Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Carta-Chi abbandona in Europa-di Gabriella Giorgetti

Carta-Chi abbandona in Europa-di Gabriella Giorgetti

Nel 2004 ancora il 16% dei giovani tra i 18 e i 24 anni nell'Unione Europea ha abbandonato la scuola con gravi rischi di emarginazione ed esclusione. L'obiettivo di ridurre l'abbandono scolastico del ...

31/10/2005
Decrease text size Increase text size
Carta

Nel 2004 ancora il 16% dei giovani tra i 18 e i 24 anni nell'Unione Europea ha abbandonato la scuola con gravi rischi di emarginazione ed esclusione. L'obiettivo di ridurre l'abbandono scolastico del 10% entro il 2010, a parere degli estensori del Rapporto intermedio su Istruzione e formazione Lisbona 2010, è perciò destinato a fallire, in assenza di politiche mirate. Conclusioni analaloghe per quanto riguarda il completamento della scuola secondaria superiore, considerato ormai il livello di studi indispensabile per una partecipazione efficace alla società della conoscenza. Di fronte all'obiettivo dell'85% di diplomati tra i 22enni, da cinque anni il tasso fluttua intorno al 76,5%. Attualmente in ben 14 paesi membri della UE i dati sono al di sotto del 80%, mentre sono soprattutto i paesi dell'Est ad avere buoni risultati, con percentuali anche superiori al 90%, come la Repubblica Ceca e la Slovacchia che condividono anche i risultati migliori nella lotta alla dispersione scolastica, insieme con Danimarca, Austria, Lituania, Finlandia e Svezia.

Ma come rispondono i diversi paesi europei ad un obiettivo, quello dell'innalzamento dei livelli di studio, che sembra scontrarsi con la sempre più diffusa percezione d'inadeguatezza delle scuole secondarie, che "ancora basate su modelli ottocenteschi non sembrano essere adeguate alla realtà degli inzi del XXI secolo nè ai bisogni educativi dei giovani, che chiedono una solida preparazione e non solamente il diritto d'acceso in scuole dove i curriculi e i metodo d'insegnamento sono datati"? ( Unesco 2004)
Data l'impossibilità di un'analisi dettagliata di quanto si fa ( o non si fa) nei diversi paesi europei, vale la pena di analizzare due modelli, quello finlandese e francese, basati su opzioni diverse, legate ovviamente a differenti contesti sociali, economici e culturali , ma che possono offrire spunti di riflessione al dibattito in atto nel nostro paese.

Il modello finlandese, in realtà comune a molti paesi nordici, è salito agli onori delle cronache perché, più di altri, ha saputo coniugare equità e qualità degli esiti scolastici. Nella ricerca PISA 2003, la varianza dei risultati degli studenti finlandesi tra diverse scuole è solo del 10%, di fronte ad un elevato livello di scolarizzazione.
Tale risultato è il frutto di una politica che ha saputo coniugare investimenti e politiche pubbliche di sviluppo dei sistemi d'istruzione e formazione con un elevato livello di autonomia scolastica, di responsabilità/trasparenza e di pari opportunità. Il binomio autonomia/rendicontazione dei risultati ottenuti sottende, infatti, autonomia didattica ed organizzativa, flessibilità curricolare (in particolare modo nella scuola secondaria superiore), assenza di selezione, radicata cultura della valutazione.
Il passaggio da una classe a quella successiva avviene in modo automatico - in Finlandia, come in molti paesi dell'Europa settentrionale non esiste il fenomeno delle ripetente. Solo a conclusione della scuola secondaria superiore (a 19 anni) esiste un esame nazionale per l'ammissione all'istruzione superiore. Il monitoraggio del sistema educativo è deciso dal Governo e dal Ministro dell'educazione, che effettua rilevazioni statistiche sugli esiti scolastici nelle diverse discipline e definisce le linee guida generali della valutazione. Spetta, però, ai docenti procedere alla valutazione degli studenti e rendere conto dei risultati di questi ultimi. A fine anno, è compito dell'insegnante mettere a punto, insieme con ogni studente e coi suoi genitori, un curricolo individualizzato che specifica ciò che lo studente deve fare per raggiungere risultati migliori.
Il binomio standard nazionali/flessibilità curricolare è, infine, garantito dal fatto che spetta al Consiglio nazionale di Educazione definire gli obiettivi e i contenuti generali e la distribuzione delle ore, mentre è responsabilità delle singole scuole e delle autorità educative territoriali elaborare il curricolo a livello locale.
Mentre nei dieci anni di scuola comprensiva obbligatoria (7-16 anni) tutti gli alunni, in linea di massima, seguono lo stesso tipo d'insegnamento - le scuole sono libere di variare l'importanza e il raggruppamento delle materie - nella scuola secondaria superiore liceale sono presenti corsi obbligatori, avanzati e opzionali, strutturati in moduli. Le scuole possono optare tra il modello tradizionale d'istruzione, in cui gli alunni passano annualmente da una classe all'altra, oppure per la forma alternativa senza divisione in anni, in cui gli studenti possono scegliere l'ordine e la collocazione dei moduli, prolungando gli studi anche per quattro anni..
Maggiore flessibilità è prevista nell'istruzione professionale, cui si può accede al termine della scuola obbligatoria, che consente il riconoscimento di crediti per chi proviene dal mondo del lavoro o per gli studenti che provengono dalla scuola secondaria superiore. L'acquisizione della qualifica di primo livello può essere completata in un percorso tutto interno all'istituzione scolastica o in percorsi di apprendistato o attraverso esami in cui si valutano le competenze acquisite altrove.
Il governo ha competenza sugli obiettivi generali dell'istruzione e formazione professionale, sulla struttura generale dei programmi e delle materie comuni. A livello locale, i curricoli sono definiti insieme con organismi rappresentati il mondo della scuola e del lavoro. Anche a livello scolastico ci sono organismi tripartiti, con carattere consultivo, che partecipano alla pianificazione e allo sviluppo della formazione a livello locale.
Infine, in un paese la cui crescita economica si è basata soprattutto sullo sviluppo delle tecnologie informatiche, è stata posta una grande attenzione al rapporto tra scuola e lavoro per garantire l'occupabilità al termine degli studi e una forza lavoro qualificata. Rappresentanti del mondo del lavoro sono presenti negli organismi consultivi della formazione professionale a livello centrale e locale e i percorsi di orientamento al mondo del lavoro, di formazione nei luoghi di lavoro o di studio e lavoro sono elementi normali dei percorsi formativi della formazione professionale iniziale e nelle lauree politecniche. Gli studenti delle scuole comprensive e dell'istruzione secondaria superiore possono accedere a periodi di attività lavorative a carattere orientante.

Il modello francese alla scolarizzazione secondaria e all'acquisizione del diploma si basa, invece, sulla pluralità e sulla flessibilità delle vie formative, a partire dalla stessa scuola dell'obbligo. Nei fatti, le due classi del secondo ciclo del collège (a 14 e 15 anni ) svolgono un ruolo di orientamento alle scelte successive (liceo genearle e/o tecnologico; liceo professionale), in cui l'indirizzo generale e tecnologico differiscono per quanto riguarda i metodi didattici e i supporti. Nell'ultimo anno sono presenti, inoltre, le classi d'inserimento che offrono un primo approccio con il mondo del lavoro e una preparazione di carattere prevalentemente di tipo pratico, per gli alunni che saranno ammessi alla formazione professionale.
Gli studi liceali dei licei generali e tecnologici sono organizzati in due cicli e si caratterizzano per la presenza di materie comuni per tutti gli alunni, due materie opzionali d'indirizzo e, possibilmente, una scelta di materie a discrezione dell'alunno. Le materie d'indirizzo offrono la possibilità di specializzarsi in date materie senza, però, rendere la scelta irreversibile. In aggiunta, allo scopo di prendere in considerazione i bisogni individuali sono state introdotte misure di accompagnamento, attraverso forme di assistenza individuale e moduli.
Per quanto riguarda il diploma e le qualifiche professionali, possono essere acquisiti o nei licei professionali o attraverso l'apprendistato, i cui corsi possono essere gestiti o dagli appositi centri di formazione o dagli stessi licei professionali..
La presenza di tre rami di studi nell'istruzione professionale iniziale, di diversa durata e contenuti, non impedisce la possibilità di proseguire gli studi fino all'acquisizione del diploma professionale o del liceo tecnologico. Il team dei docenti e il consiglio di classe danno una propria opinione all'alunno e alle famiglie. L'accesso al liceo tecnologico, dato che il diploma finale non prepara ad un immediato ingresso nel mondo del lavoro, ma piuttosto a proseguire gli studi nell'istruzione superiore, viene raccomandato a quegli alunni che hanno dimostrato motivazione, volontà, autonomia e capacità d'applicazione, in modo da essere in grado di seguire gli studi che portano al diploma. Sono presenti classi d'adattamento in cui si attuano corsi di potenziamento, prima di entrare nelle classi tecnologiche comuni a tutti gli alunni.
Per quanto riguarda l'apprendistato, si tratta di un percorso di formazione e lavoro strutturato, rivolto ai giovani tra i 16 e 25 anni e di durata variabile, da uno a tre anni, in relazione al ciclo d'istruzione cui prepara (istruzione professionale o tecnologica o ad un altro titolo di studio). In teoria, un percorso corrispondente a quello proposto in Italia per l'alternanza scuola e lavoro. In realtà, ci sono differenze sostanziali sul piano della gestione del sistema, della sua organizzazione e dei diritti degli studenti lavoratori. Innanzitutto, si tratta di un sistema strutturato a livello nazionale: è' previsto un minimo di 400 ore di formazione media annue, almeno 1500 se ci si prepara al baccalaureato professionale o al brevetto di tecnico superiore. I Centri di formazione per apprendisti sono, inoltre, soggetti al controllo didattico del Ministero dell'Educazione.

Un'osservazione finale. Pur in presenza di due modelli didattici e strutturali assai diversi, un aspetto li accomuna In entrambi i casi siamo in presenza di una scuola inserita in un contesto di apprendimento per la vita. Sia in Francia sia in Finlandia è possibile farsi riconoscere le competenze comunque acquisite ed è sempre possibile il rientro in formazione per acquisire il titolo di studio. L'obiettivo " non uno di meno" è raggiungibile solo se si lascia sempre la porta aperta.