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«Caro Merola, le cose cambiano: gli elettori vanno ascoltati sempre»

Raffaella Morsia – FLC CGIL: «Io credo che il dovere di chi governa sia quello di ascoltare l’ elettorato anche dopol’elezione, di confrontarsi e non di governare da solo»

13/04/2013
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l'Unità

IN PRIMO PIANO «Nessuna ideologia ma solo questioni logiche, pratiche e di diritto alla base dell’appoggio dell’Flc-Cgil al referendum». A dirlo forte e chiaro è la segretaria regionale Raffaella Morsia che mette in fila tutti gli elementi che contribuiscono, a suo avviso, a dare sostegno alla consultazione.

Siete contro il sistema integrato? «Noi, come Flc-Cgil, non lo abbiamo mai messo in discussione, finché le famiglie hanno avuto la possibilità di scelta tra la scuola pubblica comunale, quella statale e la paritaria a gestione privata. A questo punto, al di là di ogni ideologia, emerge una questione che definirei pratica: vengono a mancare i posti nella scuola pubblica. In tempi di crisi, a maggior ragione, noi crediamo che prima delle facoltà vengano gli obblighi. E l’obbligo è quello di finanziaria la scuola statale e comunale».

Qual è il ruolo del referendum in questo senso? «Ha il grande merito di fare discutere dell’utilizzo di risorse pubbliche in tempi di crisi. Non dare risposte a questa richiesta lo riteniamo illogico oltre che illegittimo, per eccesso di potere».

La Costituzione in questa campagna elettorale viene utilizzata da entrambi gli schieramenti per avvalorare le proprie posizioni. Cosa ne pensa? «Voglio rifarmi a due interpretazioni dell’articolo 33 della Costituzione. Una è quella, se vogliamo più soft e liberale, espressa dall’onorevole Corbino che durante il lavori dell’assemblea costituente sosteneva che lo Stato può sostenere gli istituti privati, ma questi istituti non hanno diritto a questo sostegno. L’altra è quella dell’onorevole Preti, il quale era convinto che sarebbe un paradosso se lo Stato dovesse finanziare le scuole non statali. Viceversa, per lo Stato è un obbligo finanziare la scuole pubblica e solo una facoltà dare risorse a quella privata».

Il sindaco di Bologna Virginio Merola rivendica il patto fatto con i cittadini al momento della campagna elettorale che ha portato alla sua elezione, dove si impegnava a sostenere il sistema integrato.Per questo motivo,ad oggi,ricorda che il referendum del 26maggio sarà consultivoe non deliberativo. Cosa ne pensa? «È vero che il referendum è consultivo, ma io credo che il dovere di chi governa sia quello di ascoltare il proprio elettorato anche dopo l’elezione, di confrontarsi e non di governare da solo. Ora, se i cittadini che l’hanno votato, per vari motivi, in questo periodo di tempo, hanno sentito l’esigenza di fare questo tipo di riflessione, è doveroso prenderne atto. Le istanze possono cambiare nel corso del tempo, anche per motivi meramente pratici, come ricordavo prima».

Il Comune ricorda spesso come la situazione di Bologna sia anomala rispetto al resto d’Italia eche l’amministrazione sia impegnata nella gestione diretta del 60% delle scuole dell’infanzia... «Questa regione è stata la prima ad impegnarsi per la scuola dell’infanzia. E siamo stati anche i primi a fare una battaglia per la generalizzazione della scuola statale, che i tagli continui hanno messo in discussione. Vorrei ricordare che anche la Regione Emilia-Romagna è un soggetto di interlocuzione su questo tema. Qui abbiamo la legge 12, la legge Bastico, che all’articolo 17 sostiene il segmento dei 3 anni di scuola dell’infanzia pubblica. Ecco, allora vorrei dire che la Regione Toscana ha stanziato ulteriori 6 milioni di euro a questo segmento di scuola,  scuola e non servizio, lo ripeto e forse anche qui si potrebbe fare qualcosa ancora. Noi come Cgil, tra i nostri valori fondanti, abbiamo il dovere di garantire il diritto anche di un solo cittadino che ne venisse privato».

 Ed è quello che accade se si è costretti ad iscriversi ad una scuola privata perché non si trova posto nella pubblica? «Quando ci si iscrive a scuole paritarie a gestione privata che nel caso bolognese sono per la maggioranza confessionali si aderisce ad un progetto preciso, legittimamente. Si perde quindi, se non la si sceglie, il diritto alla libertà di apprendimento. Poi possiamo anche dire che queste scuole accolgono il numero minore di stranieri e disabili... Ma il punto è: finché il diritto di scelta è rispettato va tutto bene, se viene a mancare, il discorso cambia».