Corriere: a Gelmini: via dalla scuola i prof che fanno politica
«Ci sono dirigenti e docenti che non applicano la riforma»
L’intervista Il ministro: dal prossimo anno solo il 30% di immigrati per classe
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ROMA — «Ci sono alcuni dirigenti scolastici e insegnanti, una minoranza, che disattendono l’attuazione delle riforme». In che senso disattendono? «Ad esempio vogliono mantenere il modulo anche se il modulo è stato abolito con il passaggio al maestro unico prevalente». Alcuni docenti, come sa, non condividono la riforma. «Criticare è legittimo ma comportarsi così significa far politica a scuola e questo non è corretto. Se un insegnante vuol far politica deve uscire dalla scuola e farsi eleggere. Quella è la sede per le sue battaglie, non la cattedra ». Comincia l’anno scolastico, il ministro della Pubblica istruzione Mariastella Gelmini ha appena fatto gli auguri («in bocca al lupo») agli 8 milioni di studenti che da oggi torneranno in classe. Ma, con la protesta dei precari e la manifestazione annunciata dal Pd, questo primo giorno di scuola sembra portare con sé nuove tensioni.
Ieri, sul Corriere, Ernesto Galli della Loggia ha paragonato il ruolo del ministro dell’Istruzione a San Sebastiano, bersagliato da ogni parte e destinato quasi sempre a scontentare tutti. Lei è su quella poltrona da un anno e mezzo, si trova d’accordo?
«È vero, è un ruolo complicato ma non mi sento un ministro particolarmente contestato. Tempo fa, ricordo, ne parlai con il mio predecessore Luigi Berlinguer».
Anche lui ebbe qualche guaio.
«Con un certo senso dell’umorismo mi disse che ero molto fortunata perché il vero inferno l’aveva vissuto lui, criticato anche dalla sua stessa maggioranza».
Lei non ha questo problema ma oggi ci saranno manifestazioni di protesta in tante città.
«Rispetto chi contesta ma sono convinta che si tratti di un numero molto limitato di persone».
Limitato?
«Limitato rispetto ai tanti genitori e studenti che non si vogliono più accontentare di una scuola mediocre. E che non vogliono sentir parlare solo di organici e di curriculum ma di scuola come luogo di educazione, di un servizio che dovrebbe stare a cuore a tutti. Come gli ospedali».
Per rimettere ordine nel campo dell’istruzione Galli della Loggia si augura proprio uno sforzo congiunto di tutte le forze politiche interessate al bene del Paese. Lei ci crede?
«No. Nella mia prima audizione in Parlamento avevo auspicato che tutte le riforme venissero affrontate con uno spirito bipartisan. Dopo un anno, dalla sinistra non ho sentito proposte ma solo invettive contro il governo: se necessario, quindi, andremo avanti da soli. Su questo punto sono delusa dal mio predecessore, Giuseppe Fioroni ».
Alcune riforme del ministro Pd, ad esempio sull’istruzione tecnica e sulla formazione, lei però le ha confermate.
«Sì, perché sono decisioni che condivido. Ma credo che ormai Fioroni debba scegliere se fare il responsabile istruzione del Pd, e quindi lavorare per il bene della scuola italiana, oppure fare politica punto e basta. Nessuna sorpresa se lui gioca una partita in vista del congresso del suo partito ma non usi la scuola come strumento della contesa tra Franceschini e Bersani. La scuola non può essere il luogo della protesta della sinistra e della Cgil».
Intende dire che la protesta dei precari è strumentalizzata dalla sinistra?
«La protesta esprime un disagio reale che va rispettato. Ma la sinistra preferisce salire sui tetti per esprimere la solidarietà ai professori e cavalcare il disagio sociale senza assumersi responsabilità per il passato».
Sono solo loro le responsabilità? In questi anni ha governato anche il centrodestra.
Sono responsabilità che vengono da lontano. Per anni, complici i sindacati, si è data la sensazione che ci fosse spazio per tutti quelli che volevano fare gli insegnanti, per poi lasciarli in graduatoria anni ed anni. Sono state vendute illusioni che si sono trasformate in cocenti disillusioni».
Ma chi aspetta un posto da 20 anni ed è ancora precario ha forse torto a scendere in piazza e chiedere una cattedra, uno stipendio?
«No, certo. Credo che nei prossimi cinque anni, grazie ai prepensionamenti, la gran parte di questi precari verrà assorbita negli organici. Ma è fondamentale impedire che nel frattempo si allunghi di nuovo la coda. Per questo abbiamo chiuso le sis, le scuole di specializzazione per l’insegnamento, e introdotto il numero programmato ».
È vero che il Quirinale ha espresso dubbi sull’inserimento della norma salva precari nel decreto Ronchi sulle violazioni comunitarie? Servirà un decreto ad hoc?
«Dal Colle non ci è arrivata nessuna comunicazione ufficiale. Se arriverà la rispetteremo anche se resto convinta della nostra scelta. In ogni caso sarebbe uno slittamento di pochi giorni ».
Ministro, gli stranieri sono sempre più numerosi nelle nostri classi. In alcuni casi si arriva al 97 per cento degli studenti: va bene così?
«No, rischiamo di creare delle classi ghetto. Dall’anno prossimo ci sarà un limite del 30 per cento. Volevamo introdurlo già quest’anno ma non c’erano i tempi tecnici per procedere ».
L’inglese alla scuola media. La possibilità di aggiungere due ore alle tre già previste si è scontrata con le ordinanze del Tar del Lazio. Ci riproverà l’anno prossimo?
«È vero che ci sono delle difficoltà applicative. Ma, compatibilmente con gli organici, è una strada percorribile già quest’anno. È stata chiesta dal 15 per cento delle famiglie».
E per l’università? Quando crede che arriverà in porto la riforma?
«Tra ottobre e novembre partirà l’esame in Parlamento, spero che il prossimo anno sia operativa».
Anche quest’anno ci sono stati errori nei test d’ingresso. È un modello da modificare?
«Per medicina c’era solo un errore sul sito internet, l’abbiamo corretto e il quesito sarà conteggiato. Mentre per architettura stiamo valutando se non tener conto di una domanda che forse non era chiara. In futuro i test non saranno più gestiti dalle singole università ma nazionali, per ogni facoltà. Così sarà possibile indirizzare ogni ragazzo verso la facoltà più adatta al suo talento ed al suo merito».
Lorenzo Salvia