A Bologna c’è chi dice #STOPANVUR: perché diciamo no alla valutazione universitaria
Oggi il Rettore dell’Università di Bologna ha mandato una mail a tutto l’Ateneo, ringraziandoli del loro contributo durante la visita ANVUR della scorsa settimana e del buon risultato
Oggi il Rettore dell’Università di Bologna ha mandato una mail a tutto l’Ateneo, ringraziandoli del loro contributo durante la visita ANVUR della scorsa settimana e del buon risultato. Ho pensato, forse un po’ troppo di getto, che meritasse una risposta a tono. “Caro Rettore, Mi preme informarla che la qualità di un Ateneo non si misura sulla base del rapporto di Valutazione o dei criteri Anvur. […] Mi preme informarla che la qualità di un Ateneo si misura sulla base del dialogo della comunità accademica, delle sue strutture democratiche, della sua capacità di aumentare l’accesso alla conoscenza e la sua produzione di benessere sociale. Mi preme informarla che la qualità di un Ateneo si misura in borse di studio, alloggi per gli studenti, borse per i dottorandi, stabilità dei contratti della ricerca, possibilità di tenure track, in un reclutamento che sappia rispondere alle reali esigenze della didattica e nelle potenzialità sociali della ricerca. […] Per ultimo, mi preme informarla che nonostante tutto i tecnici amministrativi e i precari della ricerca, gli assegnisti, i dottorandi, i docenti, le studentesse e gli studenti costituiscono ancora il più grande patrimonio di questo Ateneo […] A loro andrebbero il suo rispetto, gli incontri, gli impegni, le prese di posizioni, i cambi di passo e i passi in avanti, il dialogo, la disponibilità, i ringraziamenti e riconoscimenti più veri e sinceri. Non all’ANVUR, non ai suoi parametri, non alle sue scelte politiche.
Di seguito pubblichiamo:
- la lettera che gli Studenti Indipendenti Giurisprudenza di Bologna hanno consegnato ai valutatori dell’Anvur, l’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca;
- la lettera di Giuseppe Ialacqua rivolta al Rettore dell’Università di Bologna.
Questa è la lettera consegnata oggi dal nostro rappresentante degli studenti in Consiglio di Dipartimento e in Commissione Paritetica Jacopo Cappa ai valutatori dell’Anvur, l’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca:
“Siamo studentesse e studenti dell’Università di Bologna, da diverso tempo insieme ai dottorandi e agli assegnisti di ricerca, e più in generale ai precari della ricerca universitaria e insieme a diversi docenti, abbiamo cominciato una battaglia per il riscatto dell’Università pubblica. In quest’ottica è nata la nostra opposizione contro l’attuale modello di valutazione, che ha cambiato radicalmente la distribuzione dei fondi universitari e ha impattato sulla vita quotidiana dell’intera comunità accademica, legandone il destino a poco chiare e per nulla condivise pratiche ministeriali di valutazione e auto-valutazione. Stiamo parlando dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca: ANVUR.
VISITA A BOLOGNA
ANVUR vi ha mandato qui a valutarci, a decidere sulla base dei vostri “punti di attenzione” cosa va e cosa non va nel nostro Ateneo, un diritto questo che crediamo non vi spetti e che appartenga invece alla comunità accademica che vive ogni giorno queste aule e le sue difficoltà. La risposta però di questo Rettorato è stata quella di accogliervi, di preparare da quasi un anno e più i dipartimenti e i corsi di laurea sottoposti alla vostra visita, a rispettare le linee guida del sistema AVA, a comprimere la didattica pur di rispettare il rapporto numerico studenti/docenti che è stato stabilito senza che vi fossero risorse aggiuntive in grado di produrre un piano di reclutamento per far fronte a queste emergenze.
VQR
A questo è conseguito non solo un aumento dei numeri programmati e con test nei corsi di laurea (nell’A.A. 2013-2014 su 204 corsi erano presenti 23 corsi a numero programmato e 55 con test, quest’anno su 210 corsi sono presenti 26 corsi a numero programmato e 81 con test), ma un’attenzione ai parametri della Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) tutti improntati alla produttività di ognuno e alla posizione della classifiche dove l’articolo viene pubblicato, un’attenzione che è andata a discapito dei tempi della ricerca e della sua qualità. Quello che è accaduto è che durante il boicottaggio dell’ultima VQR alcuni ricercatori e docenti si sono trovati i loro articoli, o meglio “prodotti”, caricati nel sistema senza la loro approvazione, questo per evitare che un eventuale alto numero di boicottaggi potesse influire negativamente sulla valutazione, scavalcando così la libertà di protesta.
Ormai da un anno inoltre i dipartimenti e i corsi sottoposti a visita, ed in generale la vita degli organi minori, è stata completamente atrofizzata dal carico burocratico delle procedure AVA, impedendo di discutere delle reali priorità e difficoltà del nostro Ateneo, legando la distribuzione dei fondi ad un sistema di valutazione di ateneo sempre più simile alla VQR e che sta tagliando le gambe alla ricerca di base e dei dipartimenti più piccoli.
RECLUTAMENTO, ASN E ASSEGNISTI
Alla fine di questa catena alimentare della valutazione, a causa del nuovo sistema di Abilitazione Scientifica Nazionale, è stato messo a rischio l’intero piano di reclutamento che ora deve rispettare mediane apparentemente senza senso, tempi e possibilità di insegnamento che complicano ulteriormente la vita dei giovani ricercatori e di tutti i precari della ricerca: spinti alla produttività , spinti a dover sopportare del lavoro precario, senza garanzie e tutele, pur di poter rimanere nel sistema universitario, si stanno sviluppando docenza a contratto e altre forme di contrattualizzazione precarie non degne del loro lavoro e della ricerca. Anche per i docenti la vita accademica è diventata molto più complicata, e così le loro prospettive e i loro tempi di vita e di ricerca. A queste condizioni, e con gli assegni di ricerca in scadenza, dare prospettive reali ai precari della ricerca è diventata una sfida impossibile, rendendoli non solo più ricattabili ma facendo perdere al nostro Ateneo il più grande patrimonio che egli ha sempre posseduto: i propri giovani ricercatori, assegnisti e dottorandi, le loro entusiasmanti prospettiva di ricerca, le loro possibilità interdisciplinari. Numericamente e qualitativamente sono loro i veri pilastri del nostro Ateneo, eppure non sono rispettati i necessari tempi di ricerca, che sono allo stato atttuale inconciliabili con la durata delle loro tipologie contrattuali.
Nonostante Bologna aumentasse i suoi fondi in maniera complessiva, alcuni dipartimenti si sono visti ridurre i fondi dovendo a quel punto decidere di tagliare parte del reclutamento, già di per sé insufficiente. Nonostante un turn-over in aumento solo alcuni dipartimenti hanno potuto godere di questi vantaggi, gli stessi che riceveranno anche i Fondi per il Dipartimento di Eccellenza e complessivamente anche la stessa quota di fondo ordinario. Si stanno venendo a creare due università diverse all’interno della stessa: una improntata all’internazionalizzazione, ai corsi di eccellenza a numero programmato, o a strutture e laboratori capaci di ospitare numeri anche elevati di studentesse e studenti, spesso con rialzi delle tasse altissimi. Dall’altra parte invece dipartimenti piccoli, o considerati poco influenti, si sono ritrovati a dover rinunciare ad assegnisti di ricerca e ad un turn-over che riuscisse a dare una prospettiva futura solida e di miglioramento continuo.
RIVENDICAZIONI
Secondo il rapporto “Education at a Glance 2017” dell’OCSE il nostro paese è penultimo nella classifica del tasso di laureati, ha il divario di genere più pronunciato per quanto riguarda questi ultimi, la spesa per studente è ben al di sotto della media europea, ultimo nella classifica sul rapporto spesa pubblica per istruzione e totale delle spese (7,1%), le tasse d’iscrizione sono più elevate rispetto alla maggior parte dei paesi europei e per quanto riguarda il sostegno finanziario pubblico per gli studenti universitari esso è limitato a un quinto degli studenti.
Questo elenco di dati in realtà ci dice una cosa: al 2014 l’impatto di un sistema di valutazione che aveva già cominciato a distribuire fondi e ad abilitare i futuri docenti (tra le altre cose) non ha portato a nessun risultato concreto. Ma non solo, non se ne capisce l’esigenza. Questo paese sembra aver bisogno, e urgentemente, di altro: aumentare la quota di fondi pubblici, investire maggiormente nella ricerca, aumentare il numero di docenti e ricercatori, diminuire le disuguaglianze nella distribuzione di fondi tra nord e sud del paese, aumentare le iscrizioni, aumentare le borse di studio e in generale il welfare studentesco, alzare gli stipendi per renderli almeno pari alla media europea, abbattere la precarietà. Un piano programmatico più che piuttosto ispira al buon senso, perché nonostante le classifiche internazionali accertino l’elevata qualità della nostra produzione scientifica (al 9° posto secondo ARWU) non ci dicono che a parità di fondi saremo i primi o i secondi delle classifiche mondiali, e con scarso impegno.
Da quando la qualità della produzione scientifica si misura sulla propria capacità.di combattere una guerra tra poveri, in un sistema definanziato, tra Atenei e tra dipartimenti?
Crediamo che sia questo il nocciolo del problema, e crediamo che su questo bisogna ripensare l’attuale sistema di distribuzione dei finanziamenti interni.
- Chiediamo che l’algoritmo di ripartizione dipartimentale venga ripensato da tutta la comunità accademica
- Chiediamo che i dipartimenti che vinceranno il fondo per i dipartimenti di eccellenza non ricevano i fondi ordinari in toto, e che i fondi che l’Ateneo sta tenendo da parte dai progetti di eccellenza vengano destinati al rifinanziamento dei dipartimenti in difficoltà
- Chiediamo una proroga temporanea di 2 anni per gli assegni di ricerca in un contesto complessivo di rinnovamento del pre-ruolo
- Chiediamo un nuovo piano per il reclutamento, che tenga conto delle reali necessità dei dipartimenti e che non dipenda da formule premiali e qualitative basate sugli attuali sistemi di VQR e VRA
- Chiediamo in sostanza che la comunità accademica, in maniera condivisa tra tutte le sue parti, possa decidere sul proprio destino
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Oggi il Rettore dell’Università di Bologna ha mandato una mail a tutto l’Ateneo, ringraziandoli del loro contributo durante la visita ANVUR della scorsa settimana e del buon risultato. “Mi preme ringraziare di cuore tutti voi per il grande impegno profuso e i risultati raggiunti, consapevole del fatto che la qualità del nostro Ateneo è frutto di un lavoro di squadra”, ha scritto.
Ho pensato, forse un po’ troppo di getto, che meritasse una risposta a tono.
“Caro Rettore,
Mi preme informarla che la qualità di un Ateneo non si misura sulla base del rapporto di Valutazione o dei criteri Anvur.
Mi preme informarla che il nostro Ateneo si sta adeguando ai parametri che stanno distruggendo la ricerca in questo paese, facendo del suo esercizio di valutazione (VRA) un esercizio sempre più sterile e simile alla VQR, dirottando gli investimenti verso i “virtuosi” senza tenere in debito conto le aree in cui bisogna ripartire.
Mi preme informarla che questa sua mail è segno di una sottomissione culturale ai criteri di valutazione, e che di questo ne pagheremo negli anni a venire.
Mi preme informarla che la qualità di un Ateneo si misura sulla base del dialogo della comunità accademica, delle sue strutture democratiche, della sua capacità di aumentare l’accesso alla conoscenza e la sua produzione di benessere sociale.
Mi preme informarla che la qualità di un Ateneo si misura in borse di studio, alloggi per gli studenti, borse per i dottorandi, stabilità dei contratti della ricerca, possibilità di tenure track, in un reclutamento che sappia rispondere alle reali esigenze della didattica e nelle potenzialità sociali della ricerca.
Mi preme informarla che è segno della qualità di un Ateneo quello di non rispondere alle ripetute mail, segnalazioni di problemi e situazioni gravi. Gli studenti di giurisprudenza le hanno mandato una mail mesi fa sulla terribile situazione del dipartimento e né lei né i prorettori da lei incaricati hanno fatto nessun passo avanti verso la comunità studentesca.
Mi preme informarla che vi è stata una settimana di contestazioni, una campagna #stopanvur che ha attraversato le facoltà di lettere, giurisprudenza, scienze politiche ed economia, e che non siamo stati nemmeno convocati ad un tavolo.
Per ultimo, mi preme informarla che nonostante tutto i tecnici amministrativi e i precari della ricerca, gli assegnisti, i dottorandi, i docenti, le studentesse e gli studenti costituiscono ancora il più grande patrimonio di questo Ateneo, perché nonostante le pressioni, la precarietà, la mancanza di prospettive, le condizioni in cui si trovano a studiare e lavorare non hanno smesso di contribuire al benessere collettivo di questa istituzione e del suo territorio.
A loro andrebbero il suo rispetto, gli incontri, gli impegni, le prese di posizioni, i cambi di passo e i passi in avanti, il dialogo, la disponibilità, i ringraziamenti e riconoscimenti più veri e sinceri. Non all’ANVUR, non ai suoi parametri, non alle sue scelte politiche.
Di questo dovrebbe ringraziarli e non di altro.
Con incondizionato rispetto per questa comunità accademica, un suo studente