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Carta.L'istruzione di Sisifo-di Pino Patroncini

L'ISTRUZIONE DI SISIFO "Vocazionale". Una volta Gianfranco Fini propose di usare questo aggettivo al posto di "professionale"per indicare le scuole, quasi che cambiando nome cambiasse la sostanza d...

02/11/2005
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Carta

L'ISTRUZIONE DI SISIFO

"Vocazionale". Una volta Gianfranco Fini propose di usare questo aggettivo al posto di "professionale"per indicare le scuole, quasi che cambiando nome cambiasse la sostanza del problema. In quei giorni la polemica sulla biforcazione nel secondo ciclo era alle stelle e persino Confindustria paventava un impoverimento tecnologico che avrebbe provocato un impoverimento produttivo. Fino ad allora l'aggettivo era stato riservato a cose addirittura sacre. Ma in realtà quell'aggettivo altro non era che un anglicismo: "vocational education" è prosaicamente l'istruzione professionale inglese. Al contrario i francesi si stanno oggi interrogando se cambiare o no denominazione ai loro licei professionali trasformandoli in "licei dei mestieri", un termine che nessuno in Italia si sognerebbe di usare, dal momento che "mestiere" ha un significato piuttosto plebeo, mentre in Francia la professione è comunque il "metiér" a prescindere che sia quella dell'operaio o quella dell'insegnante.
Questo giocare sulle parole è la foglia di fico che nasconde il cattivo rapporto che da noi è sempre esistito tra la scuola e lavoro, che poi si è tradotto anche nel cattivo rapporto tra i percorsi di istruzione generale e i percorsi di istruzione tecnica e professionale o meglio tra questi ultimi e i ministeri dell'istruzione. Non a caso nel 1861 la prima legge dell'Italia Unita affidò le scuole tecniche al ministero dell'agricoltura e dell'industria e non a quello dell'istruzione. Nel 1877 la Sinistra (quella di allora) le riportò dentro. Gentile nel 1924 le rimise fuori, con motivazioni non dissimili da quelle che abbiamo sentito in questi anni. Bottai le ritirò dentro nel 1936. Un vero lavoro di Sisifo.
Ma da allora tecnici e professionali sono rimasti dentro al Ministero della Pubblica Istruzione proprio fino alla Moratti, che con la sua ipotesi di separazione in due canali ha pensato bene di ricominciare il supplizio devolvendo il canale professionale totalmente alle regioni. Fino agli anni sessanta per scuole tecniche si intendeva sia l'avviamento, sostitutivo per i più della scuola media, sia le scuole professionali sia gli istituti tecnici che potevano vantare anche discendenze dai più prestigiosi politecnici. Ma gli andirivieni testè descritti uniti a una cultura aristocratica e presuntuosa e all'arretratezza economica del Paese impedirono a lungo che queste esperienze potessero costituire davvero un percorso parallelo e alternativo all'asse ginnasio-liceo-università, come invece avveniva in altri paesi.
Quello che non aveva prodotto la politica lo produsse inevitabilmente il boom economico, oltre al lavorio amministrativo di oscuri funzionari ministeriali che gettarono le basi delle attuali istruzione tecnica e professionali. Al di là della denominazione entrambi i settori avevano caratteristiche professionali: davano un mestiere. Da un lato gli istituti tecnici sfornavano periti, ragionieri, geometri e furono il veicolo principale della massificazione della scuola secondaria negli anni sessanta e settanta. Dall'altro gli istituti professionali con corsi biennali o triennali sfornavano operai specializzati o impiegati, ma col passare del tempo gli anni furono portati a cinque, gli operai potevano divenire anche tecnici e i primi due anni furono costituiti sulla base di un modello unitario. Qualcosa di analogo avveniva anche nel tecnico, sicché i due percorsi non solo vennero ad assomigliare, ma alla fine degli anni novanta si trovavano predisposti per una fusione e per un possibile innalzamento dell'obbligo a 16 anni con alla base un biennio al 60% simile, anche a quello dei licei. Non era tutto rosa e fiori perché gli orari erano pesanti, le discipline troppe, la selezione comunque alta, e a una più alta base culturale non corrispondeva un prolungamento sistematico in una formazione tecnico-professionale superiore, appena abbozzata, ma le basi socio-organizzative dell'impianto erano state gettate.
Poi è arrivata la Moratti&..

Pino Patroncini, FLC-CGIL