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"Buona scuola", a Renzi la Cgil oppone la sua "Scuola Giusta"

La Federazione dei Lavoratori della Conoscenza del sindacato di Susanna Camusso lancia la sua campagna. Dalle assemblee sui territori a un questionario online. Per integrare, correggere e migliorale la proposta del governo

05/11/2014
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la Repubblica

di CARMINE SAVIANO

ROMA - La scuola italiana come un sistema chiuso, attraversato da tensioni latenti, pronto a implodere da un momento all’altro? Sembra questa la direzione indicata dalla FLC Cgil, almeno stando ai titoli: perché l’ultima campagna lanciata dal sindacato dei lavoratori della conoscenza – “Fai la Scuola Giusta” – evoca Spike Lee, "Fa' la Cosa Giusta", il suo capolavoro del 1989, in cui raffigurava Bronx come un detonatore di tensione, l’equilibrio che può saltare in ogni istante. E nel mondo dell’istruzione, questi detonatori sono la mancanza di risorse, il blocco dei contratti, un’offerta formativa ferma al secolo scorso e il dimenticatoio in cui finisce la condizione del personale Ata. Ma oltre alla diagnosi, la Flc-Cgil offre una prognosi. Ovvero: realizzare un percorso di partecipazione parallelo a quello della “Buona Scuola” – assemblee sui territori e un questionario online - in grado di integrare, correggere ed eventualmente migliorare le proposte targate Renzi\Giannini. E una cura, sotto forma di proposta: “Una patrimoniale per raccogliere i fondi necessari all’istruzione”. Infine l'appuntamento: alla manifestazione del Pubblico Impiego, sabato otto novembre in piazza del Popolo a Roma.

Partecipazione a doppio binario. E questo percorso si compone di due strade. La prima, tradizionale. Fatta di assemblee sui territori, di incontri con chi la scuola la vive giorno per giorno, registrandone limiti, arretramenti e capacità di miglioramento: studenti, personale amministrativo, insegnanti, genitori. La seconda, sfrutta il contemporaneo. Avvalendosi della Rete come luogo nel quale raccogliere quante più voci possibili. La forma scelta è quella del questionario online: undici domande per undici questioni. Un controcanto alla consultazione online del governo, in corso in questi giorni e fino al 15 novembre. E quello che si ricerca, non è una contrapposizione a tutti i costi. Ma un confronto. Perché “le nostre posizioni non sono del tutto inconciliabili ma di sicuro sono distanti”. Distanti soprattutto sulla questione del coinvolgimento delle parti sociali. Perché “il Governo non può mettere mano agli ordinamenti dei docenti e dei diritti e doveri del personale della scuola al di fuori del contratto di lavoro ed escludendo il sindacato dal confronto su queste materie”.

QUI IL QUESTIONARIO DELLA FLC CGIL

Una visione d’insieme. “Ci auguriamo che su questi temi la Legge di Stabilità non si trasformi nel solito gioco delle tre carte, dove da un lato si mettono fondi, dall’altro si tolgono”, dice a Repubblica.it Domenico Pantaleo, segretario della Flc Cgil.  E sul rapporto con il Governo “Vogliamo la vera Buona Scuola: l’idea della consultazione lanciata dal Miur è da apprezzare, ma non deve trasformarsi in una raccolta disorganica di opinioni”. Un pericolo concreto, visto che “nel piano presentato dall’esecutivo sembra mancare proprio una visione d’insieme: proprio per questo dai territori, che stiamo sondando attraverso centinaia di assemblee, si sollevano numerose critiche”.

Più risorse, meno chiacchiere. Il primo nodo da affrontare è strutturale, la mancanza di fondi. La Flc-Cgil parte da un riconoscimento, perché l’annunciata assunzione di 150mila precari sarebbe sul serio una “svolta epocale”. Che per essere compiuta, però, ha bisogno di essere oltremodo radicale e inclusiva. E se il governo prevede lo stanziamento di 4 miliardi di euro, per il sindacato, è necessario rilanciare. “Servono 17 miliardi di euro nei prossimi cinque anni”. Investimenti che sarebbero in linea con la media Ocse. Dove recuperare i soldi? “Le risorse si possono recuperare da una seria lotta alle evasioni fiscali e agli sprechi, riducendo spese militari e costi della politica, e introducendo una patrimoniale”.

L’apartheid dei “tecnici”. Quelli che “rimangono fuori” dalla Buona Scuola renziana sono ancora molti. Resta, infatti, in tutta la sua urgenza, la questione del personale Ata, i tecnici che fanno funzionare la macchina Scuola e che non possono essere semplicemente rottamati. Sono quelle persone che “la Buona Scuola la fanno tutti i giorni, spesso senza soldi per carta igienica o pennarelli”. Per il sindacato è necessario: l’aumento del loro grado di partecipazione alla vita scolastica e la ridefinizione economica e giuridica dei profili professionali. Inoltre, appare non più rimandabile un piano di stabilizzazione: restituendo alla pianta organica i 45mila posti tagliati negli ultimi tre anni e consolidando gli oltre 5mila “organici di fatto”.

Il bisogno di sapere. Poi l’estensione dell’obbligo scolastico, ampliandolo fino a coprire la fascia d’età che va dai tre ai diciotto anni. Si parte da una domanda: “Come si fa a parlare di rivoluzione della scuola senza capire che estendere il diritto alla scuola dall’infanzia alla maggiore età significa dare una chance a tutti i bambini, che sono cittadini oltre a essere figli e hanno diritto a un futuro?”. Il principio è chiaro: la ripresa del Paese, la pre-condizione per la crescita e per lo sviluppo passa attraverso la maggior estensione possibile della “società della conoscenza” e per realizzare un collegamento effettivo tra mondo della scuola e quello del lavoro. Creatività e talento, gli assi cartesiani sul quale disegnare il diagramma del futuro. Le proposte concrete: l’ampliamento dei servizi educativi e la “generalizzazione” della scuola dell’infanzia, l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni e l’abrogazione della legge 977/67 sulla “Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti”.

Non rottamare i contratti. In questo settore, si parte dai dati, dai soldi. Da quelli “persi” dal personale docente negli ultimi anni. Il blocco dei contratti, infatti, ha determinato, secondo le stime della Flc Cgil, una perdita pro-capite di oltre undicimila euro in cinque anni per il personale della scuola. In questo contesto, parole come “merito” e “valutazione” assumono nuovi significati: non solo criteri di giudizio del lavoro docente, ma anche modalità attraverso le quali valorizzare la funzione, sociale e culturale, degli insegnanti italiani. Per il sindacato si tratta di realizzare un “nuovo sistema di progressione economica” che tenga conto di tre aspetti: la specificità del contesto lavorativo, l’impegno aggiuntivo nel lavoro d’aula – soprattutto se connotato nel senso dell’innovazione – e la partecipazione alla vita organizzativa e gestionale delle scuole.

Servizio Pubblico, la manifestazione dell’8 novembre. Infine, non manca l’appello alla mobilitazione. Il prossimo otto novembre, i sindacati saranno in piazza, a Roma, per la manifestazione nazionale dei lavoratori del Servizio Pubblico. Anche qui, si parte da una domanda rivolta al governo Renzi: “Come si pensa di garantire salute, sicurezza e soccorso, istruzione, prevenzione, assistenza, previdenza, ricerca e sviluppo senza fare innovazione, senza investire nelle competenze, nella formazione, nel lavoro di qualità, senza aver messo in campo un progetto?”. L’invito è quello alla programmazione condivisa di soluzioni. Per estendere il bacino dei soggetti attivi nella riforma del Paese.