Cina, il boom delle Università Ogni anno 8 milioni di laureati
Sempre più atenei stranieri, ma si scontrano con il controllo politico
18/01/2013
La Stampa
ILARIA MARIA SALA HONG KONG
Un esercito di laureati, per preparare il Paese al futuro: questo l’obiettivo della Cina che, secondo un articolo del New York Times, sta investendo 250 miliardi di dollari Usa l’anno per potenziare le sue università e aumentare il numero di laureati pronti a entrare in un mercato del lavoro sempre più specializzato. Finora la Cina si era basata su un doppio approccio: istituti di studi superiori di qualità, valutati ogni anno con graduatorie che mettono sempre ai primi posti gli atenei delle principali città - quelli in cui, storicamente, sono stati versati i fondi pubblici più generosi. Accanto a questa élite, la grande massa dei lavoratori manuali, operai e operaie che, con un livello d’istruzione medio-basso, andavano nelle fabbriche del Sud e delle zone costiere.
Oggi il panorama educativo cinese sta cambiando in fretta e con esso anche le ambizioni tanto dei giovani che della leadership. Non solo le università di Stato vengono potenziate con ingenti finanziamenti, ma anche quelle private si espandono in modo costante - alcune fondate e gestite da aziende, che così formano il loro personale di domani - e aumentano gli atenei internazionali e i programmi di studio in cooperazione con università straniere. Negli ultimi dieci anni gli atenei sono raddoppiati (oggi sono 2.409) ma tanta cinese rapidità ha portato a una situazione caotica, dove istituti privi di vere qualifiche si presentano ora come «università», pur senza un corpo docente adeguato o le infrastrutture necessarie. La Cina sforna ogni anno 8 milioni di laureati, una cifra ancora bassa rispetto alla popolazione, ma che aumenta in modo costante ( il corso di laurea più popolare nel Paese è ingegneria).
C’è chi sceglie il prestigio di studiare all’estero, ma anche le università internazionali che aprono campus in Cina sono ormai numerose. Non è un percorso facile: Yale - che aveva provato a lanciare un programma con l’Università di Pechino - ha dovuto chiudere lo scorso anno il progetto, sfinita dalle difficoltà. La città di Changzhou, non lontana da Shanghai, invece, può vantare un Oxford International College, che non è affiliato all’università di Oxford, ma promette di preparare gli studenti a accedere all’università in Gran Bretagna.
Da lungo tempo la Johns Hopkins ha una sede a Nanchino, mentre l’università di Nottingham si trova a Ningbo, e la Columbia ha aperto a Pechino. Resta, forte e vistoso, il problema dell’indipendenza accademica e del controllo politico - ma questo è giudicato un prezzo modesto da pagare per partecipare al boom educativo della Cina.