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Bersani a Monti. La legge di stabilità così com’è non la votiamo. Va cambiata

le norme sulla scuola, sono norme al di fuori di ogni contesto di riflessione sull'organizzazione scolastica e finirebbero per dare un colpo ulteriore alla qualità dell'offerta formativa

22/10/2012
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Dazebao.org

Alessandro Cardulli

 “No, così non va. Voglio dirlo con chiarezza. Noi non saremo in grado di votare così come sono le norme sulla scuola, sono norme al di fuori di ogni contesto di riflessione sull'organizzazione scolastica e finirebbero per dare un colpo ulteriore alla qualità dell'offerta formativa.

Pier Luigi Bersani si rivolge a Monti e dice che la legge sulla stabilità all’esame del Parlamento deve essere cambiata. Non solo la scuola, ma anche la questione fiscale. Si deve trovare una soluzione “ più equa e più adatta ad incoraggiare la domanda interna. E c’è il tema degli esodati “ cui bisogna mettere attenzione”. La proposta che la commissione Lavoro aveva approvato e che la Ragioneria dello Stato ha bocciato è ancora sul tappeto. Il capogruppo del Pd in Commisione, Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro, non è intenzionato a mollare. “ Continueremo con i dipartimenti del Pd e con i gruppi parlamentari-dice Bersani- nell’approfondimento della legge di stabilità e discuteremo con altri gruppi di maggioranza cercando il massimo di convergenza”.

Occorrono modifiche significative su scuola , fiscalità. esodati

“Nel rispetto dei saldi- chiediamo al governo di rendersi disponibile a modifiche significative”. I saldi, appunto, sui quali Monti richiama, anche con arroganza, le forze politiche non possono essere un tabù, per usare una parola che tanto piace al premier e a molti dei suoi ministri. Perché c’è un primo “ saldo “ di cui tener conto: la manovra, perché di questo si tratta, come dimostra il rapporto colpirà le famiglie italiane, quelle a basso reddito. Il 45% pagherà 140 euro in più. Il 54% ci guadagnerà 127 euro l’anno. Sempre il Cer calcola che l’effetto netto medio sul totale delle famiglie italiane ( perdita di 245 euro dall’aumento dell’Iva e guadagno con la diminuzione dell’Irpef di 252 euro) siamo , di fatto, in parità. Non solo se si aggiungono le detrazioni, le varie franchigie che scompariranno, la retrodatazione, il colpo sarà ancora più duro per le fasce più deboli. E chi non raggiunge gli otto milioni di reddito, gli incapienti, tradotto i poveri, avranno da sopportare il peso dell’aumento dell’Iva. La prima cosa da “ saldare” è questa. Dove si trovano i soldi? Devono essere presi dove ci sono e non dai soliti noti. In primo luogo si potrebbe comprare qualche aereo da guerra in meno e non tagliare la sanità. C’è l’evasione ancora altissima. Se si raffronta quanto si è sta recuperando alla massa evasa, siamo ancora alle briciole. Lo spread che cala provoca un caldo degli oneri sul debito pubblico. E si potrebbe continuare. Se poi si pensasse ad una patrimoniale forse ci si muoverebbe sul sentiero dell’equità. Insomma i “ saldi” che non si toccano nouà diventare il paravento per non muoversi. Così come quel ripetuto di continuo “l’Europa non capirebbe”. E pone un vero e proprio ricatto politico. Fra qualche mese- dice- arriveranno i segni della ripresa, se non manteniamo la politica del rigore, punto e basta, i sacrifici, “anche insopportabili”, riconosce saranno stati inutili. In realtà la politica del rigore punto e basta, come ha detto ieri Susanna Camusso, è fallita. Se non torna in campo il lavoro, “ il lavoro prima di tutto”, è questa la voce, il grande coro che si è levato dal “ villaggio de lavoro”, la lunga, bella giornata di Piazza San Giovanni.

Il professore ignora il “ villaggio del Lavoro”

Ore ignora Monti fa finta di non sentire. Si rammarica perché al vertice dell’ Ue non ha portato l’accordo sulla produttività richiesti ai sindacati e alle imprese. Trova una spalla autorevole, è ormai una abitudine, un vizio, ci si passi il termine, in Eugenio Scalfari che nell’editoriale domenicale affronta molti problemi, dalla legge di stabilità da modifica, a quella sulla corruzione che così com’è non risponde all’aspettative e alle esigenze di pulizia del nostro Paese. Ma ha una caduta di stile proprio sulla questione della produttività. Dice Scalfari che il problema centrale della nostra crisi è la produttività delle aziende. Forse e avrebbe dovuto parlare di “ produttività del sistema”, altrimenti si pensa che tutta la questione si risolve lavorando qualche ora in più . Ma passi, anche se non è da uno come Scalfari, ridurre la produttività a un problema di carico di lavoro. Se la prende con le imprese che quando sembrava ci fosse la possibilità di un accordo nsi sono messe di traverso.

Pesante attacco di Scalfari alla Cgil,” massimalista e populista”

Ma in particolare attacca la Cgil che si sarebbe opposta accomunandola nella “iniziativa hobbistica e corporativa”, con la rete imprese e l’Api. Forse voleva dire Abi. Ma sorvoliamo. Scrive Scalfari che “ il governo è in regola” ma opporsi all’accodo è un vero e proprio atto di “ autopunizione, sia da parte delle imprese sia del sindacato massimalista e populista (leggi Cgil ndr) in una fase storica che non consente errori così macroscopici”. L’editorialista di Repubblica dovrebbe informarsi meglio. Susanna Camusso ha detto chiaramente che non si può accettare di diminuire il valore del contratto nazionale, salario in primo in luogo, dirottando quanto si toglie a milioni di lavoratori per detassare il cosiddetto salario di produttività Forse gioverebbe anche a lui una rilettura di quanto avvenuto sabato in Piazza San Giovanni. Non c’erano né demagoghi, nè populisti. Ma decine di migliaia di lavoratori, con le loro famiglie, che non sanno quale sarà il loro futuro. Non è stata una “ festa paesana” come ha scritto la cronista di repubblica, offendendo coloro che hanno dato vita ad una straordinaria giornata, mille e mille voci, mille e mille volti , di gente che soffre ma non ha perso la speranza. Vuole battersi, vuole poter tornare a sorridere.