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AprileOnLine: I diari del cattivo gusto

Scuola. Polemiche per alcuni diari scolastici arrivati in libreria contenenti volgarità e frasi offensive

21/09/2006
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Aprileonline

Emanuele Martorelli

E’ da qualche giorno esploso il caso su frasi e volgarità presenti in alcuni diari scolastici approdati in libreria a settembre. L’ultimo atto di protesta è la lettera di una madre alla redazione di Repubblica, dove la donna denuncia la pesantezza di certe espressioni stampate sul diario acquistato dal figlio. La Commissione Istruzione del Senato, l’Osservatorio sui diritti dei minori e il sindacato pensionati Cgil ne chiedono l’immediato ritiro dal commercio. Chissà, forse non hanno colto la velata ironia di frasi come “i vecchi devono andarsene fuori dalle palle”. Sotto accusa ‘Happy Bunny’ (il coniglietto felice e sboccato della Gutedizioni) e alcune marchi come la colombiana “De puta madre”. Al di la delle solite arringhe bacchettone, ci sono dei limiti oltre i quali le cose diventano inevitabilmente svilenti. Non sono più nulla, ed in questo caso le parole non sono più né mezzo né messaggio.
I diari si sono da sempre adattati alle diverse esigenze degli alunni, proponendo una scelta vastissima: sport, fumetti, cinema e via dicendo. Da quelli relativi ai personaggi delle strisce dei fumetti (“Snoopy”, “Andy Capp”, “Sturmtruppen” e vari) all’odierno Comix, che cita battute prese in prestito ai comici, fino ad arrivare a quelli più irriverenti o ironici (“Smemoranda”, e “Cuore” ad esempio). Elencarli tutti sarebbe impossibile. Soprattutto però, per ogni periodo e relativa moda c’è un diario che rincorre i tempi e fissa su carta espressioni, aspettative e griffe del momento. Alle volte ci riesce, altre probabilmente meno. Dal mondo dei “paninari” con giubbotti rigonfi e pantaloni scorciati, fino alle nuove uscite con scritte-manifesto che recitano un ottimistico “sto alla grande”, il diario sembra essere un forte indizio di se; è quindi con cura che molti studenti scelgono quello che più si adatta ai loro modi d’essere. Chi si occupa del settore della comunicazione lo sa bene: incitare i giovani ad un certo tipo di ribellione mentre li si immette in un sistema dentro il quale invece è relativamente difficile trovare spazi autonomi è cosa consolidata da tempo. Il mercato e la pubblicità hanno da subito ben compreso l’importanza di questo meccanismo, e da sempre giocano con messaggi ambivalenti che poi arrivano di solito ad un punto preciso: per essere libero o diverso compra da noi. Questo è, più o meno, il messaggio di alcune marche come Pickwick, Lonsdale e soci. Può essere discutibile ma di sicuro fa parte di un discorso comune a molte frange della società del consumo.
Può non destare scalpore o essere un segno dei tempi allora che il diario “Baci e Abbracci” porti avanti la constatazione che “se durante l’ Happy Hour bevi solo acqua vuol dire che hai sbagliato ingresso”. E non riesce a fare notizia nemmeno il fatto che un marchio registrato colombiano a nome “De puta madre” (la traduzione è oramai ben nota) abbia convinto milioni di persone ad indossare magliette e comprare diari con la suddetta scritta, o con un semplice e diretto “Cocaina”. Finito però il saccheggio di slogan, frasi ad effetto e pseudo aforismi a sfondo cinico e nichilista (“la scuola ti prepara alla vita, e fanno schifo tutte e due” oppure “inganna il tempo e truffa il prof”, per citarne qualcuno), si è arrivati al consueto fondo superando di gran lunga la soglia del cattivo gusto. Così dalla graffiante ironia di frasi come “i vecchi sono così perché puzzano”, “i genitori sono degli sfigati ma ti mollano la paghetta” o uno stringato “mi fai vomitare”, si arriva alle vere perle. “La scuola mi piace. Ci sono un sacco di ragazze che te la danno” deve essere frutto di notti insonni da parte degli esperti della comunicazione. Alle ragazze, invece, si da un rimedio infallibile per conquistare il proprio compagno di banco: “Per farlo ingelosire siediti, in sua presenza, sulle ginocchia del bidello più anziano”. Qualcuno ha additato frasi come questa alla stregua di semplici volgarità, ma la questione è decisamente diversa. La volgarità spesso è talmente fine a se stessa da non risultare neanche offensiva. Una frase come quella di sopra porta invece al suo interno un contenuto decisamente umiliante. Il segretario generale del sindacato pensionati della Cgil ha posto una domanda fondamentale: “Bisogna capire perché a qualcuno è venuto in mente che un prodotto simile possa funzionare sul mercato”.
Se queste frasi dovevano essere un modo per attirare l’attenzione sul prodotto (oggigiorno si va avanti con il motto “purché se ne parli”) tanto valeva esagerare, magari stampando sproloqui vari in copertina. E se per qualcuno questa dovrebbe essere ironia o peggio provocazione, forse occorre fermarsi un attimo a riflettere sul significato che questi termini hanno assunto oggi. Qualcuno può farlo per capire in che direzione si muove la nostra società. Qualcun altro può farlo semplicemente per riuscire a far sfociare il tutto in un diario che venda bene. A questi ultimi, in evidente carenza d’ispirazione, si può suggerire un’idea. Per cogliere tensioni giovanili ed incanalarle in un marchio registrato, per incitare le fasce più giovani ad una ribellione che passa per qualche slogan che sbanchi il mercato, più che fargli indossare una maglietta con la scritta “figlio di buona donna” si potrebbe creare una nuova griffe recante la sintomatica frase: “Tra qualche anno entrerai nel mondo dei contratti a progetto”. Questo si, dovrebbe farli venir su arrabbiati. E magari venderebbe di più di un coniglietto felice.