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Corriere: Arriva l’era del ricercatore low cost «In Cina e India si spende la metà»

Le scelte di Nokia Siemens di puntare sui mercati emergenti, da Bangalore a Hangzhou. Il caso del polo delle telecomunicazioni di Cinisello e Cassina de’ Pecchi

10/08/2009
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Corriere della sera

Nella Milano che orgogliosamen­te prepara la sua Expo 2015 seicen­to ricercatori della Nokia Siemens Networks di Cinisello Balsamo e Cassina de' Pecchi rischiano di do­ver lasciare il posto di lavoro. Uffi­cialmente l'azienda, metà finlande­se metà tedesca, non parla di chiu­sure o licenziamenti ma le mail spedite dal quartier generale ai di­pendenti dell'area milanese non la­sciano spazio alle illusioni e sono più chiare di un manifesto. L'ulti­ma è di pochi giorni fa: il mittente è uno dei top manager del colosso finlandese della telefonia mobile, Torbjorn Kvist, e il messaggio suo­na come una condanna a morte per le sedi milanesi che subiranno una drastica riduzione dei carichi di lavoro e una «discontinuità» nei compiti loro assegnati. La disconti­nuità di cui parla Kvist nella sua raggelante mail vuol dire che la ri­cerca Nokia sulle tecnologie di nuo­va (terza e quarta) generazione la­scia il Nord Italia e si installa in Asia, a Hangzhou e a Bangalore. Le motivazioni dell'azienda possono essere così freddamente sintetizza­te: a) la ricerca nel terzo millennio se vuol essere efficace e redditizia deve essere vicina ai mercati di svi­luppo per poterne assecondare ri­chieste e mutamenti; b) le aree in cui i venditori di telefonia pensano di poter fare affari nell'immediato futuro sono Cina e India; c) non re­sta che abbandonare gradualmen­te i mercati giudicati maturi (Ita­lia) e prendere la strada di Pechi­no.

La novità, tragica per noi italia­ni, è che finora discorsi come que­sti riguardavano il settore manifat­turiero, le fabbriche tessili o chimi­che. Ad emigrare verso Est erano posti di lavoro «poveri» e prodotti largamente copiabili, oggi la Cina invece comincia ad attrarre la ricer­ca e se ne vanno posti di lavoro pre­giati che non torneranno più a di­sposizione dei laureati dei nostri Politecnici. «Anche in questo cam­po — dicono i ricercatori di Cinisel­lo — la qualità si è standardizzata. Le università cinesi sono buone quanto le nostre e a questo punto la competizione si gioca solo sui costi. Uno di noi a Milano costa all' azienda all'incirca 45 euro l'ora, in Cina la metà». Siamo dunque en­trati ufficialmente nell'era del ricer­catore low cost. «E se Nokia e Sie­mens tutelano i loro siti di ricerca in Finlandia e in Germania — ag­giunge Roberto Zanotto della Fiom-Cgil — nessuno fa niente per l'Italia. Da noi le telecomunica­zioni languono e Nokia ci conside­ra un Paese senza prospettive».

La joint venture tra finlandesi e tedeschi risale al 2007, già in par­tenza nasce sotto l'egemonia di Helsinki e il distacco progressivo della multinazionale bavarese dal­le telecomunicazioni. Il nucleo por­tante della ricerca di Cinisello e Cassina de' Pecchi è una diretta ere­dità del vecchio insediamento Ital­tel di Castelletto di Settimo, ai tem­pi di Marisa Bellisario uno dei tem­pli della ricerca made in Italy (un altro era il centro Honeywell di Pre­gnana Milanese e un altro ancora quello Telettra di Vimercate). Se ora i due siti dovessero chiudere o comunque spegnersi si chiudereb­be la lunga stagione del polo mila­nese delle telecomunicazioni d'avanguardia. E' evidente che in questo business i cinesi sono all'at­tacco, colossi come la Huawei e la Zte sono i nuovi padroni del cam­po e si vocifera anche di un interes­samento di quest'ultima per ciò che resta dell'Italtel.

In questi anni Cinisello e Cassi­na hanno subito un lento dimagri­mento ma adesso siamo alla frutta. «La Nokia smantella in maniera fa­risaica. Dice di non licenziare ma esercita il massimo della pressione perché la gente si licenzi. Non cre­do proprio che sia un modo corret­to di comportarsi in un Paese stra­niero » denuncia Zanotto. Ufficial­mente a Milano resterebbe la ricer­ca sul Gsm-Edge, ma è risaputo che per questa tecnologia il merca­to è declinante e quindi non ci si può far affidamento. La cosa scon­certante, a detta dei sindacati, è che mentre il governo italiano si lancia nei progetti di finanziamen­to della banda larga la Nokia ci cre­da poco o niente. Il segnale che ar­riva da Roma è giudicato vago, la dotazione di risorse (800 milioni) diluita in cinque anni non pare par­ticolarmente attraente e comun­que di fronte al miraggio di raffor­zarsi in Cina quei soldi sono peanu­ts, noccioline.

Per i 600 ricercatori milanesi è iniziata una lunga Via Crucis. Han­no un'età media attor­no ai quaranta e quin­di per loro non ci so­no prepensionamenti possibili. Guadagna­no circa 2 mila euro al mese ma chi si è messo in caccia di un nuovo posto di lavo­ro ha trovato (rare) of­ferte a 1.000-1.200 eu­ro al mese e per di più con un contratto a progetto. La prote­sta dei ricercatori ancora non è esplosa. Non sono tipi da picchetti duri e da manifestazioni clamoro­se, solo pochi sono iscritti al sinda­cato e come forma di lotta preferi­scono lo sciopero bianco e l'azione dimostrativa a mo' di rappresenta­zione teatrale. Qualche settimana fa, ai primi segnali di sganciamen­to della Nokia, hanno organizzato «il funerale della ricerca» con tan­to di bara e di preghiera per il caro estinto. E' difficile che vadano a bloccare la tangenziale, è più facile è che inizi per loro una lenta dia­spora. Qualcuno ha intenzione di prendere i soldi dalla Nokia per di­mettersi e aprire un'edicola, qual­cun altro riparerà in Svizzera. Così aspettando l'Expo la ricerca a Mila­no potrà morire in silenzio.

Dario Di Vico

ddivico@rcs.it