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Al lavoro a 15 anni con l’apprendistato . I corsi e l’azienda al posto della scuola

Ministero del welfare e Regione firmano il patto: interessati 50.000 giovani. Cisl: «Sì, ma vigileremo» Cgil: «No, strumento furbo»

16/03/2011
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Corriere della sera

dal Corriere del Veneto

Gianni Favero

 

A dicembre c'era stata la firma delle parti sociali, lunedì l'accordo ha avuto il suo placet definitivo con le sigle di Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, e Maurizio Sacconi, ministro del welfare. Il documento è un protocollo che di fatto recepisce quanto delineato nel decreto legislativo n. 276 del 2003, diretto e naturale discendente della legge «Biagi», dello stesso anno, in particolare per quanto indicato nell'articolo sul tema del «diritto dovere di istruzione e formazione». Si tratta, in estrema sintesi, di consentire ai quindicenni veneti che abbiano interrotto il percorso di studi, di ottenere un titolo attraverso un percorso ibrido di formazione e apprendistato alle dipendenze di un'azienda.

L'esperienza lavorativa, dunque, sarà intrecciata con 400 ore di frequenza di corsi educativi di base, con una retribuzione ovviamente ridotta rispetto al normale contratto di apprendistato. L'opportunità, secondo i calcoli di Zaia, dovrebbe interessare potenzialmente 50 mila giovani veneti «che non studiano, non lavorano e non partecipano a progetti di formazione. In pratica sono fuori da ogni circuito». Sacconi, nella circostanza, ha rispolverato un suo sedimentato convincimento sull'equivalente dignità di lavoro manuale ed intellettuale. «Quello manuale non è di serie B, soprattutto molto spesso non lo è per livello di reddito. Le conoscenze pratiche non sono da meno di quelle teoriche, anzi, non di rado inducono ad un approfondimento ad un livello astratto di quanto appreso in ambito reale».

Il percorso pilota avrà luogo a partire dall'anno in corso e secondo uno schema già applicato finora dalla sola Lombardia. A deciderne il profilo sarà «una cabina di regia, composta dai firmatari e da tutte le parti sociali, per la predisposizione degli elementi di regolazione minimi per l'avvio sperimentale, anche ai fini di un accordo con i ministeri competenti». Per quanto riguarda i costi da sostenere, il protocollo indica che sia la Regione Veneto ad individuare «successivamente, d'intesa con le parti firmatarie, le risorse economiche per l'attuazione del progetto». Funzionerà? Franca Porto, segretaria generale della Cisl del Veneto è ottimista ma con riserva. «Il patto noi lo abbiamo firmato e adesso dobbiamo vigilare sulla gestione dell'intesa. Ad esempio vedere se davvero i soldi necessari al Veneto siano disponibili». Caustico, al contrario, il leader Cgil, Emilio Viafora, che quell'intesa non ha firmato. «Anziché abbassare la scolarità in nome di un presunto "recupero alla conoscenza" attraverso il lavoro dei quindicenni, la Regione si preoccupi di verificare la qualità dell’apprendistato professionalizzante per i ragazzi più grandi che accedono a questi contratti ma che di formazione ne vedono molto poca, a dimostrazione di come spesso tali strumenti siano utilizzati solo in funzione di uno sconto sul costo del lavoro».