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Caro premier, ecco perchè noi insegnanti ti facciamo paura

La lettera

20/04/2011
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l'Unità

Ho frequentato sempre scuole pubbliche, dall’asilo nido all’università. A scuola ho imparato i colori. Poi le lettere. Poi le note. A scuola ho imparato a dare la manina a bambini mai visti prima: percorrevamo quel lunghissimo corridoio, scendevamo le scale, uscivamo fuori, cantilenando all’unisono «Arrivederci signora maestra». A scuola ho imparato i sette re di Roma, che non si danno i pugni sul naso - mai, in nessun caso - e che «l’onorevole Aldo Moro è stato rapito dalle Brigate Rosse in via Fani»; e ho imparato che mi devo addolorare anche della morte di persone che non conosco. Perché erano servitori dello Stato. A scuola ho imparato a fare gli esami, scritti e orali, senza balbettare, senza piangere, senza tornare indietro. (...) A scuola ho imparato le manovre di primo soccorso e che sul palcoscenico sapevo suonare il flauto contralto con fiati, chitarre, pianoforte e voce.(...) A scuola ho imparato la Costituzione italiana. A scuola ho imparato la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino. A scuola ho imparato che sono una persona. Che sono una donna. Che sono italiana. Che sono una cittadina. Del mondo. A scuola ho imparato che mi devo addolorare anche della morte di persone che sono morte prima che io nascessi. Perché erano partigiani. A scuola ho imparato i principi della democrazia. A scuola ho imparato l’esercizio della democrazia. A scuola ho imparato il valore del lavoro. A scuola ho imparato a distinguere uno statista da un delinquente. Una democrazia da una plutocrazia. Una nazione di cittadini da una massa di paraculi. A odiare gli indifferenti, il peso morto della storia. A scuola ho imparato tutte queste cose, e non le ho dimenticate. E ho imparato a insegnarle ai miei alunni. È per questo, presidente del Consiglio, che noi insegnanti ti facciamo tanta paura. Non ci puoi comprare. Non ci puoi fermare. MARIA TERESA DI RISO