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Brevetti, è scontro nel Wto. Ma il blocco europeo vacilla

L’opinione pubblica del continente favorevole alla sospensione. Il Consiglio generale però ancora non trova una posizione comune. Nei Paesi del G7 sette abitanti su dieci chiedono alle case produttrici la condivisione. L’iniziativa dei cittadini Ue, No Profit On Pandemic, chiede di appoggiare la mozione di India e Sudafrica

06/05/2021
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il manifesto

Andrea Capocci

È proseguito ieri a Ginevra lo scontro intorno ai brevetti anti-Covid al Consiglio generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Anche stavolta, il dibattito si è chiuso senza un accordo. La coalizione di Paesi che chiede una moratoria temporanea sui brevetti, guidata da India e Sudafrica, finora ha ottenuto il supporto di oltre cento stati membri. Non basta ancora per l’approvazione della moratoria, perché al WTO le mozioni richiedono una maggioranza dei due terzi dei 164 paesi membri. In ogni caso, a Ginevra si preferisce sempre cercare un compromesso che metta tutti d’accordo. 

L’appello a trovarlo è stato rilanciato ieri anche dalla direttrice generale del Wto Ngozi Okonjo-Iweala durante un meeting a porte chiuse. Keith Rockwell, portavoce del Wto, ha parlato di una «forte e condivisa posizione da parte di tutti i membri per l’aumento della produzione di vaccini, farmaci e test nei paesi in via di sviluppo». «Quando ci si esprime così chiaramente a favore di un obiettivo comune – ha proseguito – diventa più facile dire sì». 

In sostanza, però, i negoziati iniziati nell’ottobre del 2020 non hanno fatto passi avanti e le posizioni rimangono immutate. Da un lato, India e Sudafrica chiedono di eliminare le barriere poste dalla proprietà intellettuale non solo sui vaccini, ma soprattutto sui farmaci efficaci contro il Covid e sui test diagnostici, che richiedono un know how inferiore e possono essere facilmente riprodotti. Dall’altra, i paesi più ricchi sostengono che le regole del commercio internazionale permettano già di derogare ai brevetti per aumentare la disponibilità di farmaci durante le crisi sanitarie, con procedure però ritenute farraginose.

Nei due blocchi, tuttavia, le cose sembrano in procinto di cambiare. In serata, arriva l’ok a sorpresa di Biden a una moratoria limitata ai vaccini. La notizia potrebbe cambiare l’esito dei negoziati e trasformare l’immagine internazionale degli Usa rispetto al nazionalismo vaccinale in vigore nell’era Trump. Ma potrebbe avere effetti limitati nella lotta alla pandemia.

Per produrre i vaccini anti-Covid il brevetto non basta senza il know how necessario alla produzione su scala industriale. E trattandosi di vaccini fortemente innovativi, queste competenze oggi sono a disposizione di pochissime aziende. In altre parole, il pallino rimarrà in mano a Pfizer, Moderna e alle altre aziende produttrici dei vaccini anti-Covid, senza la cui collaborazione non sarà possibile aumentare la capacità produttiva.

Anche nell’Ue qualcosa si muove. Vittorio Agnoletto segue da vicino le trattative a porte chiuse del WTO, come portavoce della campagna a favore dell’Iniziativa dei cittadini europei «No Profit On Pandemic» che chiede all’Ue di appoggiare la mozione di India e Sudafrica: «sia il Belgio che l’Irlanda stanno cercando costituire “una coalizione di volenterosi” per opporsi alla Commissione Europea che, insieme alla Svizzera, mantiene la posizione più rigida, di chiusura totale verso le proposte di moratoria avanzate da India e Sudafrica, le quali hanno annunciato a breve una seconda versione del loro piano».

L’opinione pubblica internazionale si è già schierata a favore della moratoria. Secondo un sondaggio dell’Alleanza Popolare per il Vaccino, una rete di Ong e associazioni, nei paesi del G7 sette abitanti su dieci ritengono che i loro governi debbano garantire che le case farmaceutiche condividano le formulazioni e le tecnologie riguardanti i vaccini. In Italia questa percentuale sale all’82%, la più elevata tra i sette grandi. D’altronde, delle 183 mila adesioni all’iniziativa “No profit on pandemic” raccolte in tutta l’Unione Europea, quasi 50 mila provengono dall’Italia.

Chi ha fiuto ha intercettato questo movimento di opinione. Davide Crippa e Ettore Licheri, capigruppo M5S di Camera e Senato, hanno inviato una lettera aperta a tutti i parlamentari affinché si uniscano a un appello al governo Draghi a favore della moratoria contro i brevetti. Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) saluta con qualche ironia la “svolta”: «fa piacere che anche i capigruppo Parlamentari del M5S pongano ora il tema della sospensione dei brevetti sui vaccini contro il Covid-19. Questione che stiamo ponendo da mesi in Parlamento e fuori di esso». Anche dai cancelli delle fabbriche: nei giorni scorsi Fratoianni aveva segnalato il caso dello stabilimento Gsk di Rosia (Siena), dove si produce il vaccino contro la meningite.

Oggi il futuro dei lavoratori è incerto per la contrazione della domanda, un paradosso in tempo di Covid. «Questa azienda sarebbe in grado, nel giro di due mesi, di intervenire nelle operazioni di infialamento con centomila monodosi al giorno» spiega Fratoianni «nel giro di 8 mesi sarebbe in grado di convertire la propria capacità produttiva, perchè è in possesso di bioreattori, ed è in grado di costruire l’intera filiera di produzione del vaccino anticovid». E fa appello al governo perché intervenga con «un impegno concreto» che aiuterebbe la sanità pubblica e rilancerebbe l’occupazione.

Nonostante l’attenzione pubblica sul tema, il governo però è rimasto silente sul dossier brevetti. Nelle scorse settimane, il ministro della salute Speranza era intervenuto in Parlamento contro «la proprietà esclusiva dei brevetti» senza però avviare iniziative politiche in sede europea, laddove conta davvero. Dopo il consiglio generale del WTO, che torna a riunirsi oggi, la prossima occasione per spostare gli equilibri potrebbe arrivare al Summit globale sulla salute del G20, dove il governo italiano sarà presidente di turno e padrone di casa.