Corriere: Docenti fannulloni? Si combattono così
di Giuseppe Fioroni
C aro Direttore, ho letto la storia del «professor M» narrata ieri da Pietro Ichino sul Corriere. Se il termometro della nullafacenza segna strutturalmente febbre in ogni comparto della vita pubblica, e al fenomeno non si sottrae neanche il privato, la scuola vuole dare segnali chiari di inversione di tendenza. Sono in questo dicastero da cinque mesi ma dal primo giorno ho messo tra le priorità la verifica degli sprechi che, prima di annidarsi nei bilanci, a volte proliferano nei comportamenti.
Chiariamo subito che il ministro F. non intende dare coperture a nessun professor M. soprattutto perché il «lavativismo» di qualcuno rischia di penalizzare un'intera categoria che invece è piena di esempi quotidiani di impegno e dedizione. Aggiungiamo anche che la materia disciplinare è ormai del tutto decentrata a livello di direzione regionale, uffici scolastici provinciali e singole scuole autonome soprattutto nella fase dell' avvio dei procedimenti. Tutte istituzioni che però possono essere aiutate e incentivate a procedere: difficilmente, ad esempio, un preside precario con incarico annuale potrà imbarcarsi con successo in un'operazione di contrasto di fenomeni radicati. E se il Consiglio nazionale della Pubblica istruzione e i Consigli scolastici provinciali devono attenersi a norme troppo rigide e ipergarantiste difficilmente potranno trovare margini di intervento. Lo stesso ministero, è bene ricordarlo, non può discostarsi dalle decisioni dei Consigli di disciplina se non in senso più favorevole agli interessati.
Questo è stato puntualmente rilevato nei mesi scorsi anche dalla Corte dei Conti nel Rapporto sui procedimenti disciplinari in cui si denuncia in tutto il pubblico impiego un certo lassismo, imputabile anche a procedure eccessivamente garantiste, addirittura nei casi di condanne penali. Il Rapporto è stato peraltro inviato a tutti i Direttori regionali richiamandoli ad interventi più tempestivi e rigorosi per sanzionare comportamenti scorretti. Che fare? Prima di tutto interventi strutturali che cambino alcune delle condizioni di partenza che rendono oggi troppo larga la strada della contravvenzione e troppo stretta quella di chi deve sanzionarla.
A questo criterio rispondono alcuni dei primi interventi promossi per dare, almeno al comparto della scuola, il segnale del cambiamento. Rivedere innanzitutto le norme che regolano gli organi collegiali con riferimento ai collegi di disciplina. Ritengo necessario a questo proposito coinvolgere le organizzazioni sindacali in occasione del prossimo contratto della scuola perché tutta la materia sia rivista in un'ottica di maggiore tutela degli alunni e del servizio.
Promuovere azioni di valutazione che, pur nella salvaguardia delle autonomie delle scuole, siano in grado di individuare e sanzionare per tempo le eventuali patologie. Già nella Finanziaria si prevedono il potenziamento dell'ente di valutazione e la creazione di un'Agenzia per il sostegno dell'autonomia con il compito di verificare efficienza ed efficacia dei singoli istituti scolastici con parametri oggettivi. Dobbiamo poi rafforzare il ruolo dei presidi: a questo servono tra l'altro i due concorsi in atto. Un preside di ruolo, non precario, è certamente più autorevole e più libero di avviare azioni di contrasto alle patologie e di farlo coerentemente nel tempo. Sono di ritorno da Locri, a un anno dall'uccisione di Franco Fortugno. I ragazzi mi hanno chiesto, oltre a una buona scuola in grado di istruirli, una scuola che sia anche maestra di legalità. E' a loro, soprattutto, che dobbiamo rendere conto. E dobbiamo farlo avendo noi per primi le carte in regola, anche quelle del registro delle presenze e anche se le assenze dei professori sono tra le più basse nella pubblica amministrazione.
Ministro della Pubblica Istruzione