Tempo di rapporti annuali
Nei rapporti dell'ISTAT, del CENSIS, dell'ISFOL disponibili dati aggiornati sul sistema dell'istruzione.
ISTAT, ISFOL e CENSIS hanno recentemente pubblicato i loro rapporti annuali che comprendono anche un'attenzione all'istruzione, alla formazione, alla cultura.
La Commissione Europea ha svolto una indagine sullo stato di conseguimento degli obiettivi di Lisbona in tema di istruzione.
L'INVALSI ha pubblicato la rilevazione degli apprendimenti nella scuola primaria, relativa all'a.s. 2008/2009.
Tutte queste rilevazioni si riferiscono al 2008 o all'anno scolastico 2008/2009.
Per la scuola si tratta di un anno cruciale, che demarca un prima e un dopo l'entrata in scena del piano di demolizione della scuola pubblica perseguito con determinazione e pervicacia dal governo.
Possiamo considerarle come le ultime foto della scuola italiana com'era prima della devastazione in atto.
L'Europa ci mostra quanto l'Italia sia lontana dagli obiettivi di Lisbona per quanto riguarda la percentuale di laureati; ed è un dato che merita senz'altro una riflessione approfondita.
Né tanto meno può lasciarci indifferenti il fatto che quasi il 20% dei 18-24enni italiani non siano in possesso di un diploma né in formazione.
Ma come i bravi insegnanti sanno, una valutazione seria non si limita a guardare al prodotto (in questo caso al dato), ma è attenta anche ai processi che quel dato hanno determinato. Altresì non basta una lettura sincronica, bisogna leggere i dati in prospettiva diacronica.
Se per esempio si raffrontano i dati attuali con quelli relativi al 1951,si può vedere che la percentuale di laureati è passata dall'1% al 10,73%. Per quel che riguarda quest'ultimo dato, è interessante scomporlo in classi di età. Si vedrà allora che su una popolazione residente di 15 anni e oltre, i laureati sono il 6,8% nella fascia 20-24; il 20,8% nella fascia 25-29; il 19,2% nella fascia 30-34; il 17,1% nella fascia 35-39; e poi a scendere fino al 4,3% nella fascia 65 e oltre.
Nel 1951 il 76,9% della popolazione aveva la licenza elementare; il 12,9% erano gli analfabeti.
Nel 2008 invece il 25% ha solo la licenza elementare, il che significa che il 75% della popolazione ha un titolo superiore a quello della licenza elementare: si tratta di un vero e proprio ribaltamento della situazione. Se poi si considera che a costituire i 25% con solo la licenza elementare concorre il 70% circa dei soggetti della fascia "65 e oltre", risulta ancora più evidente il salto di qualità.
Vediamo la licenza media: nel 1951 era appannaggio del 5,9% della popolazione, nel 2008 del 31,6%, ma a comporre questo valore contribuisce l'84,2% dei giovani tra i 14 e i 19 anni che oggi ne sono in possesso.
Maturità: nel 1951: 3,3%, nel 2008: 27,3% a cui possiamo sommare il 5,3% in possesso di una qualifica professionale.
Anche in questo caso è significativa la distribuzione in fasce d'età: tra i 20 e i 24 anni il 63,8%; nella fascia "65 e oltre" il 9,7.
A chi dobbiamo questi risultati?
Non certo alla spesa pubblica per l'istruzione in percentuale sul PIL in questo Paese, dato che essa "risulta essere costantemente al di sotto della media Ocse".
Non pare immodesto allora rivendicare alla scuola e a chi l'ha fatta il merito di questi risultati relativamente notevoli. Si potrebbe dire quindi che se il bicchiere è mezzo pieno il merito è prevalentemente di chi a scuola ci lavora e se è mezzo vuoto la causa sta, prevalentemente, nelle condizioni di sistema.
E una qualche consapevolezza di questo dev'essere diffusa se il Censis nel suo Rapporto rileva che, pur dentro al fenomeno della perdita di appeal dei percorsi educativi, i genitori non attribuiscono agli insegnanti la responsabilità della perdita di prestigio della scuola, semmai ritengono che gli insegnanti non abbiano gli strumenti (ad esempio per fermare i bulli).
Anche questo è un dato interessante poiché rilevato in un periodo (ahinoi: non ancora terminato!) contraddistinto da un attacco volgarmente denigratorio agli insegnanti e al loro lavoro.
Beninteso: è assai grave che a tutt'oggi il diritto all'istruzione di fatto non sia garantito alla totalità dei giovani di questo Paese. La FLC ha ben presenti i limiti dell'attuale sistema di istruzione ed è da sempre impegnata per il loro superamento.
Proprio per questo si impone oggi una domanda: quali saranno gli esiti a cui perverranno queste autorevoli indagini l'anno prossimo, allorquando l'opera di demolizione della scuola pubblica da parte del Governo sarà nel frattempo continuata producendo ulteriori danni?
Pietro Cipollone (attuale presidente INVALSI) e Federico Cingano, in un nuovo studio prodotto per Banca d'Italia, dimostrano come l'investimento in istruzione sia di importanza strategica per la crescita economica e occupazionale del Paese. Nel frattempo però il Governo prosegue nel dare attuazione al suo piano triennale di tagli.
E' necessario per lo sviluppo a breve, medio e lungo termine di questo Paese che la scuola torni subito ad essere al centro di un grande dibattito culturale, che si inverta la tendenza: si fermino i tagli e si proceda urgentemente ad una politica di investimenti e di processi riformatori reali, condivisi, efficaci: in grado di dare risposte alle emergenze educative del Paese.
Questo è ciò che lo sciopero e la manifestazione di venerdì scorso hanno rivendicato con forza.
Questo l'impegno a cui ci chiama la difesa della nostra Costituzione.
Roma, 14 dicembre 2009