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Cancellata la scuola

da Il Manifesto FINANZIARIA Cancellata la scuola LUIGI BERLINGUER Dalla politica di destra è sparita (se mai c'è stata) la centralità dell'istruzione. Lo testimonia il disegno di legge finan...

24/10/2001
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da Il Manifesto
FINANZIARIA Cancellata la scuola
LUIGI BERLINGUER

Dalla politica di destra è sparita (se mai c'è stata) la centralità dell'istruzione. Lo testimonia il disegno di legge finanziaria. E' sparito l'assunto più orgoglioso di Berlusconi: cambierò l'Italia. Se si legge come è trattata la risorsa prima del paese, l'istruzione e la ricerca, si vede chiaro che non cambierà un bel niente. Le uniche novità sono quelle derivanti dalle riforme istituzionali del Centro sinistra (ad es. il decentramento a 26 centri di spesa). La finanziaria è scritta dai ragionieri, senza alcuna ambizione rinnovatrice, anzi per scoraggiare qualunque innovazione. Ricordiamoci che nei cinque anni di centrosinistra si sono aggiunti al bilancio dell'istruzione ben 10.000 miliardi di investimenti, con effetti che si protraggono anche nei prossimi due anni.
Questa combinazione è ora del tutto sparita.
Prima di tutto per il personale docente, dirigente, tecnico delle scuole, che era stato illuso dalla destra con grandi promesse retributive e di valorizzazioni professionali. Niente: nella finanziaria le previsioni di spesa per il rinnovo dei contratti non solo non autorizzano miglioramenti economici, innovazioni premianti la qualità o la carriera, ma non riescono neanche a coprire gli effetti dell'inflazione. Si cancellano persino 123 miliardi creati dalle finanziarie precedenti. Inoltre, si riducono addirittura le spese di sostegno all'attività didattica e quelle dell'edilizia. All'istruzione ed alla ricerca come risorsa essenziale del paese la finanziaria non crede, perché essa vuole essere ed è soltanto uno strumento per risparmiare, economizzare mezzi ed indirizzarli ad altri fini, anche a spese di un settore così strategico come la scuola e l'università. La scuola cede al bilancio per altre destinazioni 1850 miliardi di lire e se ne vede restituire solo 700.
Sono totalmente assenti gli incentivi per incoraggiare l'innovazione, per sostenere il difficile cammino del cambiamento. La destra ha imposto una battuta di arresto delle riforme scolastiche, dettata da ragioni solo politico-corporative e propagandistiche. Ad essa la finanziaria corrisponde con strozzature economiche nei settori nevralgici, col ritorno ai tagli alla cieca, colpendo nel mucchio, con riduzioni di spesa non mirate: una legge schizofrenica come ai tempi più duri della scalata a Maastricht. Con la differenza che, allora, dovevamo fare i salti mortali per risanare il debito di fronte all'Europa, e tuttavia abbiamo anche allora introdotto innovazioni importanti, che restano. E poi siamo riusciti ad invertire la tendenza di bilancio al risparmio, riprendendo gli investimenti in istruzione e ricerca nell'ultimo biennio. Qui, invece, non per risanare ma per sostenere spese di privilegio o di interessi economici meno nobili, imposte di successione per grandi patrimoni od altro, si giunge a tassare nuovamente l'istruzione e si deludono le attese.
Le misure previste nella finanziaria non solo bloccano il cambiamento ma colpiscono lo sforzo di migliorare la qualità che era fondata sulla innovazione culturale, didattica, sul sostegno istituzionale ma anche economico al miglioramento dell'offerta formativa affidata all'autonomia creativa e responsabile delle scuole e degli atenei.
Ecco alcuni esempi: si riducono le risorse per la sperimentazione nelle scuole (mediamente 40 miliardi in meno all'anno); si irrigidiscono gli organici e le supplenze cancellando la efficacia dovuta all'organico funzionale, cioè alle dotazioni arricchite, onnicomprensive, flessibili di personale anche per l'innovazione e la qualificazione didattica; si centralizza nuovamente in sede ministeriale la determinazione delle modalità di formulazione degli organici; si contrae e scoraggia di fatto l'insegnamento qualificato della lingua straniera nelle elementari, non si include la musica come materia obbligatoria, si affida l'esame di stato a commissioni tutte interne alla scuola, favorendone una caduta inevitabile di tono. Ai docenti poi si dice: avete chiesto stipendi europei? Ma i vostri orari di lavoro non sono ancora europei, sono inferiori. Per questo ora vi imponiamo con legge orari europei. Gli stipendi però resteranno sub-europei, accontentatevi. Assolutamente inaccettabile.
Per l'università si ipotizza con inedita audacia un nuovo conteggio in riduzione delle retribuzioni dei docenti, grazie ad un ricalcolo del conglobamento dell'indennità integrativa speciale nello stipendio. Questo mentre gli atenei ed i professori sono impegnati nella più profonda innovazione didattica della recente storia universitaria. Viene anche bloccata la spesa per il piano triennale, per il diritto allo studio a favore degli studenti, e per l'edilizia universitaria. Diminuisce addirittura quella per gli osservatori ma soprattutto quella già insufficiente (fondi ordinari) che assicura la vita quotidiana degli atenei , cioè l'alimento primo della loro autonomia. Per converso, cresce soltanto la spesa per le scuole e le università non statali, autorizzando così un'odiosa contrapposizione che è grave in sé e nuoce alla causa della giusta parità.
Infine la ricerca: anche qui decresce il suo settore più importante e più delicato, quello di base, negletto nelle attenzioni orali del governo, ma soprattutto nelle risorse; e decresce la spesa per gli enti di ricerca e per la ricerca applicata. Nessuna traccia degli investimenti per assicurare al nostro sistema scientifico-tecnologico nuova linfa giovanile con l'assunzione di migliaia di giovani, da tutti considerata irrinunciabile. Lo stesso gergo in cui la finanziaria è scritta rivela una mano solo ragionieristica e l'assenza di ambizione politica: una vera e propria sconfitta dell' istruzione e ricerca. Mi auguro che il paese si renda conto di quel che ciò significa per il suo futuro. Al senato è iniziata la reazione a questo grave vulnus rappresentato dalla finanziaria, e qualche piccola modifica si è già riusciti ad ottenerla, riducendo in piccola parte i danni, in tema di orario dei docenti, di supplenze, sulla composizione delle commissioni d'esame. La reazione continua, ma finora l'impianto complessivo resta quello che è.