto” dell’IT di Genova venga messo a disposizione del sistema ricerca per stabilizzare l’altissimo numero di precari. Difficile sintetizzare in poche righe la complessità dei temi che Sinopoli ha indicato: dalla lotta alle diseguaglianze, al ruolo dell’istruzione e della ricerca al servizio del paese, dal reclutamento al diritto allo studio. Su tutte queste vertenze, ha concluso il segretario “la categoria è pronta”.
Dopo Sinopoli, Francesca Fornario ha intervistato alcune delegate. Dai loro discorsi è emerso come sia fasullo nel nostro paese il dibattito su meritocrazia e eccellenze: le nostre università e gli enti di ricerca hanno detto non premiano i migliori che sono costretti ad andare all’estero, dove ricevono grandi riconoscimenti, come ha spiegato Veronica Morea, biologa del CNR, rientrata in Italia dove oltre 3 anni di Inghilterra. E d’altronde che altro aggiungere se al CNR su 7000 lavoratori a tempo indeterminato 5000 sono precari? Antonella Vulcano, docente di una scuola, ha spiegato il fallimento del sistema dei bonus premiali nella scuola che ha finito per creare risentimenti e divisioni, per non parlare delle griglie su cui si è tentato di costruire la valutazione che ha avuto risvolti grotteschi. Helga, una tecnico-amministrativa dell’Università di Trieste, ancora precaria dopo 5 concorsi e 12 anno di lavoro, si è chiesta che cosa dovesse ancora dimostrare. E Fabiola, una collaboratrice scolastica di una scuola del trevigiano ha espresso l’amarezza di una funzione, importante nel contesto scolastico, che viene soppiantata, senza grandi risparmi, dagli appalti.
Con dovizia di dati Marta Fana dell’Istituto di Studi politici di Parigi e Michele Raitano ricercatore di politica economica alla “Sapienza” di Roma, hanno illustrato, la prima il fallimento delle politiche occupazionali avviate con il Jobs Act. Dopo i benefici apportati dalla decontribuzione per i neoassunti, sono crollate sia le assunzioni a tempo indeterminato sia le stabilizzazioni. Aumentano i contratti a termine, ha detto Fana, e un lavoratore su 3 in Italia è considerato povero. Infine, l’aumento spaventoso del ricorso ai voucher, da 25mila a oltre 1 milione non ha fatto emergere il lavoro nero, come dimostrano le statistiche. Raitano ha ripreso il discorso sulla cosiddetta “meritocrazia” e ricorrendo a studi statistici anche internazionali ha dimostrato la debolezza del mercato del lavoro italiano che non assorbe il pur basso numero di laureati. Il che non significa, ha spiegato, che lo studio non paga, tutt’altro, visto che poi i laureati hanno un maggiore sviluppo di carriera rispetto agli altri. Il problema è che il nostro sistema di impresa non richiede un’alta formazione, tanto che noi esportiamo eccellenze e il nostro mercato del lavoro, più che sulla meritocrazia, si fonda su un network di relazioni. La tanto elogiata competizione che il mercato svilupperebbe è iniqua e inefficiente.
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I lavori si sono conclusi con una intervista di Roberto Mania (giornalista de “La Repubblica”) a Susanna Camusso che ha voluto iniziare ricordando il Placido Rizzotto, 68 anni dopo il suo assassinio. L’intervista ha spaziato dai due referendum, alla proposta del Presidente del Consiglio Gentiloni di ridurre il costo del lavoro, al reddito di inclusione fino al nuovo modello contrattuale ed ai rapporti con Confindustria. Il segretario generale ha motivato la scelta di proporre i referendum, da molti considerata inusuale e straordinaria per un sindacato, come un autentico atto di rottura per rispondere alla sordità della politica rispetto ai temi del lavoro. "Le prime modifiche alle norme sui voucher non ci soddisfanno e non sono sufficienti per evitare il referendum - ha sottolineato. Noi riteniamo che il problema non sia l’abuso nell’uso dei voucher (che pure c’è stato), ma che con i voucher si è trasformato il lavoro contrattualizzato in buoni dal tabaccaio. Va abolita questa norma e introdotto un nuovo strumento di regolamentazione del lavoro occasionale per farlo uscire dal “nero”. Anche il referendum sugli appalti è importante perché reintroduce tutele per i lavoratori delle ditte appaltatrici riguardo al mancato rispetto delle norme contrattuali".
“Noi stiamo con gli “ultimi” - ha continuato il segretario - ed è per questo che i due referendum riguardano proprio il gradino più basso della precarietà. Non bastano piccole modifiche per evitarli, per noi si deve votare, perché una democrazia deve sempre scommettere sulla partecipazione. E per noi è importante che i cittadini si esprimano sui temi del lavoro”.
Rispetto alla proposta di Gentiloni di ridurre il costo del lavoro, Susanna Camusso è stata molto netta: per la CGIL l’unica strada è una riforma dell’IRPEF che sia basata su giustizia e progressività: vanno riviste le aliquote che attualmente penalizzano i più poveri.
Positivo il giudizio sulla nuova norma relativa al reddito di inclusività: “è un primo passo che risponde ad un tema a noi caro, quello dell’inclusione, ma deve essere uno strumento che agisce contro la povertà per far uscire dalla povertà e ha bisogno di ulteriori risorse”.
In conclusione dell’intervista Roberto Mania ha chiesto che fine abbia fatto l’accordo sul nuovo modello contrattuale. Susanna Camusso ha risposto che il tema è ancora sul tavolo e dopo la stipula degli accordi con la maggior parte delle sigle datoriali, manca ancora la Confindustria che sembra “desaparecida”: forse è più interessata agli incentivi del Governo che ad una nuova politica industriale.