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Cade l’incompatibilità tra ricerca e lavoro

Il divieto rimane per 350-400 studenti dell’ateneo emiliano. Che promette soluzioni

30/03/2014
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l'Unità

Adriana Comaschi

Il cappio intorno al collo delle migliaia di dottorandi italiani è stato sciolto, l’aut aut o fai ricerca, o lavori cancellato. Dopo il caso sollevato dall’Alma Mater di Bologna (su queste pagine a inizio marzo), il Miur ha emendato il decreto ministeriale 45 dell’ex ministro Francesco Profumo con cui si mettevano spalle al muro i dottorandi costringendoli a scegliere tra ricerca e altre occupazioni part time. Anche se privi di borsa di studio. Ma questo paradossalmente non salva quelli che ora appaiono come «esodati» bolognesi: 350-400 studenti del 29° ciclo hanno iniziato il dottorato a gennaio 2014, dunque sono soggetti al Regolamento d’Ateneo che ancora prevedeva il divieto di lavoro. Un bel rebus per l’Alma Mater, che pure con il prorettore alla Ricerca Dario Braga aveva bocciato come «un pateracchio» l’articolo 12 del dm 45 messo sotto accusa dall’associazione dottorandi come dalla Flc-Cgil. Il ministero ha di fatto accolto la segnalazione bolognese: lunedì 24 marzo è intervenuto con delle Linee guida sul dottorato, in cui si delega al Collegio docenti di valutare l’impegno «esclusivo a tempo pieno» richiesto, citato dal Dm 45 di Profumo. E quindi di «autorizzare il dottorando a svolgere attività retribuite verificandone la compatibilità con il proficuo svolgimento delle attività formative (didattiche e di ricerca) relative al corso». L’Alma Mater ha subito portato la novità sul tavolo del Cda, che questa settimana ha dato parere favorevole a recepirla. L’approvazione della nuova versione del Regolamento spetterà al Senato Accademico, ma si può già dire che il 30° ciclo di dottorati sotto le due torri partirà senza l’incompatibilità tra studio e lavoro. Resta però da capire cosa succederà per quanto riguarda il ciclo in corso. Soprattutto per i circa 200 dottarandi senza borsa di studio, quasi la metà del totale. Facile prevedere opposizioni e polemiche ora che la normativa ha fatto chiarezza e tutelato chi li seguirà, lasciandoli di fatto isolati. Chi ad esempio ha dovuto lasciare un impiego extra potrebbe decidere di fare ricorso, così come chi ci ha rinunciato in partenza o addirittura non ha partecipato al bando del 29° ciclo per timore di perdere il lavoro che già aveva in tasca. Anche qui insomma servirebbe un intervento ad hoc del Miur ​