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Camusso: «Cambiare si può,non rassegnamoci al declino»

Verso lo sciopero generale del 6 maggio: fisco, lavoro e contratti per rilanciare la crescita. La leader Cgil all’assemblea dei delegati: fa danni chi dice che non si deve scioperare

17/04/2011
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l'Unità

«È chi dice che lo sciopero generale non va fatto che sta danneggiando il Paese. Il 6 maggio svuoteremo i luoghi di lavoro». La Cgil si avvicina all’appuntamento più atteso, e la segretaria Susanna Camusso incontra oltre 2mila delegati all’assemblea nazionale, ieri a Roma: «Cambiare si può, non dobbiamo rassegnarci al declino», ricorda a tutti. «Ci diranno che è uno sciopero politico - prosegue Camusso, anticipando le critiche che, prevedibilmente, verranno rivolte alla Cgil - E noi, ora per allora, rispondiamo: provate a ripensare a cosa vuole dire politica, perchè per voi quella parola non ha più senso. Ci diranno che provochiamo un danno, facendo perdere ore di lavoro in tempo di crisi: guardino loro i danni che stanno facendo. Ci diranno che ci sono sindacati responsabili e chi si oppone a prescindere: vorremmo dirgli che la rassegnazione non ha mai portato buono a nessuno. La nostra responsabilità è proprio quella di aver scelto lo sciopero generale perchè è lo strumento con cui i lavoratori possono dire che cambiare si può e che non rinunciamo all’idea di un cambiamento. Il 6 maggio sarà una grande giornata, perchè il lavoro riprenderà la scena».

SICUREZZA E DOLO L’assemblea ricorda i morti nel rogo della Thyssenkrupp, e la storica sentenza di condanna per omicidio volontario: «Questa sentenza dice una cosa precisa - commenta Camusso - la vita di un lavoratore non si può trasformare in profitto: non investire in sicurezza e continuare a produrre è dolo, al centro della contrattazione deve essere messa anche la sicurezza». Per poi tornare allo sciopero generale. Camusso torna ad esprimere il suo disappunto per la politica economica del governo perchè «tiene il Paese depresso, in declino, e scarica sui lavoratori i costi. E lo fa per difendere i patrimoni di pochi». Al governo la Cgil chiede di «smetterla di raccontare bugie» sulla crisi e di «assumersi la responsabilità» di aprire una «discussione vera» per affrontare i temi della crescita, dello sviluppo e del fisco. E sono questi, infatti, i temi sul tappeto dello sciopero, per «cambiare questo Paese - dice Camusso - a partire da una seria politica fiscale che prelevi le risorse dove ci sono, quelle accumulate nei patrimoni e nelle transazioni finanziarie, dando maggiore fiato, invece, a lavoro e pensioni. E uno sciopero per una politica che costruisca lavoro e difenda quello che c’è». Poi la segretaria Cgil si rivolge al ministro del welfare, Maurizio Sacconi: «Non ci piace lo Statuto dei lavori e non ci piace nemmeno lo Statuto del lavoro», dice in un passaggio del suo intervento. «I diritti sono sempre in capo alle persone e non al luogo e al tipo di lavoro che si fa - sottolinea - Altrimenti, passa l’idea che ogni lavoratore può avere dei diritti diversi. Al ministro del welfare diciamo che la sua è un’idea che non faremo passare ». Il 6 maggio, continua Camusso, «diremo che non siamo d’accordo con chi dice che ci può essere lavoro senza diritti» e i diritti «derivano da contratti nazionali». Quindi si rivolge «agli altri soggetti » sindacali (ovvero Cisl e Uil) per ricordare che «la pratica e la scelta di accordi separati non ha portato alcun beneficio per i lavoratori. Quando si lascia ad aziende e governo il potere di decidere - sottolinea - il sindacato perde la sua autonomia e la sua forza». Gli «unici che possono decidere se c’è un sindacato unitario sono i lavoratori e non un ministro». Il riferimento è al caso Fiat e al problema della rappresentanza sindacale che si è creato con la sottoscrizione degli accordi separati di Pomigliano e Mirafiori. Perchè «sono i lavoratori che decidono se in un’azienda ci debba essere un sindacato e non l’azienda».