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Carta: L'ultimo giorno di scuola degli alunni sans papiers

All'ordine del giorno c'è l'approssimarsi delle vacanze e con loro del rischio espulsione per i figli dei sans papiers.

17/07/2006
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Carta

Bartolomeo Conti

Scuola elementare Olivier Métra, 20° arrondissement a Parigi. Ecco la Francia multiculturale, quella ammirata ed esaltata dopo il mondiale di calcio vinto nel 1998 da Zidane e compagni, quella stessa che ha poi fatto sobbalzare il paese nei tumulti dell'autunno corso. Mentre la Francia multiculturale corre e strilla nel cortile della scuola, nella palestra affianco una quarantina di genitori hanno approfittato del sabato libero per riunirsi. L'estate infatti si avvicina, le scuole si preparano a chiudere, le famiglie iniziano a prepararsi alle fatiche delle vacanze. Se i giovani francesi aspettano impazienti l'ultimo giorno di scuola, per altri quell'ultimo giorno mette ansia e paura. Per loro la fine della scuola può significare l'espulsione dalla Francia. E' la legge sull'immigrazione scelta di Sarkozy, ministro degli interni e prossimo candidato della destra alla presidenza francese, a stabilire che, una volta finito l'anno scolastico, i figli dei sans papiers saranno espulsi con i loro genitori. Nell'ottobre scorso una circolare dello stesso Sarkozy aveva invitato i prefetti a evitare il più possibile le espulsioni durante l'anno scolastico, concedendo così tempo ai sans papiers e ai loro figli. Un tempo che tra pochi giorni sarà scaduto, ma che ha consentito a un pezzo di Francia di organizzarsi contro l'incombente minaccia di espulsioni. Comitati di genitori e insegnanti sono comparsi in tutto il paese dando forma e sostanza alla Rete Educazione Senza Frontiere (RESF), nata nel giugno del 2004 per contrastare la legge Sarkozy sull'immigrazione. La RESF conta ormai livelli diversi, da quello nazionale a quello specifico di ogni scuola, passando per quelli regionale, cittadino e di quartiere. Questa volta però la mobilitazione non coinvolge esclusivamente "i soliti noti", gli attivisti delle Ong o dei sindacati, e non è l'espressione di coloro che sono reclusi ai margini della società. Questa volta a mobilitarsi sono anche i francesi della classe media, quelli che normalmente esprimono le loro pulsioni democratiche solo al momento del voto. Ad essere minacciato è infatti l'immigrato prossimo, quello che condivide il quartiere e la scuola, è l'amico dei loro stessi figli.
"Le amiche di mia figlia - dice Sandrine, una delle mamme francesi della scuola Métra - hanno origini diverse, una è senegalese, l'altra ivoriana, l'altra ancora algerina. Ma per loro non è importante l'origine, sono cresciute insieme e sono amiche. Per quel che mi riguarda non sopporto l'idea che un genitore possa uscire la mattina e non tornare a casa la sera perché viene arrestato per essere espulso". Sandrine, che di mestiere fa l'assicuratrice e che non si considera affatto un'attivista quanto una francese piuttosto benestante, si è trovata sempre più coinvolta nella causa dei figli dei sans papiers. "Gli stranieri che arrivano cercano una vita normale ed io non accetto l'idea che gli si risponda No, non potete! Qualcuno che abbandona il suo paese non lo fa se non è costretto. In qualche modo lo so perché ho visto il dolore che si portava dentro mio padre, un pieds noirs che ha dovuto lasciare l'Algeria..."
Il 31 maggio, di fronte al sindaco del 20° arrondissement, Sandrine ha assunto la funzione di madrina di Darline, figlia di Delissoir, sans papiers haitiano. La storia di Delissoir assomiglia a tante altre storie di sans papiers, fatte di fughe, abbandoni e nostalgia. Fuggito da Haiti durante il periodo di Aristide, Delissoir si è rifugiato nella Guadalupe francese, dove in seguito ha dovuto lasciare figlia e moglie. Arrivato in Francia nel 2000, ha chiesto un asilo politico che gli è stato negato ed è dunque entrato anche lui nella clandestinità, come tanti altri sans papiers. Nel 2003 la figlia l'ha raggiunto a Parigi, ma oggi rischiano entrambi una nuova espulsione verso Haiti. "Non posso tornare! - dice senza esitazioni Delissoir - La mia vita e quella di mia figlia sarebbero in pericolo. E inoltre mia figlia Darline non è mai stata ad Haiti, non conosce quel paese. Per lei sarebbe durissima! Viviamo in Francia, tra mille difficoltà, ma vorremmo restare. Darline ha qui le sue amicizie ed io - afferma con un gran sorriso Delissoir - amo la Francia!". Sembra quest'ultima piuttosto una risposta al ministro degli interni Sarkozy che, raccogliendo lo slogan di Jaen Marie Le Pen, aveva stabilito il principio ispiratore della nuova legge sull'immigrazione: "La Francia, o l'amate o la lasciate".
Quello di Sandrine e Delissoir non è comunque un caso isolato. Ogni settimana nuove cerimonie pubbliche sanciscono il legame tra francesi e figli di sans papiers. "Essere madrina - spiega Sandrine - significa innanzitutto aiutare la famiglia in tutto ciò che è necessario per avere i tanto famigerati papiers. Inoltre siamo lì a disposizione per ogni evenienza, in particolare se i genitori vengono arrestati per essere espulsi".
La mobilitazione di genitori, professori e compagni di scuola è spesso riuscita ad impedire che i sans papiers e i loro figli fossero espulsi. Come nel caso di Rachida Driouche, madre marocchina di due bambini della scuola Mètra, per la quale l'intera scuola si è mobilitata. Quando all'udienza in tribunale si sono poi presentate ben 250 persone il prefetto ha semplicemente stabilito l'annullamento dell'atto di espulsione. Poco tempo dopo la famiglia Driouche ha ottenuto una carta di soggiorno di dieci anni. In un altro caso, sempre grazie alla forte mobilitazione, il prefetto di Evreux ha addirittura dovuto organizzare il ritorno in Francia di una giovane madre precedentemente espulsa a Bamako, in Mali. Un successo che, insieme ad altri, ha in un certo senso dimostrato che "ottenere i papiers è possibile" ed ha permesso alla mobilitazione di allargarsi fino a portare dei preti e addirittura alcune famiglie di militari a nascondere i figli dei sans papiers. "Ma il problema - afferma Jean Serror, uno dei principali animatori del comitato di genitori della scuola Métra - non è tanto la mobilitazione dei cittadini francesi, quanto la paura di molti sans papiers di esporsi chiedendo il nostro sostegno. Solo di fronte ai successi ottenuti alcuni hanno deciso di uscire allo scoperto, ma resta il problema di come coinvolgere anche gli altri, di come costruire un effettivo rapporto di fiducia".
Sempre più spesso la protesta ha assunto i toni di una vera e propria disobbedienza civile, come nei casi in cui genitori e professori francesi hanno deciso di nascondere i figli dei sans papiers arrestati al fine d'impedirne l'espulsione. Infatti, in nome della salvaguardia dell'unità familiare, nessun sans papiers può essere espulso senza i propri figli e quindi una volta arrestati i genitori tocca ai figli essere rintracciati per essere espulsi. E' quanto è avvenuto in diverse scuole, dove tra lo sgomento di professori e compagni, la polizia amministrativa si è presentata per prelevare i figli dei sans papiers arrestati. L'azione di professori e genitori che fanno parte del RESF è quindi diventata quella di evitare che la polizia trovi i figli e così di evitare le espulsioni. Per l'estate in arrivo si moltiplica il numero di coloro che aderiscono ad una rete di solidarietà al fine di nascondere i bambini in caso di urgenza così come c'è chi si organizza per portare i figli dei sans papiers in vacanza. Negli aeroporti sono poi i sindacati ad organizzarsi per tentare di ostacolare il più possibile le espulsioni. Tra pochi giorni, quando la scuola finirà, sarà infatti dagli aeroporti che si partirà, con un biglietto di andata e ritorno per le vacanze oppure con un biglietto di sola andata per i paesi da cui si è scappati.