Carta-Scuola permanente
Scuola permanente Riccardo Desideri "Siamo un popolo più istruito". Con quest'insolito (per l'austero istituto...) titolo, l'Istat ha presentato i risultati del censimento 2001 sull'educazione s...
Scuola permanente
Riccardo Desideri
"Siamo un popolo più istruito". Con quest'insolito (per l'austero istituto...) titolo, l'Istat ha presentato i risultati del censimento 2001 sull'educazione scolastica in Italia. Certo constatare una diminuzione del livello di istruzione a dieci anni dalla precedente rilevazione sarebbe stato inquietante. Ma la realtà delle cose è che ci si trova davanti ad un quadro educativo in lenta, lentissima evoluzione, per non dire stagnazione. A Lisbona nel 2000 i paesi dell'Ue si sono dati l'obiettivo di ampliare la "presa educativa", gli scolarizzati nel loro insieme, dell'11 per cento entro il 2010. Un traguardo ambizioso (se non irrealizzabile) per l'Italia, che nel decennio 1991-2001 ha incrementato l'estensione dell'offerta formativa di appena un punto percentuale. La nostra collocazione internazionale (Ocse 2004) fra i paesi più istruiti vede l'Italia al terz'ultimo posto tra trenta concorrenti, seguita solo da Portogallo e Messico.
Con quest'inquietante introduzione il professor Saverio Avveduto, presidente dell'Unla [Unione nazionale per la lotta contro l'analfabetismo], ha tratteggiato e riassunto la situazione del sistema scuola-società nell'Italia dei nostri giorni, durante un incontro promosso in collaborazione con lo Spi Cgil. Il quadro si è fatto ancor più fosco dopo gli interventi di Tullio de Mauro, Sergio Zavoli ed Aureliana Alberici. Nefandezze dell'ultima legislatura a parte (e non sono state poche...), il problema del nostro sistema educativo è e resta strutturale.
Nel presentare la sua ultima ricerca:"La croce del sud: arretratezza e squilibri educativi nell'Italia di oggi", Avveduto ha illustrato gli ultimi, allarmanti, dati Istat sull'educazione e ha constatato come i cittadini italiani, quanto a scolarità, formino una piramide: al vertice un 7,5 per cento di laureati, alla base un 36,5 per cento di "ana-alfabeti", cioè del tutto analfabeti (quasi sei milioni di persone!) o appena alfabeti (licenza elementare); circa venti milioni di "sans papier" ... E' noto poi che le conoscenze decadono se non vengono stimolate, ed è risaputo, nel mondo scientifico, che le capacità culturali regrediscono ogni cinque anni ad un livello d'istruzione precedente a quello posseduto (un laureato inattivo torna dopo cinque anni ad un livello culturale pre-universitario).
Quello che occorre, secondo il professore è agire su due direttrici: "Da una parte allargare l'utenza formativa scolastica al più alto numero di destinatari, dall'altra recuperare le fasce oltre 25 anni fuoriuscite dal sistema educativo e, nei grandi numeri, mai più esposte all'irradiazione formativa".
Bisogna trasformare la piramide educativa in un tronco di cono ed occuparsi dell'inesorabile perdita di conoscenze che accompagna una parte significativa degli alfabeti che, come molti possessori di licenza media, immersi a tempo pieno nelle loro attività di lavoro, lasciano deperire, senza averne neppure consapevolezza, il loro giovanile patrimoni culturale. De Mauro, dopo aver aggiunto che il 25 per cento dei possessori di licenza media dichiara di non saper leggere e scrivere, dice anche che un dirigente su tre non legge alcun libro nell'arco dell'anno. La soluzione, per tutti i partecipanti al convegno, rimane una sola: serve un metodo di educazione permanente, una "long life learning", importantissima anche per uscire dall'odierna situazione di ristagno economico. Non bisogna dimenticare che il nostro paese è tra quelli che hanno un più basso livello di addetti all'industria con titolo universitario, così come, tra undici paesi presi in considerazione, è all'ultimo posto per addetti alla produzione di merci e servizi in possesso di una laurea.
Secondo Aureliana Alberici la disinformazione continuata e organizzata di questi anni non ha permesso il mantenimento e la gestione delle conoscenze, contrastando la loro trasformazione in competenze permanenti. Una tv onnicomprensiva e lobotomizzante, priva di qualunque qualità cognitiva, ha preso il posto della scuola, e una cultura fatta di vacue certezze quello della cultura del dubbio e del dialogo. Per Sergio Zavoli la situazione è quella di un paese disastrato. Manca del tutto una cultura dell'istruzione; In Olanda, Svezia e Germania si investe nell'istruzione obbligatoria dal '600, in Italia da 50 anni, e con le dovute riserve. Questo governo non ha mai parlato di progetti di educazione permanente, non ha mai pensato che un passaggio, anche breve, in un nuovo ciclo formativo, riaccende facilmente le capacità culturali sopite, ha abrogato tutto l'abrogabile (decreto Berlinguer, direttiva De Mauro...) e non ha proposto altro che soluzioni prive di senso. Serve invece una "inondazione educativa" della popolazione in ogni fascia di età, in forme appropiate e incentivando i rientri scadenzati degli adulti non scolarizzati, attraverso scansioni programmate per produrre conoscenze aggiornate.
Basta adeguarsi ai cambiamenti sociali in corso. Non è un caso che il 23 per cento dei nuovi iscritti all'università abbia intorno ai 30 anni, come non lo è il fatto che molti tra i tantissimi che seguono i corsi delle università popolari, abbiano i capelli bianchi. La voglia di apprendere e di sapere diventa sempre più una necessità, sia personale che lavorativa. "Apprendimento concentrato" in una fase iniziale e "apprendimento ripartito" vita natural durante, devono diventare un polo costante di interesse, per gli Atenei e per il governo che verrà. In paticolar modo l'interesse e gli sforzi vanno rivolti verso quella che Avveduto indica come "la Croce del sud" composta dalle regioni meridionali dell'Italia, dall'Abruzzo alla Calabria, isole comprese, dove l'analfabetismo arriva al 13 per cento. E' qui, nei piccoli e solitari paesi meridionali che operano l'Unla ed i suoi rappresentanti, cerando di sradicare lo scetticismo, il disimpegno e la rassegnazione dei giovani, attraverso un insegnamento attivo e integrato nella realtà socioculturale locale, cercando in questo modo di spezzare il fortissimo ed endemico legame che intercorre tra analfabetismo e criminalità.
La Alberici ha concluso dicendo che contro il non-sistema educativo, contro ciò che ha investito in questi ultimi anni il mondo della scuola e la società nel suo insieme occorre recuperare la capacità di sdegnarsi e di rifiutarsi, smetterla di chinare il capo e dire no! Non sempre è possibile fare gli struzzi, non più. Lo stesso Martin Luter King, ha aggiunto Zavoli, scongiurava di essere indignati...