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Aprileonline: Brunetta-Cgil, la rottura resta

Ieri a Il Riformista il ministro ha dichiarato che sul rinnovo dei contratti della P.a. procederà anche senza il consenso dell'organizzazione di Epifani, di cui "chi se ne frega". Oggi in segno di protesta il sindacato di Corso Italia ha disertato il Tavolo di palazzo Vidoni

30/10/2008
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Aprileonline

Marzia Bonacci,

"Assolutamente no". Più chiaro e netto di così non poteva essere il segretario Epifani nel rispondere alla domanda se la Cgil avrebbe partecipato o meno al tavolo sul rinnovo del contratto del pubblico impiego. La sedia a disposizione della più grande organizzazione del lavoro è restata dunque vuota nell'incontro andato in scena a Palazzo Vidoni. A pesare negativamente, spingendo Corso Italia sull'arroccamento, le parole rilasciate dal ministro Brunetta ieri a Il Riformista. Quel "chi se ne frega della Cgil", scandito dal responsabile del governo per la Funzione pubblica, era un boccone troppo amaro da ingollare per il sindacato.

E a niente sono valse le precisazioni del suo portavoce, affrettatosi a spiegare come la frase riportata dal quotidiano diretto da Polito non fosse altro che "una battuta scherzosa", pronunciata all'interno di "un ragionamento politico ben più complesso". Nemmeno l'aver chiarito che "non vi è mai stata alcuna volontà di offendere o di mancare di rispetto", ha dato i frutti distensivi che si speravano.

Così a chi gli chiedeva che cosa avrebbe fatto, Epifani ha risposto categoricamente che la Cgil disertava, perché le scuse ufficiali del ministro, ha attaccato il leader di Corso Italia, "non le ho ancora viste".

Ma che Brunetta intenda procedere ad ogni costo, riproponendo in piccolo la ben più grande chiusura dimostrata dal suo governo su più fronti (riforma Gelmini in primis), è ormai storia. Del resto non ha fatto mai mistero di voler proseguire anche se l'intesa non incassa quel 51% previsto dalle regole della rappresentanza sindacale come soglia per poter ratificare un accordo. Dunque, anche senza il sindacato, il ministro spingerà lo stesso sul pedale dell'acceleratore per quanto riguarda il rinnovo del contratto degli statali e, di conseguenza, anche su quello della riforma.

E se la Cgil non è stata presente al tavolo di Palazzo Vidoni, diversamente siederà a quello previsto per domani a Palazzo Chigi. Il rinnovo del contratto dei lavoratori pubblici, insieme a quello per la riforma del loro modello, all'interno della partita più generale di cambiamento del CCNL, continua a registrare un crescendo di tensioni fra le rappresentanze sociali. L'asse Confindustria-governo e la pressione di Brunetta se hanno fatto capitolare gli altri sindacati, Cisl e Uil, non hanno sortito lo stesso effetto sull'organizzazione di Epifani, che sul tema del rinnovo contrattuale ma anche della riforma, sia del settore della pubblica amministrazione che del CCNL, ha già fatto sapere di bocciare l'esecutivo, chiedendo una ripartenza del dialogo. La Cgil infatti ha respinto al mittente sia il protocollo sul rinnovo del contratto della P.a. presentato il 23 ottobre, sia le linee guida per il suo cambiamento. Mentre in merito alla partita del contratto nazionale, è noto come recentemente la segreteria si sia espressa criticamente definendo "irricevibile" il documento avanzato dagli industriali.

Le altre due sigle certo non brillano per omogeneità di atteggiamento, anche se domina la linea morbida verso l'altra parte del tavolo di confronto. Pur sottoscrivendo il protocollo di intesa per il rinnovo del contratto degli statali, Cisl e Uil hanno comunque aderito allo sciopero, sebbene a guidarli sia sempre una certa apertura verso la maggioranza, Brunetta e la Confindustria: beneplacito alle linee guida di riforma del modello contrattuale degli statali, ma anche alla riforma del CCNL confezionata da Marcegaglia e governo.

Unica intesa sulla proposta del ministro di avviare una istruttoria sulle linea guida di riforma contrattuale della funzione pubblica da chiudere entro metà novembre: all'unanimità i tre confederali si sono detti favorevoli.

Sul tema sono i numeri a non convincere Epifani e i suoi. I 6 miliardi di euro messi a disposizione dal governo per rinnovare il contratto degli statali sono reputati una cifra troppo esigua. Brunetta ha anche specificato la ripartizione del fondo: 2,8 miliardi di euro per il comparto ministeri e 3 miliardi per il resto della pubblica amministrazione. Per i ministeri, nel dettaglio, l'incremento salariale prevede un aumento di 70 euro medi lordi mensili di cui 60 sulla busta paga e 10 euro relativi alla parte accessoria.

Si tratta di cifre, secondo Epifani, "troppo basse", ma anche sulla loro ripartizione "non c'è chiarezza", ha aggiunto nei giorni scorsi. E Brunetta? Il no della Cgil non lo preoccupa perché ha detto di essere "abituato" al rifiuto sindacale, "soprattutto quando non ci sono governi amici". E ha poi giocato sulla leva propagandistica del ricatto: "meglio che il lavoratore pubblico abbia in tasca 6 miliardi di euro piuttosto che queste risorse rimangano nelle casse dello Stato". Un discorso che non è piaciuto alla Cgil, il cui segretario ha ricordato al ministro non solo che "quei 6 miliardi non sono i suoi", ma che "il contratto é un diritto" e "nessuno concede nulla". Quello che propone Brunetta, secondo Epifani, "è meno della metà dell'inflazione reale" e senza una maggiore disponibilità da parte del governo, ha preannunciato, "alla fine del biennio, i lavoratori pubblici perderanno potere d'acquisto''.