Sconcertanti le tesi del professor Ricolfi sulla scuola pubblica. Si vuole tornare alla scuola gentiliana
Comunicato stampa della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL.
Roma, 25 ottobre - In merito all'articolo di Luca Ricolfi pubblicato ieri dal quotidiano Il Messaggero, e all'intervista rilasciata oggi a Italia Oggi, il segretario della FLC CGIL, Francesco Sinopoli, scrive in una nota: "Abbiamo letto i passaggi del professor Ricolfi dedicati alla scuola tratti dal suo libro e l'intervista al quotidiano Italia Oggi. Non possiamo che manifestare sconcerto, perché vi abbiamo letto l'ennesimo tentativo di screditare la scuola pubblica, la scuola democratica, la scuola che fornisce innanzitutto strumenti cognitivi per capire il mondo e delle relazioni sociali e affettive. Ricolfi suppone che la scuola sia come un'azienda che si misura in base a una presunta produttività, escludendo dalla sua analisi il valore che all’istituzione scolastica è assegnato dalla Costituzione e in particolare dall'articolo 3. Ora, poiché la scuola non è comparabile a un'azienda (errore che deriva da un preciso residuo ideologico), ci si chiede come si possa misurarne la produttività, ad esempio di chi deve rimuovere gli ostacoli".
"Il punto sostanziale", commenta il segretario Sinopoli, "è che ormai la sfida lanciata alla scuola pubblica, al suo valore e alla sua funzione sociale, non è che un micidiale, rischioso, sbagliato tentativo di riportarci alla scuola gentiliana, alla scuola di classe, dove, come diceva don Milani (ma anche Antonio Gramsci), vince solo chi possiede opportunità di partenza, chi ha i libri in casa e una famiglia in grado di sostenerne l'istruzione. I nemici della scuola pubblica, e ormai cominciano a essere troppi, ritengono che si debba formare (come fanno le aziende) il 'capitale umano' pronto per entrare nel mondo del lavoro, alla ricerca di un lavoro purchessia".
In realtà, conclude Sinopoli, "la scuola pubblica fondata sulla Costituzione, quella vissuta da una parte maggioritaria degli insegnanti, degli operatori e degli studenti del nostro paese, vola un po’ più in alto, pensa di poter offrire a tutte le nostre ragazze e i nostri ragazzi una prospettiva più elevata di quella da cui provengono, che elimini le disuguaglianze e le fratture sociali, che non chiuda le porte dei licei a chi, a quattordici anni, non è in possesso dei 'prerequisiti' e, infine, pensa che tutti, istruiti al meglio, non siano affatto un capitale umano da sfruttare”.