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Aprileonline: La loro sapienza

alla Sapienza di Roma la due giorni dedicata alla protesta contro il piano di riforma di università e scuola promosso dal governo. Workshop e dibattiti, forum di studio e di confronto

17/11/2008
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Aprileonline

Dopo la manifestazione di venerdì, è iniziata oggi alla Sapienza di Roma la due giorni dedicata alla protesta contro il piano di riforma di università e scuola promosso dal governo. Workshop e dibattiti, forum di studio e di confronto, che hanno visto protagonisti studenti che provengono da tutta Italia e che stanno animando l'Onda

E' un suono familiare che lì per lì ti sfugge, che non riesci ad identificare: dove l'ho sentito, in che contesto, a cosa è legato? Lo produce un ragazzo battendo l'accendino sul corrimano delle scale che portano alla facoltà occupata di Lettere e Filosofia della Sapienza. Poi all'improvviso è tutto chiaro e quasi scontato: è il suono di questi giorni e di questo movimento studentesco in lotta, quello di "noi la crisi non la paghiamo", scandito da studenti, docenti, ricercatori, scesi in piazza anzi nelle piazze di tutta Italia per protestare. E' allora, in quella sonorità che ti appare così familiare, che percepisci la forza di quanto sta accadendo e devi ammettere che questa Onda sta infiltrando se non tutto, almeno molto. Società civile, enti di ricerca, famiglie, aule, scuole e atenei, realtà culturali più varie: siamo tutti imbevuti da quest'acqua resistente, corrosiva, fresca. La cui paura più grande, come ammettono candidamente anche i suoi protagonisti, è che dopo l'apice raggiunto con la manifestazione nazionale di Roma, questo mare si secchi e l'onda, fino ad ora vitalmente anomala, perda forza e si disperda nelle acque calme dello status quo.

Ed è anche per questo, per contrastare questo timore, che in migliaia hanno scelto, dopo averla assediata per tutto venerdì, di fermarsi nella capitale ancora per 48 ore e dormire qui, nell'ateneo romano, per partecipare alla due giorni dedicata alla protesta contro il piano del governo in materia di formazione e istruzione. Apertasi questa mattina con un'assemblea inaugurale, per tutto il pomeriggio sono stati organizzati tre workshop: uno, allestito alla facoltà di Lettere e filosofia, dedicato all'autoriforma della didattica; il secondo ospitato nel dipartimento di Scienze politiche e relativo a welfare e diritto allo studio; il terzo organizzato a Fisica sul tema formazione e lavoro. Alla fine di ogni forum di discussione è stato elaborato un documento che è poi confluito, insieme agli altri prodotti dai rispettivi gruppi di lavoro, all'assemblea comune serale, la quale ha stilato un testo riassuntivo che sarà presentato domani al termine dei lavori.

Le aule sono strapiene, colme di studenti seduti in ogni spazio e in ogni piccolo anfratto. Sono migliaia, come subito si capisce quando si mette piede nella città universitaria di San Lorenzo, dove sotto un sole tiepido molti di loro, prima dell'inizio dei dibattiti, si sono riversati sui prati per mangiare qualcosa e discutere insieme. E' una Sapienza inedita quella che si trova popolata di ragazzi e ragazze, alcuni anche studenti delle superiori, riuniti qui per avanzare la loro riforma, quella che vorrebbero fosse perseguita secondo le indicazioni e le aspirazioni di chi la vive, di chi la scuola e l'università la conosce da vicino e da protagonista. Contrastano il sistema dei crediti e dei master, spesso privati e ad alto costo, che devono frequentare per poter accedere al mondo del lavoro; dicono no alla frequenza obbligatoria e ai test di ingresso per uno studio democratico; vorrebbero l'accorpamento degli esami e la rivisitazione del sistema dei concorsi, che adesso produce il baronato; pretendono certezza nell'occupazione con una retribuzione dignitosa, soprattutto il pagamento di tirocini, dottorati e specializzazioni, denaro equamente corrispondente allo sforzo e all'impegno che profondono nella ricerca e nel lavoro che fanno. E poi sanità, ambiente, sostegno sociale, giustizia. Questi studenti e ricercatori infatti sono delusi dal presente formativo, ma temono soprattutto il domani lavorativo e la società che si sta delineando, ormai imponendo. E vogliono il cambiamento perché desiderano "liberare il tempo e far circolare i saperi", consapevoli e fieri che "con questo movimento un'altra università è già in costruzione", come spiega Diego da Torino nel suo intervento al forum sull'autoriforma della didattica. Un'idea di istruzione in cui si supera, spiega invece il rappresentante del Terzo ateneo capitolino, "l'eccessivo individualismo, per una nuova idea di socialità, possibile con l'autoformazione e il rallentamento dei tempi accelerati, quindi con meno esami e meno crediti". Non è la rinuncia ad un'istruzione di livello, al contrario l'affermazione della qualità sulla quantità.

Di fatto, al contempo, l'idea di un'altra società. E infatti circolano, tra gli interventi durante i tre woorkshop, espressioni come "contraddizione fra capitale e lavoro" oppure "la logica del mercato che vuole il sapere ridotto a merce". Ma attenzione: non è un nuovo '68, come da giorni ripete l'Onda, né è un movimento partitico. Politico si, come mi spiega un ragazzo che studia ingegneria alla Federico II di Napoli. "Siamo contro il governo Berlusconi e parliamo di che tipo di istruzione e lavoro vorremmo ci fossero garantiti: è politica. Politica -aggiunge- senza cappelli partitici". Sebbene riconoscano che questo atteggiamento dell'attuale inquilino di palazzo Chigi "è il passaggio del Rubicone" perché "si sta tentando di distruggere la scuola e l'università pubbliche come mai fatto fino ad ora", anche verso il centrosinistra la critica è feroce. Racconta sempre l'aspirante ingegnere campano che "il movimento per essere credibile sta cercando di studiare e di capire come si è strutturata l'università negli ultimi 15-20 anni" e in questa ricerca emerge drammaticamente come "le responsabilità della caduta di livello siano distribuite trasversalmente tra tutti i governi successisi". Certo, "Berlusconi ha fatto il salto di qualità. In peggio". Per questo, gli fa eco mentre parliamo sulle scale antincendio del palazzo di Lettere una collega di Fisica, "si sta assistendo a qualcosa di nuovo e mai visto. Una protesta così non si vedeva da anni". Quando gli chiedi se si sentono soli, se i loro professori li appoggiano, la risposta è semplice: "Si dicono con noi. Molti, soprattutto i figli del '68, ci appoggiano...Certo, quando nella mia facoltà abbiamo proposto il blocco della didattica, poi in Consiglio si sono detti contrari". E il sindacato? E' molto forte fra i lavoratori, i ricercatori precari, in parte anche fra gli studenti. "Quando lavori - mi dicono- è evidente che il tuo riferimento sono questo tipo di organizzazioni". E quando parlano di sindacato ne intendono uno soltanto: la Cgil, perché "Cisl e Uil in questi anni hanno firmato di tutto, perdendo credibilità". E' in questo asse fra lavoro e formazione che forse si intravede un'eredità del '68, ma più che nel dna della storia è nell'ordine delle cose: perché immaginare un modello di istruzione diverso significa prospettare inevitabilmente anche "un altro mondo possibile".

Coscienza politica comunque ce n'è, anche rispetto ad un passato che gli sembra non passare mai. Entrando alla facoltà di fisica, dal palazzo della quale scivola giù uno striscione su cui campeggia una riflessione di Calamandrei, hanno allestito un banchetto in cui si raccolgono firme contro le dichiarazioni del presidente emerito della Repubblica Cossiga. Si potrebbe in questo caso dire e scrivere Kossiga col K, come si faceva negli anni ‘70, perché a loro i recenti suggerimenti dell'ex capo dello Stato non sono proprio piaciuti: la teoria suggerita di infiltrare il movimento studentesco per farlo degenerare, magari con qualche morto, possibilmente una donna o un bambino, e legittimare una risposta repressiva dello Stato, non è secondo questi studenti la strada più giusta da percorre. All'interno invece, tra macchinari storici e foto del gruppo di via Panisperna, i corridoi e le scale sono un flusso costante di zaini e volti, alcuni un po' stanchi dopo aver dormito, in realtà molto poco, su qualche banco. Ma dormire, mi dice Lorenzo fuori da una pienissima Aula Amaldi dove non si può più entrare per la quantità di gente stipata, "è adesso superfluo, bisogna organizzare, lottare, programmare", tanto "per riposarsi c'è tutto il resto della vita, ora è il momento di mobilitarsi". Al massimo, ci si concede un caffè o un succo di frutta, a prezzo "proletario" o "politico" si diceva un tempo e si dice anche oggi, nei banchetti allestiti sotto la statua della Minerva la quale, anche questa notte, veglierà sul loro sonno.

Domani si conclude e si torna a casa, ma da lunedì è di nuovo agitazione con la Giornata internazionale degli studenti lanciata dal Social Forum mondiale e ripresa da quella del Social forum europeo di Malmo. Riparte dunque l'Onda anche se la didattica prosegue e si troveranno forme parallele di protesta, perché quello che proprio non vogliono questi surfisti con lo zaino in spalla è passare per perditempo, loro che del tempo vogliono riappropriarsi proprio partendo da una nuova idea di istruzione.