Corriere: Arriva l’era del ricercatore low cost «In Cina e India si spende la metà»
Le scelte di Nokia Siemens di puntare sui mercati emergenti, da Bangalore a Hangzhou. Il caso del polo delle telecomunicazioni di Cinisello e Cassina de’ Pecchi
Nella Milano che orgogliosamente prepara la sua Expo 2015 seicento ricercatori della Nokia Siemens Networks di Cinisello Balsamo e Cassina de' Pecchi rischiano di dover lasciare il posto di lavoro. Ufficialmente l'azienda, metà finlandese metà tedesca, non parla di chiusure o licenziamenti ma le mail spedite dal quartier generale ai dipendenti dell'area milanese non lasciano spazio alle illusioni e sono più chiare di un manifesto. L'ultima è di pochi giorni fa: il mittente è uno dei top manager del colosso finlandese della telefonia mobile, Torbjorn Kvist, e il messaggio suona come una condanna a morte per le sedi milanesi che subiranno una drastica riduzione dei carichi di lavoro e una «discontinuità» nei compiti loro assegnati. La discontinuità di cui parla Kvist nella sua raggelante mail vuol dire che la ricerca Nokia sulle tecnologie di nuova (terza e quarta) generazione lascia il Nord Italia e si installa in Asia, a Hangzhou e a Bangalore. Le motivazioni dell'azienda possono essere così freddamente sintetizzate: a) la ricerca nel terzo millennio se vuol essere efficace e redditizia deve essere vicina ai mercati di sviluppo per poterne assecondare richieste e mutamenti; b) le aree in cui i venditori di telefonia pensano di poter fare affari nell'immediato futuro sono Cina e India; c) non resta che abbandonare gradualmente i mercati giudicati maturi (Italia) e prendere la strada di Pechino.
La novità, tragica per noi italiani, è che finora discorsi come questi riguardavano il settore manifatturiero, le fabbriche tessili o chimiche. Ad emigrare verso Est erano posti di lavoro «poveri» e prodotti largamente copiabili, oggi la Cina invece comincia ad attrarre la ricerca e se ne vanno posti di lavoro pregiati che non torneranno più a disposizione dei laureati dei nostri Politecnici. «Anche in questo campo — dicono i ricercatori di Cinisello — la qualità si è standardizzata. Le università cinesi sono buone quanto le nostre e a questo punto la competizione si gioca solo sui costi. Uno di noi a Milano costa all' azienda all'incirca 45 euro l'ora, in Cina la metà». Siamo dunque entrati ufficialmente nell'era del ricercatore low cost. «E se Nokia e Siemens tutelano i loro siti di ricerca in Finlandia e in Germania — aggiunge Roberto Zanotto della Fiom-Cgil — nessuno fa niente per l'Italia. Da noi le telecomunicazioni languono e Nokia ci considera un Paese senza prospettive».
La joint venture tra finlandesi e tedeschi risale al 2007, già in partenza nasce sotto l'egemonia di Helsinki e il distacco progressivo della multinazionale bavarese dalle telecomunicazioni. Il nucleo portante della ricerca di Cinisello e Cassina de' Pecchi è una diretta eredità del vecchio insediamento Italtel di Castelletto di Settimo, ai tempi di Marisa Bellisario uno dei templi della ricerca made in Italy (un altro era il centro Honeywell di Pregnana Milanese e un altro ancora quello Telettra di Vimercate). Se ora i due siti dovessero chiudere o comunque spegnersi si chiuderebbe la lunga stagione del polo milanese delle telecomunicazioni d'avanguardia. E' evidente che in questo business i cinesi sono all'attacco, colossi come la Huawei e la Zte sono i nuovi padroni del campo e si vocifera anche di un interessamento di quest'ultima per ciò che resta dell'Italtel.
In questi anni Cinisello e Cassina hanno subito un lento dimagrimento ma adesso siamo alla frutta. «La Nokia smantella in maniera farisaica. Dice di non licenziare ma esercita il massimo della pressione perché la gente si licenzi. Non credo proprio che sia un modo corretto di comportarsi in un Paese straniero » denuncia Zanotto. Ufficialmente a Milano resterebbe la ricerca sul Gsm-Edge, ma è risaputo che per questa tecnologia il mercato è declinante e quindi non ci si può far affidamento. La cosa sconcertante, a detta dei sindacati, è che mentre il governo italiano si lancia nei progetti di finanziamento della banda larga la Nokia ci creda poco o niente. Il segnale che arriva da Roma è giudicato vago, la dotazione di risorse (800 milioni) diluita in cinque anni non pare particolarmente attraente e comunque di fronte al miraggio di rafforzarsi in Cina quei soldi sono peanuts, noccioline.
Per i 600 ricercatori milanesi è iniziata una lunga Via Crucis. Hanno un'età media attorno ai quaranta e quindi per loro non ci sono prepensionamenti possibili. Guadagnano circa 2 mila euro al mese ma chi si è messo in caccia di un nuovo posto di lavoro ha trovato (rare) offerte a 1.000-1.200 euro al mese e per di più con un contratto a progetto. La protesta dei ricercatori ancora non è esplosa. Non sono tipi da picchetti duri e da manifestazioni clamorose, solo pochi sono iscritti al sindacato e come forma di lotta preferiscono lo sciopero bianco e l'azione dimostrativa a mo' di rappresentazione teatrale. Qualche settimana fa, ai primi segnali di sganciamento della Nokia, hanno organizzato «il funerale della ricerca» con tanto di bara e di preghiera per il caro estinto. E' difficile che vadano a bloccare la tangenziale, è più facile è che inizi per loro una lenta diaspora. Qualcuno ha intenzione di prendere i soldi dalla Nokia per dimettersi e aprire un'edicola, qualcun altro riparerà in Svizzera. Così aspettando l'Expo la ricerca a Milano potrà morire in silenzio.
Dario Di Vico
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