Azzolina “Una ferita dover chiudere la scuola Bianchi un tecnico del Pd”
Intervista all’ex ministra dell’Istruzione
di Annalisa Cuzzocrea ROMA — C’è un momento in cui a Lucia Azzolina si spezza la voce, e piange. «Per una persona che ama la scuola, dover dire il 4 marzo all’intero Paese che bisognava chiudere è stata una ferita che porterò dentro per sempre». Del successore Patrizio Bianchi, che lei stessa aveva messo a capo della task force per le riaperture, dice: «Nessuno è tecnico fino in fondo, è stato per anni assessore in una giunta pd». Quello che si augura, però, è «che finisca una guerra politica fatta sulla pelle degli studenti». E che Giuseppe Conte prenda presto, subito, un’iniziativa insieme al Movimento 5 stelle.
È preoccupata delle varianti del Covid, che sembrano colpire soprattutto i più giovani?
«Ho ascoltato gli scienziati su questo e credo sarebbe opportuno fornire agli insegnanti mascherine Ffp2. Il lavoro sulla sicurezza nelle scuole è stato fatto: distanza, igienizzanti, 40mila aule in più, 70mila docenti e Ata in più, alcune classi sdoppiate.
Questo permetterà di affrontare anche le varianti».
Teme un nuovo lockdown con le scuole chiuse?
«Il neoministro lo ha escluso. Come sa, io penso che le scuole debbano essere l’ultima cosa a chiudere.
Ovviamente è una scelta politica. Se dovessero aumentare i contagi e il governo dovrà deciderà le priorità, mi auguro che la scuola sia messa al primo posto».
Perché avete smesso di fare monitoraggi a novembre? Questo non mette in pericolo tutti?
«Il monitoraggio compete alle autorità sanitarie, il nostro è stato un lavoro in più. Li abbiamo interrotti per due settimane per modificare il questionario. Tutti i dati, che continuano a essere raccolti, sono trasmessi all’Istituto superiore di sanità».
La sua mancata riconferma è una bocciatura politica?
«Non credo sia il momento di giudicare. Ho dato il mio contributo, non mi sono risparmiata, ho lavorato per gli studenti e per le studentesse e adesso torno in Parlamento, che sarà centrale. Ci sono le vaccinazioni da garantire agli insegnanti, c’è stato il crollo dell’occupazione femminile, 99mila posti in meno di cui si è parlato pochissimo. C’è da evitare una tragedia occupazionale che ricadrà ancor di più sulle donne. E c’è da tenere le scuole aperte.
Controllerò gli atti uno a uno».
È stata molto attaccata. Si è sentita difesa abbastanza?
«In questi giorni sto ricevendo molto affetto da parlamentari, cittadini, genitori, dirigenti. L’anno del Covid è stato un anno di solitudine per tutti, ma io sono stata circondata da una grandissima comunità scolastica che mi ha permesso di andare avanti».
Le sono stati imputati molti errori, usati anche per criticare il Conte due. A partire dai banchi a rotelle.
«A giugno il Comitato tecnico scientifico mi ha detto che se intendevo riaprire le scuole a settembre, serviva il metro di distanza. Si ricorda che c’erano presidi esasperati che volevano segare i banchi in due? E qualcuno si chiede ancora se servissero? In Europa esistono i monoposto tradizionali e le sedute innovative, i cosiddetti “banchi a rotelle”, gli stessi utilizzati in istituti di eccellenza come quelli dei gesuiti frequentati a suo tempo dal premier Draghi. Sono stati i presidi a scegliere di quali avvalersi: abbiamo consegnato 400mila sedute innovative e 2 milioni di monoposto. Un investimento strutturale, che resterà. Ma che nella becera propaganda politica di chi non conosce la scuola è diventato altro».
L’esempio di uno spreco, mentre serviva altro.
«Ma è stato fatto tanto altro. Abbiamo ricavato nuove aule, fatto patti con i territori usando per le lezioni pinacoteche, il teatro La Pergola a Firenze. Uno dei momenti più belli è stato quest’estate: visitavo le scuole, ed erano cantieri per i milioni di euro investiti nell’edilizia leggera».
È delusa per i riconoscimenti mancati?
«Quel che hai fatto da ministro non te lo deve riconoscere la politica, devono farlo i cittadini. Mi auguro però che termini la stagione della lotta politica fatta sulla pelle degli studenti, perché questo è successo. E mi auguro non ci siano più divisioni territoriali sul Covid. La diseguaglianza regionale è la prima cosa da combattere. I bambini campani, calabresi, pugliesi, non sono figli di un Dio minore».
Perché non si è riuscito a tracciare adeguatamente?
«Mi auguro venga rispettata l’intesa firmata il 23 dicembre all’unanimità con le Regioni, in cui era stato deciso che le scuole hanno la priorità».
Ha detto che aveva pronta l’ordinanza sugli esami di maturità.
«L’ho fermata per senso di responsabilità istituzionale.
Abbiamo sentito i docenti, gli studenti, le famiglie, i sindacati. Tutti volevano, come l’anno scorso, un esame orale con commissione interna. A cui avevo aggiunto una piccola cosa: che i ragazzi potessero preparare un progetto su come hanno vissuto quest’anno difficile, cos’hanno imparato, cos’ha cambiato nelle loro vite».
Di tutti gli incontri fatti, chi le è rimasto più impresso?
«Sicuramente Anita, la ragazzina che ogni giorno si metteva col banco davanti alla sua scuola a Torino. È una forza della natura. Crede nella scuola quanto me, ma ha 12 anni».
Voterà la fiducia a Draghi?
«Sì, e non perché questo sia il migliore dei governi possibili, ma perché è l’unico che si è riuscito a formare e le persone fuori hanno bisogno che cominci a lavorare. Si è perso anche troppo tempo».
E i malumori nei 5 stelle?
«Il Movimento è come un adolescente che sta crescendo. I vestiti vecchi non gli vanno più, deve cambiarli adesso. Rinascere, rifondarsi, con una nuova guida e una nuova organizzazione».
Quella guida può essere Conte?
«Può darci una mano a ricostruire i 5 stelle con regole nuove, ma non deve passare troppo tempo. Il momento è adesso».