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La scuola contro il governo

No alla formazione premiale e ai tagli agli organici

31/05/2022
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ItaliaOggi

Ieri lo sciopero generale contro il decreto Pnrr2 e per il rinnovo del contratto La scuola contro il governc No alla formazione premiale e ai tagli agli organici No alla formazione a premi autopagata dai docenti con la card dei 500 euro, no ai tagli agli organici, no al reclutamento ad ostacoli dei nuovi docenti. Troppo pochi 50 euro a testa per il rinnovo del contratto. È una protesta corale quella andata in scena ieri con lo sciopero della scuola indetto dai sindacati della scuola di Cgil, Cisl, Uil , Snals e Gilda. Che bocciano senza appello l'esecutivo guidato da Mario Draghi sulle misure contenute nel decreto-legge 36/2022. Lo sciopero segna anche la ripresa dell'unità sindacale, Ieri le sigle hanno esposto le loro ragioni con una manifestazione che si è tenuta a Roma a piazza Santi Apostoli al termine della giornata di sciopero. "Il vero limite», spiega Francesco Sinopoli, segretario generale della FIc-Cgil «è nella mancanza di risorse per poter fare le operazioni positive che vengono evocate: basti pensare alla valorizzazione delle funzioni strumentali. Ci tengo a smentire su questo una notizia: il governo non stanzia nuovi soldi per il rinnovo del contratto, ma mette a disposizione quanto le tré leggi di bilancio degli anni precedenti hanno previsto, con il triennio che risulta scaduto il 31 dicembre 2021. Per noi erano comunque risorse scarse» conclude Sinopoli «tant'è che abbiamo scioperato il 10 dicembre 2021 ottenendo così un incremento di 400 milioni in legge di bilancio. Ma le risorse restano ancora insufficienti». Ed è per questo che la scuola ha scioperato ieri: «Per dare un segnale e chiedere lo stralcio della parte scuola dal decreto 36/2022, immediata apertura della trattativa sul rinnovo del contratto a partire dagli argomenti inseriti nel decreto, ulteriori risorse per aumentare i salari e incrementare gli organici, docenti ed Ata, tempestiva apertura di un confronto su un valido sistema di reclutamento». Ivana Barbacci, leader della Cisl scuola, punta il dito contro la formazione autopagata dai docenti con premi per pochi e la definisce «un'assurda competizione con eventuale premio finale, sulla cui incerta consistenza non vale nemmeno la pena soffermarsi. Difficile fare di più, se si voleva svilire il significato, l'importanza e il valore della formazione in servizio. Anziché essere intesa come un supporto indispensabile per tutto il personale» spiega Barbacci, «viene ridotta a una sorta di percorso a ostacoli, all'esito del quale si elargiscono benefici una tantum a una quota ristretta di docenti. Siamo in presenza di misure calato dall'alto, non condivise e divisive, che contrappongono i lavoratori incentivando una formazione segmentata e priva dell'ineludibile riflessione complessiva sulla qualità dell'offerta formativa. Un vizio ricon-ente», conclude la segretaria della Cisl, «perché già presento in riforme o tentate riforme sostenute da ministri e governi di diverso segno, ma tutte ispirato ai modelli di una malintesa meritocrazia, per cui solo mettendo i docenti in concorrenza gli uni con gli altri darebbero il meglio di sé». Gli fa eco Pino Turi, segretario della Uil Scuola: «La risposta della scuola a questo sciopero dovrebbe far riflettere. C'è un malassere molto diffuso che il governo dovrebbe ascoltare. La formazione è vista come leva eterodiretta per trasformare la governance della scuola autonoma. È un ulteriore attacco, all'insegnamento e agli insegnanti, portato avanti attraverso l'istituzione di una pseudo scuola di alta formazione che, in maniera eterodiretta, andrebbe a decidere metodi e strumenti. Il risultato appare in tutta la sua evidenza: un ferreo controllo del governo sulla scuola, con un forte condizionamento sia all'autonomia delle scuole che alla libertà di insegnamento tutelata dalla Costituzione». Turi boccia senza appello anche il nuovo sistema di reclutamento: «Con questo meccanismo viene spenta ogni possibilità di stabilizzazione. Il decreto ci consegna un sistema bizantino di concorsi e test che non lascia scampo. E ancora: si introduce l'abili- • é - fazione all'insegnamento nel corso di studi universitario con 60 crediti. Fatto più unico che raro che premette l'abilitazione allo studio e alle conoscenze professionali. Nessuna fase transitoria. Rilancio di un mercato della formazione». Sulla stessa linea Elvira Serafini, segretaria dello Snals, che rincara la dose: «Tra l'altro i percorsi abilitanti previsti dal decreto-legge sono a carico dei corsisti e le spese di tutoraggio sono finanziate con le risorse previste per la Carta elettronica dei docenti. Il nuovo Ceni disporrà di risorse già stanziate per gli anni 2019,2020,2021 che, tral'altro, consentono appena di giungere ad aumenti medi dei livelli stipendiali iniziali di circa 50 euro mensili. Una politica retributiva che smentisce nei fatti gli obiettivi del Pnrr che considera invece l'istruzione lo strumento principale di contrasto alle povertà educative». Fortemente critico sulle scelte del governo anche Rino Di Meglio, leader dalla Gilda-Unams, che definisce il decreto 36 «una sorta di guerra lampo nel campo scolastico di cui non si sentiva proprio il bisogno. L'urgenza, requisito richiesto dalla Costituzione per consentire tale strumento, è stata giustificata dalla necessità di utilizzare i fondi europei previsti dal Pnrr, circostanza platealmente smentita dalle fonti di finanziamento citate nel decretoIntatti la gran parte delle risorse verrà recuperata dai tagli di organico e della carta del docen te». Anche Di Meglio boccia il governo su tutta la linea e definisce la formazione ipotizzata una: «Sorta di corsa alla mancia cui si vorrebbero indurre i docenti con prove finali annuali intermedie ed un esame finale triennale».