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Aprile on line: Liberiamo la ricerca

Cnr. I ricercatori contestano la riforma del Consiglio nazionale delle Ricerche. Un settore strategico mortificato in questi cinque anni Salvatore Merlo*

31/03/2006
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Aprileonline

Ieri i ricercatori hanno contestato la riforma del Consiglio Nazionale delle Ricerche varata dal governo di centrodestra e, soprattutto, il modo in cui essa è attuata.

Marina Montacutelli ha sintetizzato su queste pagine le esigenze della comunità scientifica rilevando l’aspirazione a "farsi valutare e contribuire allo sviluppo del Paese, come cittadini prima che come ricercatori", per una ricerca che sia anche "partecipe e responsabile". Non è andata così, in questi anni. La profondità delle cesure determinate dai provvedimenti – che, è bene ricordarlo, coinvolgono l’intero quadro della ricerca nazionale – è gravissima. Sin dai primi giorni è stata evidente la volontà d’azzerare i livelli d’autonomia degli enti di ricerca, stabilendone ope legis il modello organizzativo.

Per il Cnr, inoltre, le modalità d’attuazione delle disposizioni legislative stanno modificando l’organizzazione del lavoro, accentuandone le caratteristiche di gerarchizzazione e compressione dell’autonomia di singoli e gruppi. È la morte della ricerca, la fine della possibilità di contribuire anche allo sviluppo del Paese.

La costante erosione dei finanziamenti, il blocco reiterato delle assunzioni, la riduzione degli organici alimentano processi che rischiano di determinare il declino dell’ente, affossandone la capacità di produrre ricerca. E questo riguarda tutto il Paese, non solo il Cnr. Emblematica, a riguardo, la situazione della precarietà del lavoro: un arcipelago di professionalità, comprensivo di varie forme di contratto atipico e di strumenti formativi utilizzati sempre più spesso impropriamente. Se tutta l’Italia è un Cnr, c’è da chiedersi quanto questo sia grave in un settore che dovrebbe garantire il futuro del Paese.

Un altro dei limiti delle misure governative è costituito da un evidente attacco alla ricerca "di base": svilirla significa anche – è anche l’Ocse a dirlo – ostacolare lo stesso processo innovativo. Recuperare è possibile? È economicamente sostenibile? Ci sono le condizioni per adottare adeguate misure di politica industriale che prevedano, tra l’altro, un’attenta valutazione della qualità della domanda di ricerca da parte del sistema produttivo?

Il prossimo governo dovrà affrontare questioni rilevanti, tali da richiedere l’adozione di un modello culturale profondamente diverso da quello del centrodestra, in grado di "liberare" la ricerca, consentendole di tornare ad assumere la centralità che le compete anche rispetto ai processi di sviluppo. È necessario restituire agli addetti la dignità e gli spazi di partecipazione che spettano loro, assicurando a quanti oggi operano in condizioni di precarietà opportunità concrete di sbocchi occupazionali dignitosi.

A riguardo, la Federazione Lavoratori della Conoscenza (Flc) della Cgil non mancherà d’esercitare la propria azione di stimolo e controllo.

*Coordinatore Cnr Flc-Cgil