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DL 112/08, continua la mobilitazione negli Atenei napoletani

Comunicato stampa sul presidio del 18 luglio contro i provvedimenti del Governo che intervengono pesantemente su tutti i settori della Conoscenza.

21/07/2008
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Le iniziative di mobilitazione negli atenei

Pubblichiamo di seguito il comunicato sul presidio pubblico organizzato dalla FLC Cgil e dalla UIL PA.UR - Afam il giorno 18 luglio davanti all'Università Federico II di Napoli, in concomitanza con la presenza a Napoli del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Roma, 21 luglio 2008
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FLC Cgil - UIL PA.UR - Afam
Segreterie provinciali di Napoli
Comunicato stampa

Continua la mobilitazione negli Atenei napoletani contro i provvedimenti del Governo che intervengono pesantemente su tutti i settori della Conoscenza e colpiscono con particolare accanimento l'Università, minando profondamente la natura pubblica dell'istruzione e della ricerca universitaria ed il lavoro.

Anche l'iniziativa di ieri, 18 luglio 2008, promossa dalla Flc CGIL e dalla Uil PA.UR.-AFAM, ha visto una più che soddisfacente partecipazione del personale e degli studenti del nostro e di tutti gli altri Atenei napoletani (SUN, L'Orientale, Parthenope, Suor Orsola Benincasa).

Il Presidio pubblico organizzato davanti all'Università Federico II di Napoli, tenuto in concomitanza con la presenza a Napoli del Presidente del Consiglio dei Ministri, ha voluto rendere partecipe i cittadini, gli studenti e le famiglie del progetto, mortale per l'Università pubblica, cui sono ispirati i recenti provvedimenti del Governo, il documento di programmazione economico finanziaria e il disegno di legge finanziaria 2009.

Per l'Università si prevede:

  • la possibilità di trasformarsi in FONDAZIONI, strutture giuridicamente sottratte ai vincoli della programmazione e del controllo pubblico e gestite secondo le regole delle aziende private. E' facile intuire come, con un tale ordinamento giuridico, i contenuti, l'organizzazione e la diffusione dell'istruzione universitaria diventino una variabile subordinata al profitto piuttosto che all'efficienza ed all'efficacia: potenziamento della formazione universitaria nei settori disciplinari trainanti (core business) e nella sola ricerca che produce profitti. Un Paese che costruisce la sua prospettiva su un sistema universitario avente queste caratteristiche è un Paese culturalmente più povero, che rinuncia allo sviluppo ed alla crescita sociale dei suoi uomini e delle sue donne.

    La misura, oltre che obbedire ad una filosofia sociale, economica e culturale attenta esclusivamente alle "elite sociali", appare anche come la manifestazione palese della incapacità dei Governi, anche di questo, di riformare in chiave moderna il sistema universitario, intervenendo - coraggiosamente - sulle distorsioni che si sono generate negli ultimi decenni.

  • una prospettiva caratterizzata da differenze ancora più marcate tra Nord e Sud del Paese. Nel Nord più ricco di imprese, il business della Fondazione universitaria può effettivamente attrarre capitali privati; nel Sud la sopravvivenza potrà essere assicurata solo con la dismissione del patrimonio immobiliare universitario che il Governo regala alle Fondazioni universitarie.

  • tagli giganteschi al finanziamento delle Università che si aggiungono alle decurtazioni sistematiche operate nell'ultimo quinquennio: si calcola che i tagli al finanziamento delle Università previsto dal Governo per i prossimi 4 anni ammonterà complessivamente a oltre 500.000.000 di euro. Un colpo mortale, capace di demolire anche gli Atenei più virtuosi.

  • ancora nuove limitazioni del turn-over che viene autorizzato solo nella misura del 20% delle cessazioni.

Per gli studenti e le famiglie le conseguenze più immediate saranno:

  • l'aumento delle tasse universitarie.

  • ulteriori maggiori spese per la contrazione dei servizi per il diritto allo studio che, per gli studenti delle Università meridionali, si rivelerà particolarmente penalizzante.

  • una nuova stagione di discriminazione sociale, fondata sul ceto, nell'accesso all'istruzione universitaria ed alle posizioni professionali più avanzate che riporta l'orologio del Paese indietro di cinquant'anni.

Per i tanti lavoratori precari dell'Università si delinea:

  • l'allontanamento o la definitiva fine di ogni prospettiva di lavoro stabile ed adeguatamente retribuito.

  • il riprecipitare in una situazione di frustrante logorio psicologico per il futuro incerto, un destino professionale indefinito ed un perpetuo sfruttamento delle competenze scientifiche e tecnico-amministrative accumulate, delle quali si avvantaggia una comunità-Paese che appare sempre più segnata dall'ingratitudine verso una generazione di donne e di uomini per la formazione della quale, quelle donne e quegli uomini, le loro famiglie e lo stesso Paese, pure hanno investito.

Per i professori e i ricercatori si traduce:

  • in una prospettiva densa di incertezze rispetto alle garanzie di libertà di didattica e di ricerca sancite dalla Carta costituzionale, fondamento della libera circolazione dei saperi e leva fondamentale del progresso scientifico e tecnologico.

  • nel saccheggio di Stato delle loro retribuzioni che in realtà, più che finalizzato a "fare cassa", sembra voler comunicare, con il linguaggio dei simboli e con stile preoccupante, anche a quelle aree di potentato che incarnano l'anima corporativa e conservatrice dell'accademia, una loro vulnerabilità fino ad oggi inedita. Una misura odiosa e gratuita che, come nell'attacco al lavoro dipendente pubblico, colpisce tutti in maniera indistinta e si traduce in una ingiustificabile penalizzazione, soprattutto per le generazioni di giovani ricercatori, le cui retribuzioni oscillano tra 1.300 -1.500 euro e sono ovunque considerate tra le più basse rispetto agli altri Paesi europei.

Per il personale tecnico e amministrativo si assiste:

  • ad una indegna, artificiosa campagna fondata sull'equazione mediatica lavoratore pubblico/fannullone che pone tutti, in maniera indistinta, tra il popolo degli inetti.

  • ad una roboante, velleitaria propaganda contro l'assenteismo nella pubblica amministrazione sostenuta con provvedimenti irrazionali, dispendiosi (non appena emanati già rettificati) e con precetti normativi in parte già esistenti e operativi nelle Università e nelle PA ed in parte fortemente limitativi della sfera giuridica individuale.

  • ad nuovo attacco alla contrattazione integrativa ed ai salari, che culmina con la rapina sul salario accessorio, già bloccato al 2004 dalla Finanziaria approvata dall'ultimo Governo Berlusconi. Tutto ciò mentre nel Paese l'emergenza salariale e la perdita progressiva del potere di acquisto delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti viene costantemente indicata, anche dallo stesso Governo, come una delle questioni sulle quali occorre intervenire per rilanciare il consumo interno.

  • all'affermarsi, con la costituzione delle prime Fondazioni, del progetto di collocazione del comparto in altri settori contrattuali del e con le regole del mercato del lavoro privato.

Per il sistema Paese si delinea:

  • una rinuncia ad investire nei settori della conoscenza per ammodernare il Paese e rilanciare la competizione internazionale.

  • una ritirata dello Stato dai settori strategici per la crescita sociale, economica e culturale di tutti i territori del Paese dettata più dall'esigenza di soddisfare l'interesse di settori finanziari e industriali che da una adesione ideologica al modello dell'organizzazione privatistica.

  • una esasperazione delle differenze Nord-Sud del Paese che porterà ad un impoverimento e ad un arretramento incolmabile le aree più povere del Mezzogiorno d'Italia.

  • un clima sociale esasperato dalla tendenza classista delle misure di questo Governo.

Gli uomini e le donne della Scuola, dell'Università, della Ricerca, i professori e ricercatori, il personale tecnico e amministrativo, gli studenti non possono assistere inerti allo scempio che le misure già varate del Governo e quelle in via di approvazione produrranno sull'Università pubblica.

Per questi motivi hanno aderito e partecipato attivamente al Presidio pubblico tenuto ieri 18 luglio davanti all'Università Federico II di Napoli; per questi motivi aderiscono e parteciperanno con una delegazione di almeno 50 persone alla manifestazione nazionale del 22 luglio prossimo a Roma, presso l'Università la Sapienza.

Per questi motivi, per SALVARE L'UNIVERSITA' PUBBLICA e il Paese dallo spettro della privatizzazione del sapere e della conoscenza continueranno a lottare nei prossimi giorni, con l'obiettivo di indurre il Governo mettere al centro del proprio progetto politico riforme serie e condivise del sistema universitario che né rilancino la funzione di motore dello sviluppo culturale, sociale, economico e produttivo del Paese.

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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