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AprileOnLine: Le radici del bullismo

Vale la pena fermarsi un attimo a riflettere, per comprendere radici e cause di una delirante realtà

21/11/2006
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Aprileonline

E.S., 20 novembre 2006

Ci sono due cose che lasciano attoniti più di ogni altra in queste giornate caratterizzate dalle notizie provenienti dal mondo della scuola, infestato da una violenza minorile bassa e stupida, legata a questioni di fondo che non possono in alcun modo essere ignorate in un momento come questo.

Innanzi tutto bisogna annotare una tendenza non soltanto nazionale dl fenomeno, come le storie provenienti in questi ultimi giorni anche da paesi quali Germania e Gran Bretagna confermano.
Quasi scimmiottando i loro coetanei statunitensi, che oramai da qualche tempo ci hanno purtroppo abituati a bravate trasformatesi in tragedie orribili, nel nord della Westafalia un diciottenne, dopo aver sequestrato e ferito alcuni professori e allievi, aveva deciso di far saltare in aria la scuola dove aveva studiato, come scritto nella lettera di addio comparsa su Internet, nella quale il giovane denuncia: "L'unica cosa che ho veramente appreso a scuola è stato che io sono un perdente", insieme ad altre confessioni agghiaccianti, come "Io detesto la gente", e l'epitaffio affidato alle parole "Io me ne vado...", elemento che lascia supporre il suicidio del ragazzo, seppure le eventuali responsabilità delle teste di cuoio tedesche non sembrano del tutto fugate.
Dal Regno Unito arriva invece lo sconfortante dato riguardante il diffondersi del cosiddetto "bullismo", che sembra al momento coinvolgere il 50% degli adolescenti inglesi, peggiorando così una statistica poco rassicurante già in anni precedenti.

La gravità della situazione è stata scoperta anche nel nostro paese, a partire dell'increscioso episodio del ragazzo diversamente abile offeso e aggredito da quattro suoi compagni di classe, mentre gli altri filmavano compiacenti il tutto con i loro videofonini, o nel migliore dei casi si voltavano dall'altra parte, confusi tra la vergogna e l'omertà. Dove poi si trovasse il professore di turno in quella fascia oraria, non è ancora dato sapere.

A questa denuncia, arrivata abbastanza fortuitamente sempre grazie alla Rete, ora non passa giorno in cui le cronache dei maggiori quotidiani nazionali non siano riempite da pistole-giocattolo puntate alla tempia del docente, cattedre ribaltate, abusi sessuali di branco nei confronti di ragazzine neanche quindicenni, sino all'ultima sconvolgente accusa rivolta nei confronti di una maestra per bambini, ritenuta responsabile di legare e all'ocorrenza imbavagliare fanciulli troppo vivaci e ciarlieri. E proprio da questa valanga di informazioni sul tema prende spunto un'altra riflessione.

Viene naturale chiedersi come mai soltanto ora spuntino tutte queste attenzioni massmediatiche per la violenza nei luoghi di istruzione pubblica. Possibile che un dramma di tale portata sia scoppiato soltanto adesso, o non ci si trovi invece di fronte a una "massificazione della notizia", come da tempo ci hanno assuefatto i mezzi di informazione? Che facevano tali mezzi di informazione fino alla scorsa settimana, dove si trovavano, che cosa ci raccontavano? Possibile che la normalità sia diventata quella di proporre una notizia secondo la logica della soglia di attenzione, e quindi di gradimento, della pubblica opinione? E tra due settimane, quando magari la cronaca sarà occupata da un misterioso omicidio o da una nuova moda collettiva (le due ragazze brasiliane morte per anoressia sembrano aver aperto un nuovo filone giornalistico, mentre dell'emergenza a Napoli si parla ogni giorno sempre meno...), che fine faranno le violenze praticamente quotidiane consumate nelle aule italiane?

Forse l'origine di questo bullismo di nuovo secolo deriva anche da qui: da questa ossessione alla ricerca dell'evento, dell'eccezione che spezzi la monotonia della regola, dell'immagine che fissi l'esistenza propria e altrui, memori involontari della famosa teoria del "quarto d'ora di celebrità" certificata da uno schermo televisivo, ora sostituita dallo scatto di un cellulare, per poi essere trasferita nel mondo globale rappresentato dall'universo della rete.

Vale la pena fermarsi un attimo a riflettere, per comprendere radici e cause di una delirante realtà, che non può essere abbandonata arbitrariamente nelle mani di adolescenti che dalla scuola, come dalla famiglia e dalla società, rischiano soltanto di apprendere di essere dei perdenti.