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Aprileonline: Non sulla nostra pelle

Dopo quasi un anno di governo, è ormai chiaro a tutti quello che la Gelmini vuole fare della scuola pubblica: liberarsene. Meno forte e diffusa è invece la percezione di un disegno complessivo di destrutturazione dei diritti e delle libertà che il governo sta portando avanti. C'è bisogno di mettere insieme i pezzi che il governo vorrebbe divisi per restituire questo attacco complessivo al mittente e riprenderci la possibilità di costruire il nostro futuro. Ecco perché noi studenti saremo in piazza con la Cgil

02/04/2009
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Aprileonline

Quasi cinquecento assemblee studentesche e iniziative in tutte le città d'Italia. E' questo il bilancio della fase straordinaria di mobilitazione che la Rete ha promosso verso la manifestazione di sabato 4 aprile, fase che ci ha consentito di far ripartire il lavoro delle reti associative locali dopo la pausa post-autunnale, rimettendo in circolazione idee, informazioni, spunti di mobilitazione. Abbiamo incontrato nelle assemblee centinaia di studenti: quello che abbiamo registrato è soprattutto una forte paura del futuro, una forte preoccupazione.

Il clima dentro le scuole è sicuramente cambiato rispetto ai mesi autunnali, nei quali era esploso il movimento contro i provvedimenti del duo Tremonti-Gelmini: dopo la grande manifestazione del 30 ottobre, il 14 novembre e il 12 dicembre, ha cominciato a farsi strada all'interno del movimento studentesco una fase di riflessione su come sia possibile continuare a portare avanti la battaglia in difesa del nostro futuro di fronte a un governo che non si ferma neppure davanti a piazze gremite e ad onde oceaniche di manifestanti.

Non è difficile immaginare il senso di delusione e di distacco di chi, come tanti degli studenti scesi in piazza contro la legge 133 e la legge Gelmini, ha visto vanificare lo sforzo di farsi sentire, di voler partecipare, di voler dire la propria su qualcosa che ci riguarda da vicino come il nostro diritto a studiare, a crescere, a trovare un lavoro. Una delusione che si unisce al vento dell'antipolitica che batte sul nostro Paese da anni, alla sempre maggior diminuzione del grado di fiducia nelle istituzioni democratiche da parte di tutti i cittadini (ma soprattutto dei giovani) e che rischia di trasformarsi in una corsa al "si salvi chi può" in questo momento di difficile crisi.

La sfida della Rete, nata ad ottobre, è proprio quella di tentare di dare forza e di rappresentare la condizioni degli studenti, di unificarle in rivendicazioni collettive, di incanalare la rabbia e l'indignazione diffuse in possibilità di agire e di produrre cambiamenti, a partire dalla dimensione più vicina allo studente: la propria scuola, la propria classe.

C'è infatti un bisogno disperato di restituire alle persone la convinzione di poter contare, di poter essere protagonisti, di poter decidere del proprio futuro. Il ministro Gelmini ha presentato alcune settimane fa le linee guida della nuova materia che si è inventata per dare una parvenza democratica al suo operato: l'ora di Cittadinanza e Costituzione, che, alla strenua dell'ora di economia domestica, dovrebbe insegnare agli studenti cosa vuole dire essere cittadini attraverso libri e percorsi illustrati. Questo mentre il nuovo regolamento della valutazione introduce criteri del tutto discrezionali per la valutazione del comportamento degli studenti, facendo venir meno il principio basilare che in una comunità debbano esistere regole certe e riconosciute da tutti.

C'è dietro un profondo fastidio di questa maggioranza di governo rispetto a tutto ciò che la pensa diversamente da lei, da chi immagina un Italia diversa da quella sognata dal premier sul palco megalito e sfavillante del congresso del PdL, da chi vorrebbe avere la possibilità di dissentire. Con il cambio unilaterale delle regole il governo tenta il suo attacco ai diritti, alla democrazia: basta pensare alla vicenda Englaro o all'accordo sulla contrattazione sindacale che ha visto esclusa la CGIL. In questo senso per noi è centrale proprio un alleanza con la CGIL e con gli altri soggetti dell'associazionismo e del sociale che vogliono fermare la deriva autoritaria del governo. Per noi è ora prioritario condurre questa battaglia dentro le scuole, dando forza alla rappresentanza studentesca, che ora la maggioranza vorrebbe eliminare con il progetto di legge Aprea, difendendo gli spazi di partecipazione che abbiamo, portando alla luce del sole i problemi e le aspirazioni degli studenti, che troppo spesso l'opinione pubblica vede solo con gli occhi falsati dei media.

Sono anni che si parla degli studenti solo rispetto al fenomeno del bullismo: gli italiani vedono ormai la scuola più sui video di youtube ripresi dalle telecamere dei TG e dei talkshow che nella vita reale. Questo produce un effetto di disorientamento: per i genitori è difficile accettare che nel frugoletto con il quale si sta cenando tranquillamente si celi un mostro che senz'altro, a detta del TG, entrerà in una baby-gang e distruggerà la scuola dopo aver stuprato reiteratamente la bidella.

Siamo al paradosso. Come verso altre categorie della società, come i lavoratori pubblici e gli immigrati, si sta portando avanti un'operazione di criminalizzazione. L'ultima è quella di Brunetta con i guerriglieri: il tentativo è di dividere, di creare panico, di screditare le richieste reali delle persone, di nascondere l'immobilismo e l'incapacità di affrontare la crisi da parte del governo.

Di fronte a questi tentativi ci vuole la capacità di mettere a nudo la verità. Quest'autunno, anche con la nostra campagna sull'"emergenza ballismo", ci siamo riusciti, facendo emergere chiaramente che le proposte della Gelmini per ridare serietà alla scuola, come il grembiulino e il maestro unico, erano delle enormi balle per nascondere l'operazione di tagli indiscriminati imposta da Tremonti. Un'equazione semplice che siamo stati in grado di comunicare a tutti, che ha messo il governo in forte difficoltà, che ha fatto scendere in piazza per la difesa della scuola pubblica non solo docenti e studenti, ma anche genitori, pensionati, precari, lavoratori di altri settori.

Ora il muro mediatico del governo è stato ricostruito, e il silenzio è sceso anche sul movimento in difesa della scuola pubblica, che è stato forse quello che è riuscito a dare maggiormente fastidio a questo governo e a ritardarne l'azione in maniera sensibile. La ripresa delle mobilitazioni in primavera, con la manifestazione del 13 febbraio, quella del 5 marzo e quelle del 18 marzo, hanno smentito chi diceva che ormai il governo aveva il sostegno di una maggioranza silenziosa, che la protesta era limitata a gruppi di facinorosi e di "ragazzotti in cerca di emozioni". Maggioranza silenziosa che ha dimostrato di essere tutt'altro che favorevole alle scelte del governo in due grandi prove di democrazia, molto diverse ma altrettanto significative: la bocciatura del maestro unico da parte dei genitori attraverso le iscrizioni alle scuole elementari e la consultazione della CGIL sull'accordo separato sulla contrattazione.

Sono i primi segnali che è necessario ridar voce alla realtà, bisogna squarciare il cielo azzurro che sempre sovrasta il sorriso del nostro sempregiovane premier. Nelle scuole italiane il cielo si è già aperto: i tagli sono ormai tangibili. Le condizioni delle strutture peggiorano, di fronte alla mancanza di fondi anche per gli interventi di piccola manutenzione, aumentano le spese chieste agli studenti per le attività ordinarie, per mantenere aperti laboratori e per garantire l'offerta formativa, mancano supplenti, tecnici di laboratorio, le scuole al pomeriggio rimangono chiuse con buona pace delle attività extrascolastiche e autogestite.

È incombe il dramma della crisi su un numero sempre maggiore di studenti e di studentesse, che di fronte alla povertà dilagante (sono più di un milione e mezzo i minori sotto la soglia di povertà in Italia) e alla perdita del lavoro dei genitori, sono costretti a dover contribuire al reddito famigliare, spesso con lavori in nero, a volte nella piccola criminalità.

Un fenomeno in aumento, quello degli studenti-lavoratori, che spesso ha come conseguenza l'abbandono precoce degli studi, in quanto non esistono forme di tutela per gli studenti che consentano di poter proseguire gli studi e di raggiungere un pieno successo formativo rendendo compatibili le attività di studio con quelle di lavoro e, ancor più alla base, non esistono misure efficace in favore del diritto allo studio e per l'abbattimento dei costi dell'istruzione. Basti pensare che la maggior parte delle risorse pubbliche per il diritto allo studio in molte regioni se ne vanno nei buoni scuola che finanziano le scuole private, e che siamo in un Paese in cui non ci sono abbastanza fondi per dare la borsa di studio a tutti quelli che sulla carte ne avrebbero diritto.

Le condizioni reali della nostra generazione, fuori dalle riprese di YouTube, sono quelle di una generazione che ha meno opportunità dei propri genitori, un futuro più incerto, meno diritti, meno sicurezza. Una condizione esistenziale precaria, che spesso ci fa sentire spaesati, incapaci di costruire progetti e relazioni, di immaginare il domani. Nelle piazze di questo autunno c'era soprattutto questa sensazione di essere stati rapinati del proprio futuro, una rabbia mista a rassegnazione che poi diventa subito voglia di mettersi a recuperare il gap, di riprendersi il proprio diritto ad avere la possibilità di essere felici, di determinare il proprio futuro. Una voglia di riscatto che si esprime in molte forme, che spesso è sfuggente e irrappresentabile, ma che ha bisogno di strumenti per esprimersi e per chiedere risposte.

Ecco perche la sfida del Circo Massimo non è solo una questioni di numeri: dovrà essere una piazza abbastanza grande da contenere, se tutto andrà bene, tutta la rabbia e la voglia di cambiare il futuro, di avere politiche diverse in risposta alla crisi dal nostro governo e dalle istituzione internazionali. Abbastanza grande da raccogliere proprio quella voglia di riscatto, quella esigenza di futuro espressa quest'autunno. Abbastanza da chiarire a tutti quelli che ci guarderanno che non sii può giocare con il nostro futuro, non sulla nostra pelle!

Luca De Zolt * Portavoce nazionale Rete degli studenti medi