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Aprileonline: Una scuola all'insegna del meno

Alba Sasso

14/09/2009
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Aprileonline

L'apertura del nuovo anno scolastico inaugura la "scuola che respinge". E' finita un'epoca, quella della scuola secondo Costituzione che ha il compito di fornire opportunità di sapere a tutti, senza distinzione di "razza, sesso e religione", di garantire un diritto primario, di combattere le diseguaglianze. E ne comincia un'altra , quella di una scuola povera di risorse, ma anche di saperi e di orizzonte

Una preghiera: smettiamo quando parliamo delle misure prese da Gelmini e Tremonti sulla scuola di parlare di " riforme".
Perché il ministro sta facendo altro: sta applicando diligentemente la selvaggia riduzione di risorse al sistema di istruzione pubblico, operata dal famigerato decreto Tremonti (8miliardi di euro in tre anni), chiamandola, appunto riforma. E, dunque, l'anno scolastico si apre all'insegna del meno. E il meno comincia dagli asili nido e dalle scuole dell'infanzia. Quante bambini e bambini andranno a spasso quest'anno per la diminuzione dei posti nei nidi e negli asili pubblici! Lo sanno le ministre e viceministre Carfagna e Roccella che tanto si occupano delle pari opportunità e della famiglia,e se lo sanno intendono occuparsene?

E davvero si può chiamare riforma questo brutale ritorno all'indietro nella scuola elementare, a un modello anni cinquanta : il maestro ‘solo' che deve insegnare "non tutto, ma di tutto"? Non racconta certo Mariastella Gelmini che la maggior parte dei genitori ha scelto il modello dei tre maestri su due classi, quel modello che ha portato la scuola elementare ai primi posti nelle comparazioni internazionali. E allora di che parla, cosa minaccia nei confronti di quei dirigenti (fanno politica!) che si sforzano di far quadrare le cose per soddisfare la legittima richiesta delle famiglie? E si può chiamare tempo pieno quella formula che riecheggia un doposcuola d'altri tempi?

E la riduzione di ore nella elementare, nella media, e anche nella superiore (anche se lì i tagli più massicci saranno nel prossimo anno) a quale principio di qualità corrisponde? E la riduzione di insegnanti e la strage di precari? Diciottomila i precari letteralmente buttati fuori dalla scuola solo per quest'anno. Qualcuno si sta chiedendo perché mai questa massiccia e , in qualche modo sconsiderata, riduzione di insegnanti (si parla di 130.000 posti in meno in tre anni) dovrebbe ‘ salvare' la scuola italiana? Serve a migliorare l'apprendimento avere classi più affollate, cambiare insegnanti ogni anno? Serve avere una scuola più povera nel momento in cui sarebbe necessario rafforzarne la funzione educativa di fronte a una progressivo imbarbarimento culturale del paese? E mancando gli strumenti per far fronte alle difficoltà degli alunni, la scuola sarà costretta ogni giorno di più a lasciare per strada i più deboli. Non a caso si torna seccamente ai voti , alle medie aritmetiche, ai giudizi senz'appello. E i bambini stranieri diventano quote e percentuali.

Ecco, il senso del cambiamento sembra proprio questo: una scuola che respinge. Sembra finire un'epoca, quella della scuola secondo Costituzione che ha il compito di fornire opportunità di sapere a tutti, senza distinzione di "razza, sesso e religione", di garantire un diritto primario, di combattere le diseguaglianze. E ne comincia un'altra , quella di una scuola povera di risorse, ma anche di saperi e di orizzonte.
Certo che la scuola italiana ha bisogno di riforme e di cambiamenti. Certo che il paese, la sua economia e la sua democrazia hanno bisogno di più sapere e più cultura per un numero sempre più consistente di cittadini. Perché un paese non cresce se non cresce il livello culturale della maggior parte della sua popolazione. Perché chi pensa al futuro ha l'obbligo di investire nel sapere e nella formazione. E di investire danaro e intelligenza.

Nei giornali di oggi si legge un sunto delle "riforme" gelminiane. Voto in ginnastica, sms alle famiglie per avvisarle delle assenze dei figli, pagelle online, ecc., più appunto maestro unico e licenziamenti.
E questo perché la vera riforma sarà quella del disegno di legge Aprea, aziendalizzazione e privatizzazione. E il cerchio si chiude.

A Nisida dove Gelmini si è rifugiata per timore di contestazioni, e dove nel suo discorso, forse per l'emozione, carcere al plurale è diventato i carceri, ha trovato manifestanti e cartelli eloquenti . "Meno scuola, meno cervello". Ma che fosse proprio questo, come molto più candidamente svela Brunetta col suo livore verso la cultura, l'obiettivo di questo governo?