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Aprileonline. L'ora di religione non convince l'Ue

Lo Stato paga gli stipendi di circa 23 mila insegnanti cattolici che vengono scelti dalla Chiesa. Perciò è stata presentata da un pool radicale una denuncia a Bruxelles, che ora chiede informazioni al nosLa denuncia tro esecutivo. La prassi italiana contravviene infatti alla normativa comunitaria contro la discriminazione dei lavoratori per motivi religiosi

09/10/2008
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Carlo Pontesilli*, 08 ottobre 2008, 13:07

La denuncia che abbiamo presentato a Bruxelles, insieme a Maurizio Turco (deputato radicale nel Pd) e Alessandro Nucara (avvocato esperto in diritto comunitario), si riferisce ad una legge italiana del 1985 collegata a quella con cui, l'anno prima, venivano aggiornati i Patti lateranensi ad opera dell'allora presidente del Consiglio Bettino Craxi. Questa norma prevede che l'insegnante di religione sia scelto dall'ordinario diocesano a cui viene riconosciuto il diritto di esprimere il gradimento o meno verso coloro che andranno ad insegnare nella scuola italiana la materia religiosa. E' dunque la Chiesa, per voce del vescovo, a stabilire l'incipit di questo rapporto di lavoro, ma anche il suo proseguimento: ad ogni inizio anno scolastico, infatti, l'ordinario diocesano riconferma il gradimento al docente gradito alla Curia per ricoprire il ruolo di docente di religione (un mondo che conta circa 23mila insegnanti). Di fatto e di diritto la Chiesa sceglie i docenti e i cittadini italiani li pagano: un modo singolare per accedere nei ruoli della pubblica amministrazione. Paradosso nel paradosso è che qualora l'insegnante dovesse perdere il gradimento del vescovo e nel frattempo fosse passato "in ruolo", lo Stato è tenuto a ricollocarlo in un altro ambito di insegnamento o della pubblica amministrazione in generale.

Si tratta dunque di una norma che confligge con la direttiva europea contro le discriminazioni sulla parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro (2000/78/CE del 27 novembre 2000), perché sostanzialmente l'insegnamento della religione cattolica, in base al gradimento della Chiesa, comporta di fatto l'esclusione -e quindi la discriminazione- di tutti coloro che non sono cattolici e di conseguenza non rispondono ai requisiti morali e religiosi della Curia. E' una forma di discriminazione sulla base della fede e della religione. E' questo il senso della denuncia che abbiamo indirizzato alla Commissione europea, la quale ha stabilito la sua fondatezza tanto da chiedere informazioni in materia al governo italiano: non è ancora una procedura di infrazione nei confronti del nostro paese, ma è comunque il segnale che Bruxelles sta vigilando su qualcosa che appare non in regola con le leggi comunitarie.

Rispetto al passato, quando ebbe accesso all'insegnamento di religione anche personale non altamente qualificato ma gradito a Santa Romana Chiesa, oggi viene comunque garantito il rispetto di criteri di qualifica professionale, ma resta inscalfibile il passaggio per il gradimento dell'ordinario diocesano.

A questa discriminazione che abbiamo denunciato si aggiunge anche quella di ordine economico. Gli insegnanti di religione scelti dalla Curia ma pagati dallo Stato, infatti, godono un trattamento retributivo di maggior favore rispetto a tutti gli altri colleghi, tanto che l'anno scorso abbiamo iniziato un iter giuslavoristico che si è concluso in luglio con la sentenza del giudice del lavoro di Roma, il quale ha condannato il ministero dell'Istruzione a parificare il trattamento economico di un professore che aveva avanzato ricorso. Una battaglia vinta e che ha visto protagonista l'avvocato Claudio Zaza (claudio.zaza@o18.it), giuslavorista che ha seguito il caso, il quale apre la strada a nuove singole denunce che potranno essere avanzate da tutti gli insegnanti che si trovano nella stessa condizione del ricorrente, ovvero tutti i precari e coloro che sono passati di ruolo negli ultimi 5 anni, cioè circa 250mila persone.

Il nodo politico su cui andrebbe focalizzata l'attenzione è quello che vede la presenza in Italia di circa 23mila insegnati scelti dalla Chiesa ma stipendiati dallo Stato per ottemperare ad un insegnamento facoltativo, quello appunto della religione cattolica; una prassi che anche dal punto di vista didattico appare discutibile: un conto infatti sarebbe insegnare nelle scuole la storia delle religioni, altra cosa è educare ad un solo credo, quello cattolico, alunni che ormai vivono e sono figli di una società globale e multietnica e che dovrebbero vivere in uno Stato laico, al pari delle moderne democrazie occidentali. In questo senso le leggi che garantiscono tale situazione appaiono anacronistiche e andrebbero superate. L'articolo 7 della Costituzione, per esempio, che è alla base del rapporto con il Vaticano, è un obbrobrio ormai datato, una legge fascista ripresa nella sua totalità e inserita nella nostra Carta grazie anche al "tradimento" di Togliatti, convinto di poter beneficiare con questo riconoscimento delle grazie del Vaticano. Sia concesso l'aggettivo "convinto", perché la Costituzione entra in vigore il 1 gennaio del '48 e già nel ‘49 il Pci è scomunicato dalla Chiesa: ecco dunque a quanto è servito quel riconoscimento, che pesa ancora molto sulle nostre spalle. Un errore, quello di Togliatti, a cui si aggiunge quello compiuto nel 1984 da Craxi che, riaggiornando i Patti lateranensi del fascismo, barattò sostanzialmente la fine del cattolicesimo come religione di Stato (un passo verso la laicità) in cambio di esagerate concessioni economiche che continuano a gravare pesantemente nelle tasche degli italiani e sull'economia del paese: ogni anno un fiume di denaro scorre sulla testa di cittadini spesso ignari verso le casse vaticane, l'8 per mille su tutto, come abbondantemente illustrato nel libro "La questua. Quanto costa la Chiesa agli italiani" (ed.Feltrinelli)

* Fiscalista, insieme a Turco e Nucara ha inviato la denuncia sul caso a Bruxelles