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AprileOnLine: Invertendo la rotta per guardare lontano - di Enrico Panini

Riflessioni. Il nuovo governo deve porsi in discontinuità con il precedente e inaugurare una nuova politica verso il settore della conoscenza. E' in gioco il nostro futuro

28/06/2006
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Aprileonline

Enrico Panini*

Che il nuovo governo abbia trovato i conti pubblici in una situazione spaventosa non è - purtroppo - una sorpresa. I miracoli berlusconiani a favore delle rendite, dei vari potentati economici e finanziari e di alcuni gruppi sociali li abbiamo pagati (e li pagheremo) cari. E tuttavia il necessario risanamento non può essere fatto pagare a chi negli scorsi cinque anni ha già dato, mentre altri hanno gozzovigliato a danno del paese e dei servizi pubblici.
Mi aspetto dal nuovo governo una politica che risani ma invertendo completamente la rotta.
Per questo mi allarmano le voci che con insistenza ripropongono l’inevitabilità di tagli economici nella scuola, nell’università, nella ricerca.
Il primo motivo d’allarme è che da diverso tempo è in corso un bombardamento di notizie destinato a creare sconforto e delusione mentre vengono assunti alcuni riferimenti come dati una volta per tutte. Dove è scritto, ma soprattutto dove è stato discusso, che è un errore rinegoziare le condizioni di rientro con l’Unione Europea?
Inoltre, l’esplosione degli esempi di possibili tagli mi allarma per altri due motivi.
Il primo è che nei 5 anni di governo Berlusconi e di ministero Moratti i settori della conoscenza, soprattutto le istituzioni pubbliche, hanno subito tagli come mai prima in termini di risorse economiche e umane e hanno vissuto come mai prima una crescita diffusa del lavoro precario. Per dirla chiaramente: hanno già dato e tanto.
Il secondo motivo è che le politiche di risanamento non possono essere solo di tipo finanziario, ma devono guardare lontano, al sistema paese e alla sua qualità. E non si può rilanciare l’Italia, asfittica ormai in molti campi, soprattutto quelli strategicamente rilevanti, se non si rilancia la qualità dell’istruzione, del sistema universitario, della formazione e della ricerca.
Nel 1997 l’Italia aveva fatto la scommessa di entrare nell’euro dalla porta principale e doveva presentarsi all’appuntamento europeo con i conti in ordine. Era un obiettivo ambizioso ma non impossibile. Ebbene in quella situazione proprio il governo Prodi ebbe il coraggio di investire sulla scuola. Fece, cioè, una scelta di qualità.
Da questo secondo governo Prodi come minimo ci aspettiamo questo.
Vorrei indicare le tre parole chiave di una nuova situazione politica: discontinuità, selezione, priorità.
E allora non si può chiedere una moratoria sui contratti pubblici. Bisogna riportare ordine e certezze in questa materia. Col precedente governo abbiamo dovuto aspettare mesi, e in taluni casi anni, dopo la loro scadenza per il rinnovo di contratti che sono nuovamente scaduti. Il contratto è il primo diritto di un lavoratore, è un fatto di civiltà, è una modalità moderna di gestire i rapporti di lavoro, non si può considerare un optional a seconda di questa o quella condizione.
Il precariato è ormai un’emergenza: vi è senz’altro il fattore umano, persone che non sono padrone della propria vita perché non intravedono un minimo di stabilità e di certezza nel lavoro; ma vi è anche il fattore funzionalità di interi settori, la ricerca è il caso più eclatante, dove lo stesso prestigio del nostro paese è affidato a contratti a termine. La questione ha un rilievo generale consistente.
Francamente, per quanto difficile sia la situazione economica dell’Italia, credo che non ci possa essere spazio per ulteriori sacrifici in questi settori. Verrebbe a cadere anche uno dei punti qualificanti dello stesso programma dell’Unione.
Bisogna parlare di queste cose e ragionare insieme per individuare gli obiettivi e le risorse. Palazzo Chigi è la sede giusta, dove si può trovare un’intesa politica tra il governo e le parti sociali, perché la conoscenza, i servizi pubblici sono un bene che riguarda l’intera collettività.
Ma le parole chiave che indicavo prima non riguardano soltanto le risorse.
Pesano come macigni sui nostri settori le leggi che portano il nome dell’ex ministro Moratti. Gli attuali ministri Mussi e Fioroni si stanno muovendo correttamente. Il primo, come si ricorderà, ha ritirato alcuni provvedimenti sull’università che stavano alla Corte dei conti, e che quindi non entreranno più in vigore. Fioroni sta tentando di smontare la legge Moratti con atti amministrativi, nel senso che la rende non applicabile. Ma il problema, in questo caso resta, perché finché la legge rimane nel nostro ordinamento, tutto quello che essa prevede potrà riproporsi. Dunque, il problema della cancellazione di quelle leggi rimane e, per noi, è più che mai attuale.
*Segretario Nazionale Federazione Lavoratori della Conoscenza - Cgil