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La scuola italiana? Promossa

Parola del ministro della Pubblica istruzione: «Quando i nostri ragazzi vanno all'estero sono sempre i migliori», dice Francesco Profumo che difende la sua "riforma del merito": «Capacità e impegno vanno premiati».

06/09/2012
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Per il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo l'anno scolastico comincia all'insegna dell'ottimismo, nonostante le recenti polemiche sui prossimi concorsi per i docenti. Il ministro è sereno. In questi mesi di mandato ha visitato moltissime scuole, da Nord a Sud «per compensare la carenza iniziale, perché ho fatto per tutta la vita l'ingegnere e il ricercatore, anche se ho due figli e una moglie insegnante». Risultato: la scuola italiana è promossa con una sufficienza piena. C'è bisogno di qualche oliatura, ma non è il caso di cospargerci il capo di cenere, come succede puntualmente quando le varie Ocse Pisa ci danno i voti.

Va davvero tutto bene, signor ministro? «Certamente la scuola patisce delle difficoltà, ma dobbiamo rapportarci ai numeri. Gli studenti sono 8 milioni. Se non funziona qualcosa per l'un per cento, si tratta di 80 mila studenti, una città un po' più grande di Savona, dove sono nato io. Sulla scuola dovremmo essere più concreti e più sereni».

Si sentirebbe di dire che la nostra è una scuola di qualità, dispersione a parte? «Mi limito a indicare alcuni dati. Quando i nostri ragazzi vanno all'estero, sia durante i percorsi delle scuole superiori sia durante l'università, sono sempre i migliori. Io credo che il nostro sistema scolastico sia molto più formativo e meno informativo di altri. È un valore che dobbiamo conservare».

Cos'è allora che non funziona? «Credo ci sia stata una mancanza di governance, dovuta anche a questo sistema complesso per cui c'è un ministero centrale e una programmazione fatta invece dalle Regioni, mentre la proprietà degli edifici e in buona parte della Provincia. Una situazione anomala. Per questo dico che un'oliatura si può dare».

Come mai andiamo così male nei test internazionali? «La nostra scuola ha poca abitudine a quel tipo di test. Siamo abituati al temino e non abbiamo il rispetto dei tempi, tant'è che esistono i fuoricorso. Come è possibile seguire un corso di storia greca oggi e sostenere l'esame dopo tre anni? È un buon insegnamento per la sua vita?».

Ci sono studenti che lavorano, il raddoppio della tassa per i fuoricorso penalizza molto... «Ci sono persone per le quali è possibile prevedere un "contratto" di tipo part-time, perché lavorano, ma con chi fa lo studente e basta dobbiamo essere rigorosi».

 Pensa di poter fare qualcosa prima della fine del suo mandato per la scuola media inferiore, che pare quella in maggior difficoltà? «Credo che effettivamente sia l'anello debole del sistema, per due motivi: viene a coincidere con un momento delicato come l'inizio dell'adolescenza e poi è rimasta un ibrido, senza una anticipazione reale di una scuola più autonoma quale deve essere la scuola superiore».

Pensa necessiti di una riforma? «Il Paese ha avuto fin troppe riforme, ma ancora una volta ci vuole un po' di oliatura».

Concretamente cosa pensa di fare? Perché fino ad ora la politica degli istituti comprensivi sembra sia andata nella direzione opposta. «È piuttosto un problema organizzativo: i momenti transitori sono i più difficili perché ancora il nostro Paese ha una limitata capacità di programmazione. Si comincia a pensare all'istituto in cui ci si iscriverà troppo a ridosso del momento in cui questo avviene».

 Non è sufficiente rafforzare l'orientamento? «No, immagino che bisognerà prevedere nel triennio della media, se rimarrà un triennio, un primo anno ancora collegato alla modalità della scuola elementare e un ultimo vicino a quello che avviene nella secondaria. Quindi un aggiustamento non solo dei programmi ma anche della gestione dell'aula e del rapporto coi docenti».

 Lei pensa che la sua riforma del merito, molto contestata, possa davvero aiutare la scuola italiana a superare le attuali difficoltà? «Sono convinto che sia una riforma prima di tutto per l'Italia. Purtroppo tutte le volte che ci confrontiamo con cittadini di altri Paesi abbiamo evidenti difficoltà. Per poter competere bisogna essere bene attrezzati. E cioè più preparati e capaci di valorizzare le proprie capacità. Io non amo il termine meritocrazia, ma credo che la capacità, che è una dote che ciascuno di noi ha dalla nascita, e l'impegno, che invece dipende dalla nostra volontà, debbano essere premiati».

Che cosa cambia la "riforma del merito"? «Un segnale molto forte. La scuola ha sempre una grossa presa sul Paese. Quando i nostri ragazzi vanno a casa e riportano ciò che è stato loro insegnato a scuola, quello è un messaggio che coinvolge tutta la comunità, quindi premiare il merito ha un grandissimo valore, non solo per il singolo. Vedo questa riforma come una specie di educazione civica».

Ancora una volta si parla purtroppo di tagli per la scuola. Soprattutto per la paritaria dove i tagli sarebbero del 60 per cento... «Questo non è vero. In realtà il finanziamento alla scuola in generale non verrà toccato. Per quanto riguarda la paritaria, tutti gli anni c'è stata un'aggiunta di circa 200 milioni per completare il finanziamento triennale, e ci sarà anche quest'anno».

Siamo in vista di cambiamenti importanti: ci sarà spazio per i genitori? «Nel nuovo modello ci sarà una maggiore autonomia della scuola e quindi un maggior coinvolgimento di tutta la comunità e anche dei genitori. Il modello dell'autonomia è stato già approvato, adesso è in Parlamento la norma relativa alla governance».

Qual è il suo messaggio agli studenti che cominciano il nuovo anno? «Un messaggio di fiducia. Stiamo lavorando a una scuola in cui non siano toccate le risorse per il cuore del sistema che sono gli studenti, con un processo di rinnovamento che certamente avrà delle ricadute importanti sulla società». ¦

 

da Famiglia Cristiana