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Corriere: «All’università barriere insormontabili Non abbiamo le stesse opportunità»

Cristiana Compagno, rettore dell’università di Udine

14/08/2009
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Corriere della sera

ROMA — «Sì, siamo davvero in poche a rico­prire il ruolo di rettore»: Cristiana Compagno, economista, è alla guida dell’università di Udi­ne. È stata la prima in Italia ad arrivare a questo traguardo, raggiunto finora solo da quattro col­leghe.

Solo il 2,4% dei rettori in Italia sono donne. Perché? Ci sono discriminazioni?

«Non credo che si tratti di discriminazioni in senso stretto. Io non mi sono mai sentita tratta­ta o valutata diversamente da un collega uomo per il semplice fatto di essere donna».

E allora?

«Oggettivamente ci sono barriere quasi insor­montabili all’inizio della carriera accademica».

Di che barriere parla?

«Le ricercatrici sono tantissime. In alcune fa­coltà e in alcuni dipartimenti ci sono più ricerca­trici che ricercatori. Il problema viene dopo».

Cioè?

«La fase dell’avviamento e del consolidamen­to della carriera non si concilia con i tempi spes­so richiesti alle donne per seguire la casa, accudi­re i figli o i genitori anziani. E molte, moltissime ricercatrici, non hanno scelta: si dividono fra il doppio lavoro, quello all’università e quello a ca­sa. Solo che nel confronto con i colleghi uomini, a prescindere dalla preparazione, alla fine esco­no sconfitte perché hanno meno tempo per la ricerca, per le pubblicazioni, per frequentare cor­si, per studiare. E quando vanno ai concorsi, si presentano con punteggi più bassi. Ma non vuol dire che siano meno preparate o meno bra­ve ».

Quindi ci si ferma al primo step della carrie­ra accademica? E’ così?

«Purtroppo spesso sì. Qualcuna ce la fa, ma è difficile. Già fra gli ordinari c’è la decimazione: le donne sono pochissime. Figuriamoci fra i ret­tori ».

Secondo il Censis, anche in facoltà «storica­mente a forte prevalenza femminile (farma­cia, psicologia, lettere) la percentuale di do­centi ordinari è sempre molto sbilanciata a fa­vore degli uomini»...

«E’ vero, perché non dipende dalla materia, ma dai meccanismi che controllano l’accesso al­le carriere».

Lei diceva di non essersi mai sentita discri­minata. Nemmeno agli inizi della carriera?

«Mai. Del resto la valutazione della ricerca ri­sponde a criteri abbastanza oggettivi: le pubbli­cazioni per esempio hanno punteggi codificati. Certo, non escludo che possano esserci anche di­scriminazioni, ma il problema principale è che le donne hanno meno opportunità degli uomi­ni ».

Che cosa fare?

«Il discorso è complesso perché il problema riguarda il posto di lavoro sicuramente, ma an­che la casa e la famiglia».

Servono le «quote rosa» per garantire le presenze femminili?

«No, perché bisogna andare avanti per meri­to. Però alle donne devono essere date le stesse opportunità degli uomini».

Lei comunque è riuscita ad arrivare al top della carriera accademica. Come ha fatto?

«Sono stata tenace e fortunata. E le persone che ho vicino mi hanno aiutato».