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Aprileonline: Atenei, la ricetta del Pd per l'efficienza

Con il ministro ombra dell'Istruzione Maria Pia Garavaglia abbiamo discusso delle aperture del governo sulla riforma del settore, ma anche di quali misure dovrebbero essere messe in campo secondo il suo partito per poter arrivare ad un sistema solido, dove il privato abbia spazio ma senza che lo Stato si ritragga

04/11/2008
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Aprileonline

Marzia Bonacci, Andrea Scarchilli, L'intervista

Lo fanno sapere diversi esponenti della maggioranza: la volontà del governo, in materia di riforma universitaria, è quella di procedere con un disegno di legge e con un confronto parlamentare. Si cambia marcia rispetto a quanto accaduto sul fronte scuola con il decreto Gelmini. L'opposizione è soddisfatta, ma il suo leader Veltroni ci tiene a precisare che se il governo è interessato ad aprire su questo tema una stagione di dialogo, questo sarà possibile "solo a condizione che vengano sospesi e resi inefficaci i provvedimenti contenuti nella manovra finanziaria". Provvedimenti che, sempre secondo il capo del governo ombra, "impediscono, con tagli indiscriminati a scuola e università, ogni intervento necessario per il rilancio del nostro sistema formativo ed educativo". Dell'apertura dell'esecutivo, ma anche delle proposte avanzate dal Pd in materia, abbiamo parlato con Maria Pia Garavaglia, ministro ombra per l'Istruzione.

Il governo almeno sul tema dell'Università si dice disponibile al confronto, con la scelta di attuare il suo progetto di riforma attraverso un disegno di legge e quindi un dibattito parlamentare. Un cambio di rotta rispetto a ciò che si è verificato in merito alla riforma della scuola, con il decreto Gelmini. Quanto hanno pesato l'opposizione della piazza e del Pd?
In primis voglio esprimere la mia soddisfazione perché era esattamente ciò che ci aspettavamo. In fondo con la maggioranza ampia che il centrodestra possiede, anche i disegni di legge avrebbero avuto un percorso veloce e agevolato, ma sulla riforma della scuola l'esecutivo ha deciso di andare in altra direzione. Perciò siamo ancora rammaricati per quanto successo, perché non si attuano riforme che riguardano la scuola a colpi di decreto legge e di tagli indiscriminati, però sull'università il governo dimostra un atteggiamento diverso. Sicuramente sono stati importanti sia il movimento, che si è dimostrato non fazioso ma consapevole del merito della questione, e anche la nostra formulazione. Perché noi, che siamo sempre stati rimproverati dalla maggioranza di dire solo no e non avanzare mai proposte, in realtà sull'università abbiamo esposto il nostro progetto in modo chiaro e deciso. Su molti punti c'è convergenza.

Quali sono i punti su cui si realizza questa convergenza con l'esecutivo?
Per esempio quello di arrivare a formulare un nuovo modo di reclutare i professori universitari, perché noi vorremmo che i concorsi siano a chiamata dall'università con apertura verso docenti anche stranieri. Poi sul fronte dei finanziamenti al settore, la nostra proposta è che gli atenei siano sostenuti in base al merito e alla produzione. Altre misure, infine, riguardano i ricercatori, una fascia che deve essere ampliata rispetto a quella dei professori; un'agenzia indipendente per valutare l'università; una concentrazione degli atenei e delle loro attività. A questo proposito va infatti ricordato che non è vero che in Italia esiste un numero elevato di università perchè negli altri paesi europei sono in numero maggiore, il problema è che abbiamo tanti corsi di laurea, soprattutto dopo l'introduzione del 3 più 2. Per questo i corsi di laurea e le specializzazioni devono essere concentrati in modo che non ci siano attività con un numero troppo esiguo di studenti. In una parola vorremmo coniugare l'efficienza con una efficacia che sia verificabile per mezzo di una valutazione oggettiva e terza.

Veltroni ha aperto al confronto con il governo a patto che vengano ritirati i tagli imposti. Che dimensione ha la decurtazione dei finanziamenti approvata dalla maggioranza e chi penalizzerebbe soprattutto?
Si tratta di tagli non selettivi. Per cominciare un lavoro condiviso, di riforma seria e profonda, occorre mettere una zeppa che di fatto impedisca operazioni dequalificanti: perché se indiscriminatamente tutte le università sono oggetto di tagli, alla fine non si procede più a valutarle in base ai risultati, che invece sono fondamentali per erogare in modo giusto e appropriato i finanziamenti. Ci deve essere una parte di finanziamento sostanziale, che è il fondo di funzionamento, che per altro è stato tagliato da governo, e poi una parte aggiuntiva, che può provenire dal pubblico e dal privato, che è legata al progetto di ricerca, al collegamento università e mondo del lavoro etc.

Il disegno di legge è ancora in elaborazione, ma alcune misure cominciano a trapelare. Si parla per esempio di ripristinare il concorso nazionale per i professori. Cosa ne pensa? E' il modo giusto per garantire merito e trasparenza?
Stiamo parlando di un bando di concorso che è gia in atto perciò, come accade sempre, sospenderlo potrebbe significa l'inizio di uno di quei contenziosi che poi impediscono di attuare soggettivi concorsi con nuove metodologie. E' un tema su cui sarà utile confrontarsi, il Pd comunque seguirà la logica e il sentiero che rendono più agevole e rapida l'istituzione di nuove norme.

Anche per quel che riguarda le università, come già previsto nel decreto Gelmini per il settore scuola, si vuole procedere alla trasformazione degli atenei in fondazioni aperte al finanziamento privato. Cosa ne pensa il Pd?
Il Pd è contrario se la trasformazione delle università in fondazioni diventasse un modo per far si che lo Stato si ritragga dal sostenere il settore accademico, magari in un momento di difficoltà economica in cui procede ad operazioni di taglio. In realtà si tratta di un argomento non facile e meritevole di approfondimento. La fondazione in quanto tale può essere neutra come strumento giuridico, bisogna capire bene cosa succede con essa: come sarà il finanziamento o il reclutamento. Noi eravamo contro perché nel decreto 112 all'articolo 16 era detto semplicemente che i senati accademici possono trasformare gli atenei in fondazioni di diritto privato, all'interno di un quadro complessivo di decurtazione dei finanziamenti statali. La politica era quindi quella di giustificare i tagli dello Stato al settore, affidandosi all'iniziativa privata. Manca quindi tutta la parte relativa al come realizzare la nascita delle fondazioni universitarie: reclutamento e governance devono essere chiarite, cosa che non è stata fatta nel decreto Gelmini per il settore scuola.

C'è un altro tema urgente che è quello della ricerca nazionale che certo non vive una condizione facile. Come si può darle fiato e speranza?
Basterebbe ripartire da quanto aveva già stabilito il governo Prodi con la scorsa Finanziaria. Per quanto riguarda la ricerca in Italia, ad essere indipendente è soprattutto quella universitaria: perciò bisogna valorizzare i suoi ricercatori e finanziare i suoi progetti, i quali possono poi essere collegati alle imprese, in modo che all'università arrivino anche fondi freschi dal privato. La ricerca imprenditoriale dovrebbe essere sgravata dal fisco in modo da creare un circuito virtuoso fra impresa e università, mercato e conoscenza, e quindi anche fra ricerca indipendente e finalizzata, perché entrambe sono un tutt'uno rispetto allo sviluppo del paese.

Lei parla di circolo virtuoso fra impresa e università, mercato e conoscenza. Ma con questo non si rischia di penalizzare il campo umanistico, a cui l'impresa e il mercato non sono interessati, preferendo investire nelle branche tecnico-scientifiche dove è maggiormente perseguibile e appagabile un interesse economico?
L'università per definizione è didattica e ricerca, ma non tutta l'attività che essa produce è finalizzata ad essere immessa nel circuito produttivo. Per fortuna! Le scienze umane devono essere valorizzate perché si tratta della miniera dello sviluppo civile, perché si tratta di campi a cui l'Italia ha tanto contribuito a livello internazionale. L'umanesimo italiano è l'origine di quello centro-europeo e in parte del mondo.