Aylan: storie di morte e di mancata accoglienza interrogano anche la scuola
di Aluisi Tosoloini
Aylan è stato sepolto ieri, assieme a suo fratello e alla mamma a Kobane. Da dove la famiglia aveva tentato la fuga che si è tragicamente conclusa sulle spiagge di Bodrum, famosa località turistica della Turchia.
La foto di Aylan ha fatto il giro del mondo, anche se certo la sua morte ha cambiato davvero poco nella percezione della tragedia immane che abbiamo davanti. Molti infatti continuano a ritenersi invasi da gente che mette in discussione il nostro perbenismo e le nostre sicurezze.
Guardo la foto di Aylan
Ma non è su questo che voglio riflettere. Guardo la foto di Aylan, la sua faccia riversa sulla sabbia. Le gambe lievemente sollevate. I pantaloncini e le scarpette. La maglietta rossa. Il braccio destro disteso lungo il fianco. Come dormisse.
Ma non dorme il piccolo Alyan. E’ morto. Annegato mentre con i suoi genitori fuggiva da una terribile guerra che da anni fa massacri, senza che nessuno – Onu in primis - si impegni a intervenire.
Lo stesso succede ogni giorno per migliaia di persone provenienti dall’Eritrea, dalla Libia, dall’Afghanistan, dall’Iraq, dai paesi martoriati del sud sahel. Non tutti saranno profughi, rifugiati o richiedenti asilo ma la maggior parte si. E sbarcano in Italia, in Grecia, attraversano a piedi la Mitteleuropa smemorata del proprio recentissimo passato.
L’accoglienza non è più una virtù
L’accoglienza non pare essere una virtù ma una debolezza, un cedimento. E il respingimento, magari a colpi di mitraglia, si è trasformato per molti in una opzione desiderabile ed auspicabile. Magari raccontando balle sulle teorie dell’ “aiuto a casa loro” e dell’insegnare “a pescare” ! Come se i siriani non sapessero già pescare da tempo, come se i siriani richiedenti asilo non appartenessero in buona parte la classe media (medici, insegnanti, commercianti, impiegati pubblici e privati....) che la guerra ha ridotto in polvere.
Basterebbe provare a mettersi dalla loro parte. Assumere il loro punto di vista con un’operazione di decentramento cognitivo non complessa: in fin dei conti moltissimi nostri nonni e bisnonni, e spesso anche zii e fratelli, sono dovuti emigrare negli ultimi 130 anni. Sono stati accolti, certo con fatica, e solo così hanno potuto creare un futuro per sé e spesso anche per chi era rimasto in Italia.
Ma su tutto questo passa la rimozione cieca ed egoista di chi non ha alcuna memoria storica e guarda solo al proprio immediato e privatissimo interesse.
Le scuole e l’accoglienza
In questi giorni, in preparazione all’avvio delle lezioni, tutte le scuole italiane, e in particolare quelle primarie e dell’infanzia, sono investite dal fervore creativo delle maestre che preparano un ambiente accogliente per i bimbi e le bimbe che presto correranno spensierati per i corridoi. Felici di iniziare una nuova avventura.
Aylan, purtroppo, nessuna scuola lo attende. Non ci sarà alcuna accoglienza per lui.
Per lui il mondo è finito sulla spiaggia di Bodrum. A faccia in giù. Con la sabbia in bocca e i polmoni pieni d’acqua. E quel braccino lungo il fianco. Come dormisse.
Ma Aylan non dorme. E’ morto.
Forse è il caso di ricordarlo mentre facciamo accoglienza nei confronti di suoi coetanei che a differenza sua hanno avuto solo la fortuna (solo questo, null'altro) di nascere in Italia piuttosto che a Kobane – Kurdistan – Siria.