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Corriere: Bullismo, il compagno di banco

Uno studente su due ha assistito a violenze I ragazzi chiedono regole e professori severi

12/06/2008
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Corriere della sera

Magari non sarà proprio tutta colpa del Sessantotto, però i ragazzi del Duemilaotto sembrano dare ragione a Francesco De Gregori. Il dissesto delle nostre scuole? Colpa della cultura contestataria e della sua lotta contro l'idea di autorità, ha detto qualche giorno fa il principe dei cantautori italiani. In classe, nei corridoi, nei cortili sono in pochi a rispettare le regole, confermano i ragazzi, che chiedono punizioni certe per chi sgarra e, soprattutto, che i professori si mostrino forti, autorevoli e pronti a dare il buon esempio. «I tempi stan per cambiare» cantava quarant'anni fa un ispiratissimo Bob Dylan, ora ad essere cambiati sono soprattutto loro, gli studenti.
È un colpo di spugna ad alcuni luoghi comuni l'indagine sui comportamenti violenti a scuola di CittadinanzAttiva che viene presentata questa mattina alle 9.30 a Roma, nella Sala delle Colonne della Camera. Una ricerca che ha coinvolto 2.000 medie e superiori dando voce, attraverso una serie di questionari anonimi, a 5.418 studenti e 592 docenti. Per cominciare, una notizia buona e una cattiva: il 63 per cento dei ragazzi afferma sì che gli istituti scolastici sono luoghi sicuri, ma il 51 per cento ammette di aver assistito a episodi di violenza e il 37 per cento di averli subiti. Tutto normale? Non proprio.
D'accordo, c'è chi definisce poco affettuosamente la scuola «nu schifu», un pollaio o la decima bolgia dantesca (quella dei falsari, ndr), tuttavia l'immagine più usata dagli studenti (il 48 per cento) è quella di comunità. Una comunità i cui membri non sono però molto inclini a rispettare le norme, un'ammissione che viene dal 41 per cento degli alunni ed è confermata dal 46 per cento degli insegnanti. La spiegazione è semplicissima: «Il principio fondamentale dell'educazione alla legalità è spesso inapplicato — dice Adriana Bizzarri, responsabile scuola di CittadinanzAttiva —: per chi infrange il regolamento non esiste certezza della pena, anzi. E ciò porta gli studenti a maturare forme di apatia o persino tolleranza verso la violenza».
Violenza uguale bullismo uguale pestaggi di gruppo e capelli incendiati, ci racconta la cronaca. Vero, purtroppo, ma le violenze maggiormente diffuse sono psicologiche, e perciò assai più striscianti, meschine e invisibili di quelle fisiche. Ben 1.771 ragazzi raccontano di quanto siano frequenti le dicerie e gli insulti per mettere un compagno in cattiva luce, gli scherzi per renderlo ridicolo, i tentativi di escluderlo: «Dai dati emerge che il ruolo di vittima o di carnefice sia sempre più spesso assunto da ragazzi stranieri, ovvero quelli maggiormente esposti al senso di emarginazione che spesso genera questi comportamenti», spiega Marco Maggi, formatore e membro della commissione nazionale del ministero dell'Istruzione che combatte il fenomeno.
Le reazioni alla violenza
Non solo straniero: guai a chi è timido, troppo magro o troppo grasso, poco alla moda o molto studioso. Perché un terzo degli intervistati dice di non intervenire mai di fronte a un'aggressione nei confronti di chi è percepito come «diverso» (il 5 per cento fa addirittura il tifo per il prepotente) e il 39 per cento afferma di non aver mai visto nessuno difendere un suo compagno. Stessa linea non interventista per gli atti vandalici, di fronte ai quali la percentuale di chi non muove un dito sale a quota 71. Non solo, per il 45 per cento degli studenti lasciare i rubinetti aperti nei bagni è considerato un comportamento «solo moderatamente scorretto». È proprio la percezione della violenza l'aspetto su cui i ragazzi vacillano: insultare un compagno è giudicata l'azione meno violenta in assoluto (un 23 per cento, non proprio gandhiano, la ritiene addirittura un comportamento «non violento»), mentre è solo il 26 per cento chi considera il furto in classe una cosa «molto violenta».
Videofonini e professori
Rubare non è peccato, ma riprendere il prossimo con i videofonini per metterlo in ridicolo sì. Il 43 per cento dei ragazzi racconta che nella loro classe succede e il 56 per cento stigmatizza un simile abuso del cellulare: «Questo senso di tutela della privacy mi sembra un dato assai positivo — commenta Luca Pisano, criminologo, psicoterapeuta e direttore del-l'Ifos che, tra l'altro, gestisce il sito www.cyberbullismo.com
—. I cosiddetti "cyberbulli" sono comunque moltissimi. Credo dipenda dal fatto che gli adolescenti crescono da soli, in famiglie dove la coppia è in crisi, e mostrarsi come spacconi sul web è il loro modo per avere visibilità e approvazione».
Ma a chiedere modelli forti, punti di riferimento, sono gli stessi studenti. I difetti dei docenti? Dare il cattivo esempio (48 per cento), avere pregiudizi (45), ricorrere alle punizioni collettive e non sanzionare il singolo responsabile (37). Quello ideale, di contro, non è amicone e permissivo, ma soprattutto autorevole: è forte (11 per cento), si fa rispettare (23) e a sua volta rispetta le regole (11).
Modelli e proposte
Di esempi e consigli, però, i ragazzi ne ottengono pochi. Ecco, forse, il punto più dolente dell'indagine: il comportamento dei genitori di fronte alla confessione del figlio di aver subito atti aggressivi a scuola. Già sono un'esigua minoranza quelli che trovano il coraggio di parlarne a casa (1 su 10), e cosa si sentono rispondere? Poco o niente: il 31 per cento dei papà e delle mamme invita a «lasciar stare», il 28 per cento se la cava con un «difenditi» e il 20 per cento non ha proprio nulla da dire.
Come migliorare il funzionamento della scuola? Qualche ragazzo suggerisce l'assunzione di «insegnanti giovani e carine» e solo il 4 per cento ritiene utile che gli istituti mettano a disposizione nuovi spazi per attività ricreative e culturali: «Questo è il risultato dell'aver perso sintonia con i giovani — dice Teresa Petrangolini, segretario generale di CittadinanzAttiva —. È arrivato il momento di stimolarli a partecipare in prima persona alla gestione della scuola. Tra l'altro lo prevede lo stesso statuto degli Studenti, anche se la stragrande maggioranza nemmeno lo sa». Ecco la proposta di CittadinanzAttiva, spiegare tutto questo nel primo giorno di scuola, trasformandolo nella Giornata dell'Accoglienza: «Fare in modo che i ragazzi esercitino finalmente i loro diritti e doveri sarebbe la miglior forma di educazione civica possibile».
Fabio Cutri


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