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Abilitazione per laureati, il disastro dei nuovi test

Dal 2007 i laureati italiani non hanno avuto la possibilità di abilitarsi all'insegnamento

25/07/2012
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l'Unità

DAL 2007  I LAUREATI ITALIANI NON HANNO AVUTO LA POSSIBILITÀ DI ABILITARSI ALL’INSEGNAMENTO nelle scuole secondarie; la scuola universitaria a ciò deputata, la Ssis, è stata infatti soppressa non  con la contestuale creazione di un corso  diverso, ma in attesa di una futura istituzione di esso. Tale irresponsabile decisione è nella lunga lista delle colpe della ministra Gelmini, avallata da quegli accademici che non accettavano una struttura  interdisciplinare finalizzata a costruire la  professionalità dell’insegnante in termini complessivi anziché come mero conoscitore di una materia.  L’attesa è durata cinque anni, e solo  ora si riparte con un corso annuale, a numero chiuso, di Tirocinio Formativo Attivo (Tfa). I candidati sono circa 175.000  per ventimila posti disponibili; la cifra è  stata stabilita per avere un numero di abilitati non troppo superiore alle prevedibili assunzioni. Nelle università italiane si  sta ora svolgendo, in giornate successive  per le diverse classi di abilitazione, la prova preliminare a test: è idoneo, e passa  alla fase successiva (prova scritta e prova  orale), chi risponde esattamente a 42 quesiti sui 60.  A causa delle dimensioni del problema, nonché dell’impegno necessario per  proporre quesiti intelligenti oltre che  ineccepibili nella formulazione, il Miur  avrebbe dovuto sentire l’esigenza di chiamare alla collaborazione tutte le competenze disponibili, in particolare all’interno delle università. Si è invece rivolto ai  rettori solo per chiedere aiuti organizzativi (i bandi, la gestione dei plichi sigillati,  l’assistenza nelle aule delle prove); sulla  sostanza, nonostante recentissimi episodi di pessima gestione di quesiti concorsuali, ha voluto operare autarchicamente.  I risultati sulle classi sulle quali le prove già si sono svolte mostrano, purtroppo, che questa presunzione è fuori luogo.  Alcuni quesiti erano sbagliati (più di una  risposta corretta, oppure nessuna); quasi  tutti erano squallidamente nozionistici.  Ciò che è disastroso è che non si è trattato di un primo ragionevole filtro tra i  concorrenti, bensì di una selezione del  tutto irrazionale. L’elaborazione dei dati,  svolta per le prime 5 classi da Francesco  Coniglione sul sito www.roars.it, mostra  quanto segue.  La percentuale di candidati sufficienti  ha come estremi l’81% (lingua araba) e il  3,5% (filosofia e pedagogia), mentre per  le altre 3 classi varia tra il 25% e il 36%.  Poiché non è credibile che vi siano tali  enormi differenze nella qualità della preparazione fornita ai laureati delle diverse  discipline, e neppure che meriti la sufficienza solo un quarto dei laureati in matematica (corso considerato severo), e solo  uno su 29 in filosofia, ciò dimostra che  non si è stati capaci di tarare correttamente l’insieme dei quesiti (erano disponibili  3 minuti per quesito).  Si verifica poi che nel caso della filosofia solo una Università potrebbe coprire  tutti i posti disponibili, mentre per le altre classi, pur essendoci in totale un numero di idonei superiore ai posti, si avrebbero molti posti scoperti in alcune sedi,  un numero ancor maggiore di idonei  esclusi in altre.  Occorre che, anche in sede politica, si  rifletta sulla situazione qui descritta e si  propongano, per il futuro, adeguati correttivi. Proprio perché vogliamo docenti  qualificati dobbiamo pretendere che i  meccanismi di selezione siano credibili;  altrimenti di dà spazio a chi vuole le chiamate dirette degli amici da parte delle  scuole, o simili. In via immediata, è comunque indispensabile che il Miur adotti  una norma che consenta agli idonei, in  eccesso presso una sede, di optare per  una ove vi è la disponibilità di posti scoperti.  

Giunio Luzzatto-Università di Genova