Articolo 19
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
Costituzione della Repubblica italiana
Art. 19
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
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Si tratta dell'applicazione dell'articolo precedente allo specifico ambito religioso. Viene pienamente riconosciuta la libertà religiosa: l'equiparazione tra le diverse fedi è totale; ne consegue che ha pari dignità anche il rifiuto di ogni credo religioso. Va rilevato che il diritto in oggetto viene sancito erga omnes, cioè per chiunque risieda nel territorio nazionale, sia esso cittadino o straniero. L'esercizio del culto trova un limite nell'osservanza del “buon costume”, cioè di comportamenti rispettosi della pubblica decenza.
La norma rappresenta un'ulteriore conferma della laicità dello Stato, che si realizza quando viene riconosciuta la libertà di religione e delle confessioni religiose, senza che venga individuata una religione "ufficiale" dello Stato. E' opportuno ricordare che l'art. 1 dello Statuto Albertino, dichiarando la religione Cattolica, Apostolica e Romana "sola Religione dello Stato" (mentre gli altri culti venivano "tollerati conformemente alle leggi"), prefigurava, invece, uno Stato confessionale.
Conseguente a questo articolo è il divieto di ogni forma di discriminazione per motivi religiosi (si veda, in proposito, quanto già affermato al precedente art. 3): perciò, in coerenza col dettato costituzionale, l'art. 8 della Legge 300/70 (Statuto dei lavoratori) vieta qualsiasi tipo di indagine sulle opinioni religiose del lavoratore sia ai fini dell'assunzione sia durante lo svolgimento del rapporto di lavoro.