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Avanti: Scuola pubblica, bisogna guardare avanti

RIFLESSIONI SULLE PROPOSTE AVANZATE DAL PATRIARCA DI VENEZIA, IL CARDINALE SCOLA

21/07/2006
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Avanti!

La clamorosa intervista sul “superamento” della scuola statale, quasi un’intera pagina rilasciata dal patriarca di Venezia, cardinale Scola, al “Corriere della sera” di domenica 16 luglio, ha avuto echi importanti e non c’è da sorprendersi se le reazioni si sono polarizzate, con poche eccezioni, attorno alle due posizioni estreme: di adesione entusiastica e acritica da una parte, e di rifiuto totale, e altrettanto acritico, dall’altra. Peccato, perché così si rischia di mandare in onda soltanto un’altra puntata della storica querelle che ha diviso nel dopoguerra lo schieramento laico – arroccato in difesa del “senza oneri per lo Stato” - da quello prevalentemente (ma non solo) cattolico, che ha provato in vari modi ad aggirare la preclusione costituzionale al finanziamento delle scuole private: ne è testimonianza la contorta e un po’ ipocrita legge n. 62/2000 (ministro Berlinguer) sulla parità scolastica, che ha offerto qualche chance di finanziamento alle scuole private che hanno chiesto la “parità” (quasi tutte) al prezzo di inserire nel sistema pubblico anche le scuole private diventate paritarie. Peccato, perché gli argomenti sviluppati dal cardinale Scola potrebbero offrire un terreno di confronto per andare al di là di contrapposizioni ormai datate, ma che tendono a ripresentarsi in forma tradizionale, in una sorta di malinconica coazione a ripetere. Merita attenzione, per esempio, la sua proposta di andare oltre la legislazione sulla parità (le scuole paritarie sono solo “una bella o una brutta copia” della scuola statale, ha detto), sostituendola con un serio sistema pubblico di accreditamento delle singole scuole, qualunque sia il soggetto che le gestisce: lo Stato, gli Enti locali o i privati. Il cardinale riconosce il carattere positivo della funzione storicamente svolta dalla scuola statale in Italia: essa ha risposto “a un’istanza giusta (…), di trovare un patrimonio comune che configurasse il cittadino”. Questa istanza, “fondamentalmente codificata dalla riforma Gentile”, è stata poi recepita dalla Costituzione repubblicana, e ha caratterizzato il panorama della scuola italiana almeno fino all’avvento dell’autonomia delle scuole (“solo che in Italia autonomia e decentramento sono per ora timidi vagiti”). L’interrogativo che il cardinale solleva (legittimamente, a mio avviso) è se questa istanza sia ancora attuale in tempi di multiculturalismo, multimedialità, “meticciato di civiltà”. Si può certamente sostenere che una coerente e compiuta attuazione dell’autonomia delle scuole (anche finanziaria) presenterebbe alcuni dei vantaggi così indicati dal cardinale Scola: “Maggiore creatività pedagogica, maggiore libertà quanto ai programmi, ai contenuti, ai metodi di insegnamento, una sana e controllata emulazione, capacità di non escludere l’elemento del rigore nel perseguire l’eccellenza, miglior nesso col mondo del lavoro”. Si nota qui una certa affinità con le tesi sostenete anche recentemente, per esempio, dalla Associazione Treelle, e con posizioni minoritarie emerse nel dopoguerra sia nel mondo cattolico liberale (Giovanni Gozzer, più recentemente Dario Antiseri) sia in quello socialista riformista (il Claudio Martelli del “buono scuola”). Ma il punto che merita approfondimento, e un confronto senza pregiudizi, è quello, appena accennato da Scola, di un serio e rigoroso sistema di accreditamento delle scuole (statali e non), che consentirebbe allo Stato di mantenere il controllo degli standard di qualità, tra i quali dovrebbe naturalmente rientrare anche il fatto che le scuole siano aperte a tutti, senza discriminazioni né privilegi di alcun genere, soprattutto di carattere etnico-religioso. Accanto all’accreditamento si dovrebbe prevedere anche un rinnovato esame di Stato, con prove nazionali oggettive e commissioni affidabili, cioè essenzialmente esterne. E una riscrittura dei programmi, centrata sulle competenze chiave e sui livelli di apprendimento anziché sui contenuti. E un robusto e qualificato servizio ispettivo nazionale. E un efficace servizio nazionale di valutazione indipendente. Senza queste garanzie avrebbero ragione coloro che paventano la frantumazione del sistema. Ma senza di esse non si avrebbe né vera autonomia delle scuole, né qualità. In questa prospettiva, anche il problema del finanziamento dell’offerta formativa, considerata nel suo insieme, meriterebbe di essere approfondito. Ma guardando in avanti, alle nuove esigenze, non all’indietro, alle vecchie pregiudiziali. Il ministro Fioroni ha detto che le parole del cardinale Scola “meritano riflessione e approfondimento”. Siamo d’accordo con lui, ci proviamo

Orazio Niceforo