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.«Ata ex enti locali: la Corte europea condanna l'Italia»

La situazione che si era venuta a creare, secondo i sindacati, era paradossale, con persone pagate diversamente pur avendo lavorato lo stesso numero di anni nella scuola

24/06/2011
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Libertà

Avrà ricadute anche nella provincia di Piacenza la recente sentenza della Corte europea intervenuta sull'annosa questione degli Ata - bidelli, personale tecnico e amministrativo della scuola - che da dipendenti degli enti locali erano stati passati alle dipendenze dello Stato (un centinaio a Piacenza). La Corte europea interviene oggi a dire che gli Ata ex dipendenti degli enti locali hanno diritto alla carriera, dopo che il ministero del Tesoro era intervenuto a chiedere indietro le somme in precenza ricevute. Una somma formata da un forfait che oscilla dai 2mila ai 10mila euro - ma c'era anche un assistente di laboratorio oggi in pensione che dovrebbe sborsare 30mila euro - più un taglio allo stipendio variabile dai 100 ai 300 euro mensili per chi era ancora al lavoro. A Piacenza sono in tutto quasi una cinquantina i lavoratori che si erano rivolti alla Corte europea, e per i quali oggi c'è stato il pronunciamento a favore. «E' un contenzioso che va avanti da anni - spiega Lucia Galeazzi, segretaria Cisl Scuola - da quando, al momento del passaggio, questo personale si era visto negato il diritto alla ricostruzione della carriera. Il ricorso di Cisl e Cgil - prosegue la Galeazzi - aveva ricevuto sentenza favorevole, affermando che questi lavoratori avevano diritto alla ricostruzione della carriera e quindi a ricevere gli arretrati. Nel frattempo lo Stato ha fatto ricorso alla sentenza, e circa un anno e mezzo fa il Tesoro è partito a chiedere indietro i soldi che nel frattempo era stati dati ai lavoratori. Contro questi prelievi coatti è stato presentato ricorso alla Corte europea».
La situazione che si era venuta a creare, secondo i sindacati, era paradossale, con persone pagate diversamente pur avendo lavorato lo stesso numero di anni nella scuola, lavoratori per i quali la sentenza non era ancora passata in giudicato, e che avrebbero dovuto restituire migliaia di euro. E chi, fra loro, non era in pensione con la spada di Damocle di tornare ad uno stipendio più basso