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180 mila studenti delle superiori che abbandonano la scuola statale

Tuttoscuola ha registrato a livello regionale le scolarità complete dal 1995 ad oggi anni negli istituti statali d’istruzione secondaria di II grado, per anno di corso e per tipologia di istituto

21/10/2013
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Nelle settimane scorse la dispersione scolastica l’ha fatta da padrona nelle criticità del nostro sistema d’istruzione. Anche l’Ocse ha detto la sua a proposito di giovani tra i 16 e i 24 anni con bassi livelli d’istruzione che collocano l’Italia tra gli ultimi Paesi dell’Unione Europea.

Da una visuale diversa – la scolarizzazione nella scuola statale secondaria di II grado – si ha conferma di questo quadro non esaltante della “produttività” del nostro sistema scolastico.

Tuttoscuola ha registrato a livello regionale le scolarità complete dal 1995 ad oggi anni negli istituti statali d’istruzione secondaria di II grado, per anno di corso e per tipologia di istituto, rilevando una preoccupante situazione di abbandono di migliaia di studenti che non concludono il percorso scolastico nella scuola statale (alcuni passano alla non statale o ai corsi di istruzione e formazione professionale, ma sono una minoranza).

Nell’ultimo quinquennio (2008/09 – 2012/13) si sono persi per strada senza completare il percorso scolastico statale verso il diploma circa 180 mila studenti: erano partiti in prima nel 2008-09 in 604.995 e nel 2012-13 sono arrivati al quinto anno in 425.553. Si sono ‘dispersi’, dunque, in 179.442 (- 29,7%), quasi uno studente ogni tre.

Negli anni precedenti era andato peggio con dispersioni superiori alle 191 mila unità che avevano avuto la punta massima nel 2007/08 con 203 mila unità. Il record della dispersione si era avuto nel 1999/2000 con 216.805 studenti che non avevano concluso il loro percorso quinquennale.

Ci si può consolare con il fatto che nel 1999/2000 la percentuale di dispersione, così calcolata, era intorno al 37% e che da allora è andata sempre più riducendosi. Nel 2012-13 la dispersione nella scuola statale è stata, dunque, del 29,7%, l’anno prima era stata di un punto sopra (30,9%) e l’anno precedente di 31,8%: è troppo sperare in una inversione di tendenza?