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“Conta la ricerca, non la rivista!” ANVUR smentita da 12 premi Nobel

La Fondazione Nobel ha diffuso un video intitolato “The research counts, not the journal!” dove alcuni premi Nobel prendono una posizione netta contro l’uso degli impact factors per valutare la qualità della ricerca.

27/06/2017
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ROARS

La Fondazione Nobel ha diffuso un video intitolato “The research counts, not the journal!” dove alcuni premi Nobel prendono una posizione netta contro l’uso degli impact factors per valutare la qualità della ricerca. Si tratta della sintesi di una intera sezione del canale youtube della Fondazione che ospita dodici video di altrettanti premi Nobel, dedicati proprio alla critica dell’uso di bibliometria e impact factors. Nel breve video vengono smentiti tutti i luoghi comuni che nel nostro paese sono serviti per giustificare l’invasione della bibliometria anvuriana. La ricerca di qualità -sostengono i premi Nobel- è solida, basata sui dati, consistente. Non conta la sede di pubblicazione. In particolare per qualificare una ricerca come buona non basta che sia apparsa su una rivista top, passando il giudizio di un paio di referee. Per valutare un ricercatore si devono leggere i suoi lavori, non basta conoscerne la sede di pubblicazione. Il video mostra in modo drammatico che la ricerca italiana è stata saldamente proiettata in un mondo alla rovescia in cui non contano scoperte, dati, solidità. Contano solo sede di pubblicazione, citazioni e autocitazioni. In Cina, probabilmente l’unico paese che ha adottato regole simili a quelle italiane, si stanno accorgendo che i meccanismi di valutazione hanno deformato in modo drammatico la ricerca. Ed è iniziata la discussione per limitare i danni. Noi dovremo aspettare che i baroni del cerchio magico ministeriale ed anvuriano allentino la presa con cui hanno assunto il controllo di quel che resta della ricerca e dell’università italiane.

La Fondazione Nobel ha diffuso un video intitolato “The research counts, not the journal!” dove alcuni premi Nobel per la medicina prendono una posizione netta contro l’uso degli impact factors per valutare la qualità di una ricerca. Si noti l’uso del plurale: non solo l’impact factor di Clarivate Analytics, ma qualsiasi indicatore riferito alla popolarità delle riviste. Il video è la sintesi di una intera sezione del canale youtube della Fondazione Nobel che ospita dodici video di altrettanti premi Nobel, dedicati proprio alla critica dell’uso di bibliometria e impact factor.

Nel breve video vengono smentiti gran parte dei luoghi comuni che hanno circolato nel nostro paese negli ultimi anni per giustificare l’invasione della bibliometria anvuriana. Eccone i contenuti:

The impact factor really isn’t that important. What’s important is that you develop an area of science, you make progressive discoveries and you earn a reputation for SOLID work.

What counts is really the DATA. Any great paper is going to be found and read.

If you do good, solid work consistently, you’ll be recognized.

Institutions have to judge the quality of a PERSON based on the quality of the RESEARCH. You shouldn’t be relying on journal and two or three reviewers to judge that.

I don’t merely look “Oh, here’s one in Science and two in Nature, that means three!” I really do read the papers.

Publish as high as is practical. Don’t waste a whole lot of time making repeated attempts to get into the top tier.

Increasingly with papers that go to Nature or Science, the editorial process can be so protracted, with so many requirements that you end up with a paper which is totally unreadable. You have NO IDEA what it’s about or what these people are trying to say. The reviewers have turned it into a PORRIDGE. You don’t want to publish porridge.

Il nostro paese sta ormai usando impact factors e bibliometria fai-da-te per ogni tipo di decisione: dalla distribuzione del fondo di finanziamento ordinario, ai ludi dipartimentali, alla mancetta per associati e ricercatori, per non parlare delle soglie ASN, e delle liste di riviste per i settori non bibliometrici.

La ricerca italiana è saldamente proiettata in un mondo alla rovescia in cui non contano scoperte, dati, solidità della ricerca. Contano solo sede di pubblicazione e citazioni.

Continuando su questa strada, tra qualche anno, l’università italiana sarà stata trasformata in una organizzazione a rigido controllo centralizzato in cui gli addetti alla ricerca sfornano prodotti della ricerca adattatati a uscire su riviste “prestigiose”, incontrando la viva e vibrante soddisfazione dei valutatori di turno all’ANVUR, cui quei proddoti sono sottomessi (per la valutazione).

In Cina, probabilmente l’unico paese che ha adottato regole simili a quelle italiane, si stanno accorgendo che i meccanismi di valutazione hanno deformato in modo drammatico la ricerca. Ed è iniziata la discussione per limitare i danni.

Noi dovremo aspettare che i baroni del cerchio magico ministeriale ed anvuriano allentino la presa con cui hanno assunto il controllo di quel che resta della ricerca e dell’università italiane.