“Parterre de rôi” ieri a Roma alla Sala Associazione Stampa Estera, in occasione della presentazione del libro “La nostra scuola”, trascrizione di una conversazione dell’ex-ministro della pubblica istruzione Letizia Moratti con il giornalista del Corriere della Sera Piero Ostellino, naturalmente pubblicata dal gruppo Rcs libri (pp.143, € 15).
In prima fila nientemeno che un sereno e sorridente Gianni Letta, al quale la perdita degli incarichi di potere pare aver fatto bene, o almeno sicuramente molto meglio che al presidente-padrone servito e riverito nel corso della passata legislatura; al suo fianco, riconoscibile dalla solita barba da ex-intellettuale militante, che un pò ancora stride con l’azzurro d’ordinanza indossato da un paio di lustri a questa parte, il deputato di Forza Italia Ferdinando Adornato, punta di diamante dell’intellighenzia di corte berlusconiana, già editorialista dell’Unità, poi fortunatamente rinsavito. Confusi tra il pubblico, qualche ex-sottosegretario pronto al battimani ogni volta che la Moratti ricorderà l’infausta “scorporazione del mio ministero” voluta dall’attuale maggioranza, un pugno di senatori, un defilatissimo professor Aldo Schiavone, e il direttore del “Sole 24 ore “ Ferruccio De Bortoli, che alla prima occasione buona, dopo neanche un quarto d’ora, guadagna d’astuzia la via d’uscita. Il resto è composto dalla curva di fede morattiana, pronta a scaldarsi quando le telecamere Rai (mandate per confezionare la prossima puntata “culturale” di Gigi Marzullo…) e quelle di SkyNews24 si accendono su di loro. Un robusto servizio d’ordine controlla che niente vada per storto, che non ci siano voci fuori-campo. Tutti pronti, inizia lo spettacolo.
A fare gli onori di casa è Yossi Bar, Presidente dell’Associazione Stampa Estera in Italia, che introduce i due prestigiosi ospiti, il nuovo sindaco di Milano e l’editorialista del maggior quotidiano nazionale. Ostellino prende la parola, ed è magistrale la sua prova di finto equilibrismo critico, teso invece a insinuare quanto siamo stolti, noi cittadini italiani, per non aver compreso di esser rimasti orfani di cotanto genio, cioè quello dell’elegantissima
lady Moratti, costretta a governare una città come Milano per i prossimi cinque anni, quando soltanto con un piccolo sforzo in più da parte nostra nell’urna elettorale, avrebbe ancora potuto scorrazzare con la sua riforma-spezzatino tra i banchi delle nostre scuole e le aule delle nostre università. Un vero peccato. Ma la riforma non morirà tanto facilmente, ammonisce la tagliente e liberale penna del “Corsera”, perché i presupposti sono quelli giusti, ed era dai tempi di Giovanni Gentile che si attendeva un riforma così. Capito?
Tocca alla regina della festa, e i suoi ringraziamenti vanno a tutti coloro che hanno creduto in lei, ora come allora, salvo poi spiegarci che tutto quello che della riforma si salva è farina del suo sacco, mentre tutto quello che non va è colpa di Berlinguer Luigi, De Mauro Tullio, e perché no, anche Bassanini Franco: dipende dai giorni, dagli orari, dagli impegni, gli aerei per Milano, i nuovi impegni istituzionali (ahimé…), e comunque grazie a tutti, siete meravigliosi.
Il sorriso plastificato della Moratti annuncia il congedo, ma siamo in democrazia, e tocca sottoporsi al fuoco di fila delle domande provenienti dall’ostile platea. A rompere il ghiaccio ci pensa Gaetano Quagliariello, classe ’60, senatore della nostra Repubblica, eletto nelle liste…va bé, passiamo oltre.
“Caro ministro”, è l’esordio infelice del senatore, che mette in difficoltà l’uditorio. “Ex-ministro”, sussurra qualcuno, e parte la caccia al delatore. “Grazie, ministro”, conclude Quagliariello in evidente stato confusionale, e a quel punto è la stessa Moratti a sussurrare con modestia: “Sindaco, caro senatore, sono soltanto sindaco”.
La palla passa a un giornalista del quotidiano francese “Le Figaro”, che si distingue subito per la sua pungente osservazione: “In Francia si direbbe che lei ha provato a dimagrire l’elefante, eppure è stata subissata di critiche. Non sarà forse colpa di una cattiva informazione sui contenuti delle sue proposte?”. A questo punto, visto il timidissimo accenno di critica all’invitata d’eccellenza, corre in soccorso il prode Ostellino, anche perché altrimenti non si capisce cosa fosse venuto a fare.
“L’altra sera ero a cena a Milano – racconta il giornalista – e una mia amica ha detto: 'L’importante è che non si tocchi la Costituzione'. 'Ma l’hai letta la Costituzione?', le ho chiesto. 'No', mi ha risposto”. Fine della parabola, risate di buon gusto, il trionfo del surrealismo all'amatriciana.
L’epilogo dell’indimenticabile incontro ci regala baci, abbracci, promesse, autografi, telecamere, microfoni, interviste, primi piani, bagno di folla e applausi scroscianti: è la fiera del vuoto, il festival del nulla, così come bene ha insegnato la scuola-Mediaset. Dove, un giorno, ci dovremmo finalmente decidere a iscriverci, tutti quanti: professori e studenti, insegnati e alunni, maestri e scolari. Sarà l’occasione giusta per imparare qualcosa.
|