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Corriere: Atenei di Francia in rivolta Studenti e prof contro Sarko

nuovo ’68 Nel mirino la riforma del sistema educativo voluta dall’Eliseo. Bloccate 51 università. Lezioni nei bar e all’aperto

06/05/2009
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Corriere della sera

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

PARIGI — Una volta era un mito. Della cultura e della ri­voluzione studentesca, conti­nuamente rievocato all’indo­mani di ogni nuova scintilla. Oggi è soprattutto un simbo­lo: della decadenza in cui stan­no precipitando molte univer­sità del Paese e di una rivolu­zione conservatrice che — da­gli atenei agli ospedali, dalla burocrazia alle fabbriche — sta mettendo i bastoni fra le ruote ai propositi riformatori di Sarkozy. Parliamo della Sor­bona, dove le domande d’iscrizione sono cadute del 25% rispetto all’anno scorso. Ma potremmo parlare di Tolo­ne, paralizzata e al centro di una poco edificante inchiesta per traffico di diplomi a van­taggio di laureandi cinesi. O di molte altre università, da Tolosa a Nancy, da Bordeaux a Lille: occupate o paralizzate da settimane, costrette a rin­viare le sessioni d’esame e, in alcuni casi, a mettere in di­scussione la validità dell’an­no accademico. Secondo il co­ordinamento nazionale degli studenti, 51 atenei sono par­zialmente o totalmente bloc­cati da scioperi del personale o assemblee permanenti.

La contestazione assume di volta in volta forme pittore­sche o dure. La «ronda» di notte, davanti al municipio di Parigi, ha passato il traguardo delle mille ore e la sera del pri­mo maggio si è spinta a una breve irruzione nell’edificio. Davanti al ministero dell’Edu­cazione superiore c’è stato un lancio di scarpe, una ripropo­sizione del famoso gesto di un giornalista iracheno con­tro Bush. Si tengono lezioni al­l’aperto, sui marciapiedi, in bar, stazioni e treni, per sensi­bilizzare l’opinione pubblica sulla giustezza della lotta.

Membri del governo e illu­stri accademici hanno lancia­to l’allarme sul rischio del se­mestre bianco. Hélene Car­rère d’Encausse, segretario dell’Acadèmie française, par­la di «disastro per la reputa­zione dell’università francese all’estero. Molti studenti stra­nieri non vorranno iscriversi alle nostre università». Il se­gretario generale dell’Eliseo, Claude Gueant, denuncia l’azione di minoranze radicali e il fatto che la maggioranza degli studenti sia tenuta in ostaggio. In effetti, genitori e studenti cominciano a preoc­cuparsi per l’eventuale perdi­ta dell’anno.

Ma, al di là dell’effettivo consenso, la protesta confer­ma un malessere profondo, al punto che per la prima volta si trovano dalla stessa parte della barricata studenti, ricer­catori e professori e sul banco dell’accusa il progetto rifor­matore di tutto il sistema edu­cativo lanciato dal presidente Sarkozy subito dopo la sua ele­zione, nell’estate del 2007.

In sintesi, un progetto arti­colato su tre livelli: autono­mia delle università, con un investimento di cinque miliar­di di euro e la creazione di die­ci poli d’eccellenza per compe­tere con le università anglo­sassoni; riforma dello statuto dei concorsi degli insegnan­ti- ricercatori e revisione dei criteri di formazione degli in­segnanti anche nella scuola secondaria.

L’obbiettivo era il rilancio di un sistema che, nonostante premi Nobel e atenei d’eccel­lenza, ha perso molti punti nelle classifiche mondiali (il primo ateneo si piazza al qua­rantaduesimo posto), subisce un’importante emorragia di iscritti e rischia di trasformar­si in una fabbrica di disoccu­pati. Nonostante il più impor­tante investimento finanzia­rio degli ultimi decenni, il pro­getto di Sarkozy è stato re­spinto per i suoi contenuti ef­ficientistici e «puramente eco­nomici » che hanno innescato la protesta del mondo accade­mico.

Come in molti altri ambiti, il governo ha fatto concessio­ni, ma non al punto di fare marcia indietro. «La riforma — sostiene Valerie Pecresse, la giovane ministra dell’inse­gnamento superiore e della ri­cerca — punta alla competiti­vità internazionale degli ate­nei francesi e a garantire un futuro professionale agli stu­denti. Purtroppo anni di passi­vità hanno minato la fiducia fra mondo universitario e po­tere politico». Dice Isabelle This Saint Janne, presidente del movimento «Salviamo la ricerca»: «La storia degli esa­mi a rischio è un ricatto per screditare la protesta. È il mi­nistro che deve accettare di ri­discutere una riforma che mi­naccia posti di lavoro, autono­mia e qualità della ricerca pub­blica. È tutto il mondo accade­mico che si sente colpito».