Aprileonline: La parità non richiesta
Per la segretaria confederale della Cgil, Morena Piccinini "il governo continua a sollecitare pareri di esponenti europei per trovare alibi alla propria idea di fare cassa sulla pelle delle donne"
Un aumento graduale dell'età pensionabile delle donne a partire dal 2010, per arrivare a quota 65 anni nel 2018. E' quanto prevede la bozza proposta del governo, inviata alla Commissione europea per l'esame, e che punta ad innalzare l'età pensionabile per le donne nella pubblica amministrazione di un anno per ogni biennio, per parificarla così a quella degli uomini.
L'età di pensionamento delle donne che lavorano nel pubblico impiego aumenterà gradualmente a partire dal 2010 per arrivare a quota 65 anni nel 2018. E' la soluzione individuata dal governo in risposta alla Ue che ha chiesto di equiparare l'età di pensionamento fra uomini e donne. La misura sarà inserita in un emendamento, a firma della senatrice Cinzia Bonfrisco (Pdl), al disegno di legge Comunitaria in Aula al Senato. Il testo della bozza della proposta, che si compone di un solo articolo, prevede "l'elevazione dell'età pensionabile per le dipendenti pubbliche".
L'Italia alcuni mesi fa è stata condannata dalla Corte di Giustizia Europea proprio per la discriminazione tra uomini e donne nella Pubblica Amministrazione. I giudici del Lussemburgo hanno ritenuto che sia ingiusto ai danni degli uomini limitare alle donne la facoltà di andare in pensione cinque anni.
L'avvocato dello Stato aveva argomentato che le donne in Italia sono discriminate nel mondo del lavoro, e che la facoltà di andare in pensione a 60 anni (potendo però continuare a lavorare fino a 65, come gli uomini) costituisce una parziale compensazione. Argomentazione che è stata rigettata: l'Italia, come ha più volte rilevato il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta, deve ora adeguarsi alla sentenza, per evitare sanzioni da parte di Bruxelles.
Nel resto dell'Europa, vale la pena sottolinearlo, non ci sono solo età pensionabili uguali, ma anche tanti servizi per le famiglie che in Italia ricadono ancora quasi esclusivamente sulle spalle delle donne costrette spesso a lavorare il doppio, sobbarcandosi il peso di figli, anziani e malati, per di più sempre svantaggiate rispetto agli uomini in termini di guadagno e di carriera. Su questo c'è nel nostro paese uno scandaloso ritardo da colmare e invece di migliorare la condizione delle donne che lavorano, le si costringerà solo a farlo più a lungo.
Per la segretaria confederale della Cgil, Morena Piccinini "il governo continua a sollecitare pareri di esponenti europei per trovare alibi alla propria idea di fare cassa sulla pelle delle donne. Per altro è dimostrato che il risparmio sulla spesa pensionistica sarebbe irrisorio, dato il basso numero di donne pubbliche dipendenti che già ora accedono al pensionamento di sessant'anni. Ma sarebbe rilevantissimo il risparmio sulla indennità di buona uscita, il che significa che il governo si appropria in modo indebito di competenze già maturate e che dovrebbero essere nella piena disponibilità di quelle lavoratrici".
La segretaria confederale della Cgil ritiene poi essere "una finzione inaccettabile l'affermazione che questi provvedimenti riguarderebbero solo il settore pubblico, dal momento che quell'aumento si trasmetterebbe inevitabilmente anche alle lavoratrici del settore privato provocando un effetto dirompente sul piano della occupabilità delle donne". Il problema vero, continua, è che "il governo usa la crisi per ridisegnare e comprimere tutto lo stato sociale e ridurre i diritti dei soggetti più esposti nel mercato del lavoro. L'applicazione della sentenza della Corte di Giustizia europea - conclude Piccinini - è solo una patetica scusa, la questione vera è: tagli, tagli e ancora tagli".
La Comunitaria approderà in Aula tra martedì e mercoledì della prossima settimana (molto probabilmente mercoledì) e il termine per la presentazione degli emendamenti scade dopodomani alle 19.
La senatrice Bonfrisco dovrebbe depositare l'emendamento già domani. La proposta, dice Bonfrisco, "contiene un'ampia delega" all'esecutivo per "mettere l'Italia al riparo da un processo di infrazione comunitaria e risolve il problema nella direzione auspicata anche dall'opposizione. Su questo punto c'è l'adesione ampia da parte di tutto il governo e dei ministri competenti".
A decorrere dal 2010, si legge nella bozza della proposta dell'esecutivo, "per le lavoratrici iscritte alle forme esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, il requisito di età per il conseguimento del trattamento pensionistico di vecchiaia e il requisito anagrafico sono incrementati di un anno. Tale età è ulteriormente incrementata di un anno, a decorrere dal primo gennaio 2012, nonché di un ulteriore anno per ogni biennio successivo, fino al raggiungimento dell'età di 65 anni".
"Restano ferme - viene sottolineato nel testo - la disciplina vigente in materia di decorrenza del trattamento pensionistico e le disposizioni vigenti relative a specifici ordinamenti che prevedono requisiti anagrafici più elevati, nonché le disposizioni di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 30 aprile 1997 numero 166 (limiti di età per la cessazione dal servizio)".
"Le lavoratrici che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2009 i requisiti di età e di anzianità contributiva previsti dalla normativa vigente prima della data di entrata in vigore della presente disposizione ai fini del diritto all'accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia, conseguono il diritto alla prestazione pensionistica, secondo la predetta normativa e possono chiedere all'ente di appartenenza la certificazione di tale diritto".