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Aprile on line-Prima di tutto, la scuola

Prima di tutto, la scuola Interviste. Abrogare la riforma Moratti. Ridurre il precariato tra i docenti. Elevare l'obbligo scolastico a 18 anni. Parlano Chiara Acciarini e Alba Sasso Angelo Notarni...

02/02/2006
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Aprileonline

Prima di tutto, la scuola
Interviste. Abrogare la riforma Moratti. Ridurre il precariato tra i docenti. Elevare l'obbligo scolastico a 18 anni. Parlano Chiara Acciarini e Alba Sasso
Angelo Notarnicola

Il libro "Prima di tutto, la scuola", scritto a quattro mani da Chiara Acciarini e Alba Sasso ha il dono della chiarezza. Chiunque leggendolo avrà una visione più ampia del sistema scolastico italiano, dei suoi problemi, delle sue contraddizioni, ma anche delle grandi possibilità che al suo interno conserva. Un libro alla portata di tutti, "pensato per i segretari di sezione", come amano ripetere le due autrici.

Dalla lettura del testo si evince l'emergere di un'unica sensibilità, come se non fossero due le autrici di questo libro, ma un'unica persona. Quali sono i retroscena della vostra sintonia?
In realtà, siamo molto abituate a lavorare insieme. E questo ci piace tanto. Abbiamo alle spalle cinque anni di collaborazione parlamentare molto stretta e l'esperienza del Cidi, il Centro di iniziativa democratica degli insegnanti. Più volte abbiamo fatto cose a quattro mani. L'abitudine a lavorare insieme è apparsa in maniera compiuta nella stesura di questo testo.

Il primo capitolo è una sintetica, ma esaustiva ricostruzione storica del sistema scolastico italiano. Un interrogativo resta comunque aperto. Come è stato possibile nonostante la nascita delle prime forme di organizzazione sindacale e la vitalità espressa dalle associazioni professionali che il principio cardine della riforma di Gentile del 1923, ossia "la netta divisione tra la scuola dei fabbri e quella dei dottori", sia stato talmente forte da resistere alle più profonde modifiche avvenute nella società italiana dal fascismo ad oggi?
Bisogna dire che questo principio ha resistito ma con profonde modificazioni. Per effetto dei movimenti sindacali e delle associazioni, soprattutto negli anni a cavallo tra il '60 e il '70, la scuola ha avuto numerose riforme per via amministrativa.
La scuola reale ha cercato di superare la distinzione tra la "scuola dei fabbri e la scuola dei dottori". Un caso per tutti: la riforma degli istituti tecnici di fatto è avvenuta, per via amministrativa, attraverso le sperimentazioni. Un altro esempio sono i licei scientifici tecnologici.
Questi sono casi che dimostrano come la scuola stesse facendo un suo percorso che, anche se per via amministrativa, tendeva a superare quella grande dicotomia tra "scuola dei dottori e scuola dei fabbri". Per cui la scuola si stava modificando pur tra mille difficoltà. Da Gentile a Moratti sono accadute alcune cose.

A proposito della Moratti, nel vostro testo si legge: "Darwinismo sociale, restringimento delle politiche pubbliche, arretratezza culturale, la separazione netta tra la scuola del conoscere e la scuola del fare e dell'operare, sono stati gli assi portanti della politica di Letizia Moratti". Voi parlate di abrogazione, cancellazione, sostituzione come di un obbligo di civiltà. Ma sono tutti d'accordo nell'Unione?
Noi abbiamo scritto così e ci assumiamo le nostre responsabilità. Il programma dell'Unione sarà presentato il 13 febbraio. Non è ancora definito. L'unica cosa certa convinzione di larga parte del centrosinistra è che la scuola italiana non possa essere sottoposta a troppi choc. Da questo punto di vista vorremmo tranquillizzare tutti, perché in realtà la riforma Moratti ha cambiato la scuola soprattutto dal punta di vista della riduzione delle risorse e della scelta di stimolare il darwinismo sociale. Ma, per fortuna - in questo momento - la scuola secondaria superiore non è stata ancora toccata. Il decreto legislativo entra in vigore eventualmente nel 2007-2008.
La scuola superiore non avrà quindi nessuno choc. E mi chiedo anche quale scossa potrebbe mai subire la scuola elementare o secondaria di primo grado se ad essa si restituiscono risorse, ore e motivazioni. In realtà, alla scuola italiana va restituito il maltolto e bloccato tutto ciò che in realtà non è ancora partito.

I dati che avete raccolto mostrano come negli ultimi quattro anni e dopo un periodo di forte decremento ci sia stato un aumento costante del numero di studenti in Italia. La crescita é dovuta soprattutto alla maggiore presenza di studenti stranieri che in alcune zone del Paese superano addirittura il 6% del totale (negli istituti professionali la percentuale arriva al 40%). La tendenza per il futuro prossimo è sicuramente volta ad un ulteriore incremento. Quale idea di scuola proporre in uno scenario sociale sempre più multiculturale?
Il dato demografico è importantissimo. Vorremmo che non lo si dimentichi, perché dimostra che il bisogno di risorse per la scuola aumenta contrariamente a quanto dice la Moratti. Con l'incremento, soprattutto a causa degli studenti stranieri, dovranno essere affrontati una serie di problemi.
Il ragionamento che io e Alba facciamo, è che l'integrazione non può avvenire per separazione. Se le persone arrivano con tutto il loro carico di storie e anche di speranze, bisogna che ci siano luoghi d'incontro aperti, non spazi di separazione. La scuola è il luogo dove la "contaminazione" di culture può avvenire, perché certamente è un luogo dove si studia, si lavora, dove ci sono i momenti più importanti della socializzazione.
Cosa fare? Innanzitutto, occorre rispettare la Costituzione italiana, che da sola offre numerose risposte. Poi, è necessario avere in mente una progettualità. Sostenere tutti i progetti che favoriscono l'integrazione, per vicinanza e non per separazione. Dobbiamo ad esempio chiederci quanto sia necessario insegnare l'italiano a chi non lo conosce. E poi c'è il grande tema dei comportamenti e delle mentalità. Problema che si accentua quando come nel caso dell'Islam - la religione abbraccia completamente la vita sociale di una persona. Ma, anche questa diversità non va certo affrontata con le modalità con cui lo si è fatto con la scuola di Via Quaranta a Milano.
Certo, non bisogna arrivare a costruire le scuole esattamente come ce le chiedono, ma occorre offrire loro un progetto inclusivo, qualcosa in cui si sentono riconosciuti.
Esempi in Italia già ci sono. Ci sono molte scuole che offrono supporto linguistico, attività comuni. Che fanno un grande lavoro interculturale, di riconoscimento, appunto, delle diversità e delle similitudini tra culture. C'erano i mediatori linguistici, il cui ruolo era essenziale ad una maggiore comprensione tra soggetti appartenenti a differenti culture. La Moratti con la sua riforma ha pensato di eliminarli.

I dati di alcune ricerche riportati nel testo mostrano scenari del sistema scolastico italiano su cui è inevitabile porsi degli interrogativi. A 9 anni, i nostri studenti sono al nono posto per capacità di lettura in una graduatoria dove sono presenti ben 35 paesi europei ed extraeuropei. In un'altra ricerca, che misura - in studenti di 15 anni di 40 paesi - la capacità matematica, la capacità scientifica, la comprensione di un testo scritto e la capacità di soluzione di problemi, l'Italia si posiziona in tutte le categorie più o meno tra il 27esimo posto e il 30esimo. In tutte le graduatorie primeggiano la Corea del sud, Honk hong e la Finlandia. Cosa sostanzialmente differenzia i sistemi scolastici di questi paesi dal nostro?
È una domanda a cui non è facile rispondere. Noi abbiamo inserito nel testo ricerche diverse che presentano degli interrogativi differenti e che vogliono indicare delle tendenze. Non si possono quindi assumere come il metro di giudizio sulla scuola.
Primo problema. Sicuramente nel nostro paese abbiamo una forte carenza da un punto di vista matematico. Anche se sembrano esserci alcuni segnali di miglioramento. Bisogna chiedersi non solo come quei tre paesi siano sempre i primi, ma anche come mai siano agli ultimi posti non solo l'Italia, ma tanti altri paesi fra cui gli Stati Uniti d'America.
Le spiegazioni sono molte e rimandano al contesto culturale, a quella che ci si è abituati a chiamare educazione informale. Nel caso della Finlandia, abbiamo un numero di biblioteche molto superiore a quello italiano e di qualunque altro paese. C'è la cultura dell'accesso alla conoscenza. La Cina sta crescendo. Complessivamente, si sa da sempre che i bambini cinesi eccellono in matematica. Gli Stati Uniti sono molto preoccupati della propria insufficienza matematica rispetto ai bambini cinesi.
Gli stimoli familiari sono fondamentali. Nei paesi asiatici, come Corea e Cina, è fortemente radicata la convinzione che andare bene a scuola significhi avere una sicura affermazione nella vita. Da noi, nei paesi occidentali, non è più così. I messaggi che la cultura occidentale invia ai propri ragazzi non sempre conferiscono all'istruzione e alla scuola questo potere. Sono quindi in un certo senso demotivanti.

Ancora sui dati. In Italia, le ore d'insegnamento - alle elementari, medie e superiori sono molto al di sopra della media europea. Il rapporto alunni/docenti nel nostro paese è il più basso d'Europa. Questi due elementi insieme dovrebbero favorire lo sviluppo di un'eccellente formazione. Perché allora i risultati delle ricerche dei nostri ragazzi sono tanto deludenti?
I nostri risultati vanno valutati complessivamente. Non si può dimenticare che la scuola italiana ha fatto uno sforzo notevole per accompagnare il progresso sociale, economico che abbiamo avuto in questi anni. Non dobbiamo dimenticare che il numero di diplomati sta crescendo.
Chiaramente, il numero delle ore passate a scuola non è determinante per avere migliori risultati. Da noi, del resto, c'è sempre stata un po' la tendenza ad aggiungere materie, contenuti. Sommare al nuovo il vecchio, senza eliminare mai nulla. Sono convinta del fatto che, sicuramente, contano le ore passate a scuola, ma bisogna capire anche cosa si sta facendo. Effettivamente, in certi casi i ragazzi stanno troppo tempo a scuola, come negli istituti tecnici industriali dove trascorrono anche 40 ore settimanali. Quindi, credo che noi dobbiamo basandoci sulle esperienze in corso - cercare di disegnare un percorso che non sia più così rigido e che non pensi che la qualità sia legata al numero di ore, perché così non è. Dobbiamo, però chiederci come pensare di utilizzare al meglio gli insegnanti sapendo che sono una risorsa. C'è una grande differenza tra un insegnante dotato di strumenti didattici e uno che non può contare su nulla. Occorre motivare gli stessi insegnanti a svolgere nel migliore dei modi il proprio lavoro. Per questo, per alzare il livello della qualità sono necessari investimenti da parte dello Stato.

Un'ultima domanda. Oltre a un investimento cospicuo sulla formazione scolastica dei propri ragazzi, sull'Università e sulla ricerca, quali priorità dovrebbe avere un eventuale governo dell'Unione?
Una delle priorità è sicuramente l'edilizia scolastica, non solo per la sicurezza, ma anche per la qualità della scuola. Poi, penso che vista la crescita demografica che attendiamo, gli oltre 100.000 insegnanti precari dovrebbero passare almeno per il 70% - da contratti a tempo determinato a quelli a tempo indeterminato. A questo occorre aggiungere, senza dubbio, una maggiore autonomia della scuola.
Poi, un grande progetto che cerchi di superare una volta per tutte la dicotomia tra "scuola dei fabbri e scuola dei dottori" con la grande prospettiva di caricare la parte iniziale del percorso scolastico di una grande valenza sociale. In quel momento il cittadino deve ricevere la massima dose di cultura per avere le basi per affrontare la complessità che ci pone di fronte oggi la società della conoscenza.
Pensare, quindi all'obbligo fino ai 18 anni. Tutti devono raggiungere il diploma.