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Linee di intervento per il superamento del precariato nelle università

31/10/2006
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I numeri attuali del precariato sono imponenti: a fronte di circa 59.000 docentie 54.000 tecnici ed amministrativi in servizio, è stimabile un precariato di pari dimensioni. Solo i contratti di insegnamento censiti sono decine di migliaia, cui si aggiungono le collaborazioni, i tempi determinati, gli assegnisti senza dimenticare dottorandi, specializzandi che in molti casi svolgono una vera e propria prestazione di lavoro.

Gli elementi che hanno pesato di più sull’espansione incontrollata del precariato sono:

  • il taglio continuo del finanziamento e la ricerca di una compressione dei costi di personale imposta anno dopo anno dalle norme delle Finanziarie che imponevano tetti e riduzioni;

  • l’espansione dell’offerta didattica e di servizi conseguente al 3+2, ma più in generale alle molte attività aggiuntive che le Università svolgono.

Il punto da cui partire è l’avvio di un circolo virtuoso tra programmazione del fabbisogno di personale ed accessi al sistema. Preliminarmente è necessario ripristinare condizioni di normalità ed agibilità per quanto attiene lo svolgimento dei concorsi, intervenendo sulle norme dello stato giuridico contenute nel decreto Moratti.

A nostro avviso le azioni necessarie sono:

1) Il rinnovo del turn-over. Quest’azione richiede un impegno per alcuni anni a mantenere aperto il reclutamento ordinario senza blocchi di Finanziaria.Correlatamente, sarà necessario rimuovere alcuni vincoli e tetti di spesa.

2) La programmazione di un reclutamento straordinario a carattere pluriennaleaggiuntivo rispetto a quello ordinario che si ponga l’obiettivo di 30.000 nuovi accessi. Tale operazione deve prevedere i seguenti aspetti operativi:

a)la determinazione di una quota annua di accessi da ripartire tra gli Atenei sulla scorta della programmazione del fabbisogno di ogni Ateneo, coordinata, verificata ed autorizzata anno per anno dal Ministero; con particolare attenzione ad incoraggiare le discipline a rilevanza strategica, e avendo come riferimento anche le aree di presenza e addensamento di personalegià formato e sperimentato;

b) l’avvio di serie procedure valutative e concorsuali ai fini di detti accessi;

c) l’indicazione, di un meccanismo che permetta di privilegiare i precari che da anni lavorano in modo da realizzare forme di riconoscimento dell’attività svolta. Dobbiamo infatti tenere bene a mente che dal ’98 in poi le opportunità di fare un concorso si sono progressivamente ridotte mentre la capacità del sistema di fare ricerca e didattica è rimasta costante se non in alcuni casi aumentata. Questo significa che solo grazie ai precari oggi l’università può funzionare. L’idea che circola negli ambienti ministeriali di premiare con la valutazione che assume i più giovani non tiene conto con la realtà di due generazioni che hanno “tirato la carretta” e che rischiano di essere tagliate fuori. Il reclutamento straordinario deve essere rivolto principalmente a loro.

I risparmi derivanti dai pensionamenti prevedibili, con la sostituzione di personale aretribuzione elevata con personale all’inizio di carriera, dovrebbero coprire per intero o quasi i costi dell’operazione. Il rapporto retributivo tra pensionandi e nuovi ingressi è di circa 1:2-2,5. Il pensionamento di 1000 docenti copre 2000-2500 assunzioni. Il personale precario, inoltre, presenta già un costo per l’Università, rispetto al quale, con importi molto diversi a seconda della tipologia, si tratta di coprire solo una quota parte dell’intero costo.

A tale proposito si possono inoltre ipotizzare due strade, anche complementari:

  • prevedere un incremento annuale del FFO in rapporto all’andamento della programmazione pluriennale, espressamente vincolato, nel bilancio degli Atenei, al reclutamento;

  • considerare gli stanziamenti incrementali per il reclutamento una sorta di anticipo di cassa del Tesoro, da restituire gradualmente man mano che si verificano i pensionamenti.

3) La previsione normativa di un percorso ordinario a regime di accesso alla professione docente e di ricerca, che può articolarsi nei seguenti passaggi:

a) possesso del titolo di laurea e dottorato di ricerca;

b) contratto a tempo determinato, rinnovabile una sola volta, di durata triennale;

c) alla fine del triennio, diritto individuale ad una selezione sulla base dei titoli e dell’attività svolta, ai fini dell’immissione in terza fascia docente ove la programmazione abbia reso immediatamente disponibile il posto, o ottenimento dell’idoneità in caso contrario. Possibilità, in caso di mancato superamento della selezione, di rinnovare per una volta il contratto, con successiva selezione dopo ulteriori 3 anni.

Questo approccio richiede, naturalmente, un collegamento il più stretto possibile tra quantità di contratti triennali attivati ogni anno, previsione su base almeno triennale della programmazione del fabbisogno dei singoli Atenei, previsione della disponibilità delle necessarie risorse finanziarie.

E’ necessario, in questa ipotesi, prevedere una razionalizzazione degli strumenti di flessibilità esistenti, che devono diventare strumenti straordinari e non ordinari. La fissazione di minimi elevati per le forme di lavoro flessibile possono contribuire a limitarne l’uso alle effettive necessità e disincentivarne la diffusione.

Le ipotesi formulate chiamano in causa una forte responsabilizzazione del sistema universitario nella programmazione del fabbisogno, nonché una forte enfasi sulla sua autonomia.Richiedono un ruolo di regia nazionale del Ministero di lungo periodo.Abbisognano di interventi normativi paralleli: certamente la revisione dell’offerta formativa derivata dal 3+2, con una maggiore focalizzazione dell’offerta delle Università e della loro missione, in modo da non disperdere e moltiplicare le risorse finanziarie ed umane disponibili.L’avvio di un diffuso sistema di IFTS potrebbe, ad esempio, spostare una parte non marginale di offerta formativa su un canale parallelo e finalizzato, sgravando l’Università da molti impegni, talora impropri.Un’estensione delle tutele previste per il dottorato di ricerca edun numero di borse di dottorato sufficiente ad alimentare il necessario bacino formativo.

È inoltre necessario costruire una «anagrafe delle professionalità e dei rapporti di lavoro», in grado d’evidenziare le competenze e i percorsi di tutti i lavoratori non strutturati.Rappresenti uno strumento utile alla ricostruzione delle carriere e dei spesso frammentate a causa dei rapporti di lavoro precario, in vista del reclutamento.Essa, soprattutto se estesa all’intero settore della ricerca potrebbe anche servirea sostenere almeno per alcuni settori disciplinari la mobilità dei ricercatori, oltre che tra le universitàtra queste e gli enti di ricerca e le realtà di ricerca industriale, dove presenti.

Per il personale tecnico amministrativo è anche necessario che nel prossimo rinnovo contrattuale si introduca una norma uguale a quella già prevista dai contratti della ricerca ed Enea che riconosce valido ai fini del reclutamento il concorso già effettuato per accedere ad un contratto a tempo determinato. Ovviamente vale quello già detto per il recluatemento.

Contestualmente i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e le altre tipologie atipiche dovranno essere superate. L’unica forma di rapporto di lavoro flessibile dovrà essere il contratto a termine.

Il tema della democrazia negli atenei è molto complesso perché si intreccia con il governo dell’istituzione nel suo complesso (link a documenti congressuali FLC).

E’ tuttavia non rinviabile l’attribuzione dell’elettorato attivo e passivo ai lavoratori precari negli organi di governo e per il personale tecnico e amministrativo con contratto a tempo determinato la partecipazione alle elezioni delle RSU.

Non riteniamo in contraddizione con le proposte enunciate un intervento immediato finalizzato ad allargare la sfera dei diritti e della democrazia a tutti i lavoratori a prescindere dalla tipologia contrattuale.

Come è già avvenuto in alcuni Atenei proponiamo una piattaforma rivendicativa per i lavoratori parasubordinati e ci impegniamo ad allargare le nostre delegazioni trattanti a rappresentanze da loro elette.

Durata dei contratti
La durata minima degli assegni di ricerca e dei contratti di collaborazione deve essere pari alla durata del progetto e, comunque, non inferiore a due anni. Il successivo rinnovo, ove applicabile, ha pari durata. L'oggetto della collaborazione deve essere chiaramente specificato all'atto del conferimento, essere riferito ad un progetto o attività di ricerca ed essere congruo con la durata prevista per l'assegno, prendendo a riferimento le modalità per la programmazione dell'attività scientifica dei ricercatori di ruolo.

Oggetto del contratto
L'attività del titolare di un assegno di ricerca o di un contratto di collaborazione deve avere ad oggetto un progetto o programma di ricerca da svolgere in autonomia, eventualmente all'interno di un gruppo e non come mero supporto tecnico allo svolgimento di progetti di ricerca.

Mezzi e strumenti per espletare l’attività
L’Ente deve mettere a disposizione dei titolari di assegni di ricerca e contratti di collaborazione locali idonei ed adeguatamente attrezzati in relazione all'attività richiesta. I titolari di assegno di ricerca utilizzano le strutture di ricerca e di servizio ed i fondi destinati alle attività cui partecipano con le stesse modalità previste per il personale ricercatore.

Riconoscimento dell’attività prestata
Agli assegni di ricerca e ai contratti di collaborazione dovrà essere garantito il riconoscimento e la valutazione dell'attività effettuata sia ai fini delle pubblicazioni sia ai fini dell’assunzione sia ai fini dell’attivazione di nuove collaborazioni, superando l’attuale situazione di estrema frammentazione nell’articolazione dei percorsi preruolo.

Inoltre, è necessario prevedere la piena ricostruzione di carriera a valle dell’assunzione a tempo indeterminato, recuperando anche le discriminazioni che l’estrema frammentazione determina.

Assenze per malattia
Durante le assenze per malattia, documentate con le stesse procedure previste per i ricercatori dipendenti dalla stessa Amministrazione, il titolare di assegno di ricerca o contratto di collaborazione continua a percepire il compenso medesimo e la duratadel rapporto di lavoro è automaticamente prorogata di un periodo pari alle assenze. Se la malattia, o il cumulo delle malattie, supera i 6 mesi, il periodo di proroga eccedente non è retribuito.

Maternità
Questa disciplina si applica anche alle ipotesi di interruzione, spontanea o volontaria, della gravidanza, secondo quanto disposto dall'art. 19 d. lgs. 26 marzo 2001, n. 151.

Ai titolari di Adr e contratti di collaborazione trovano applicazione le disposizioni dei capi dal II al IX del d. lgs. n. 151/2001. Durante i periodi di assenza per congedo obbligatorio, le titolari di assegno o di contratti di collaborazione percepiscono un'indennità a carico dell'amministrazione pari alla differenza tra l'importo dell'assegno e l'indennità cui gli stessi hanno diritto a carico degli Enti previdenziali. La durata dell'importo è, in ogni caso, prorogata per un periodo pari alla durata dei congedi utilizzati.

Formazione
I titolari di Adr e contratti di collaborazionehanno diritto a congedi per periodi formativi non previsti e/o necessari all'attività cui il contratto si riferisce. Tali periodi non sono retribuiti ed hanno una durata massima di un mese annuo, cumulabili. Le Amministrazioni istituiscono annualmente appositi fondi, per un ammontare pari al 2% del monte complessivo degli Adr e dei contratti di collaborazione in essere. Tali risorse verranno destinate, ad attività formative rivolte ai titolari di Adr non previste e/o necessarie all'attività di ricerca cui l'assegno si riferisce. Queste ultime attività formative, proprio in quanto previste e/o necessarie allo svolgimento dell'attività richiesta sono finanziate sui bilanci delle Amministrazioni.

Ferie
I titolari di assegno di ricerca hanno diritto a periodi di ferie di durata pari e con le medesime modalità di fruizione previste per il personale ricercatore/docente della medesima Amministrazione.

Compenso
Il compenso minimo dei contratti e degli assegni è quello previsto dal regolamento ministeriale degli assegni di ricerca.

Gli oneri previdenziali e fiscali derivanti dallo stipulando contratto sono a carico dell'Amministrazione e non possono essere detratti dal compenso

Salute e sicurezza
È cura dell'Amministrazione il rispetto di quanto previsto dalla L. 626/94 in relazione all'attività prestata dai titolari di Adr e contratti di collaborazione

Assicurazioni
Le Amministrazioni provvedono alle coperture assicurative in applicazione delle norme vigenti in materia per infortuni e malattie professionali e responsabilità civile verso terzi.

Servizi
I titolari di assegni di ricerca e contratti di collaborazione fruiscono con le stesse modalità previste per il personale dipendente dei servizi che l'amministrazione mette a disposizione (mensa, posteggi, asili nido, buoni pasto, convenzioni per servizi, ecc.). Le condizioni economiche, da concordare con le organizzazioni sindacali, devono essere allineate a quanto previsto per il personale dipendente.

Spese per missioni
Le spese per le missioni che si rendano necessarie per lo svolgimento dell'attività prevista per i titolari di assegni di ricerca e contratti di collaborazione sono a carico dell'Amministrazione con le stesse modalità previste per i dipendenti.

Diritti sindacali
I titolari di assegni di ricerca e contratti di collaborazione hanno diritto di riunione e di assemblea: ad essi vengono messi a disposizione, di volta in volta, locali adatti con le stesse modalità ed entro gli stessi limiti previsti per riunioni o assemblee del personale dipendente.

Roma, 31 ottobre 2006

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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