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Corriere-I rettori: la riforma affossa il modello Milano

I rettori: la riforma affossa il modello Milano Decleva, Ballio e Fontanesi: "Meno risorse per le università, studenti e docenti penalizzati: difenderemo l'eccellenza della ricerca" La rice...

01/07/2005
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Corriere della sera

I rettori: la riforma affossa il modello Milano
Decleva, Ballio e Fontanesi: "Meno risorse per le università, studenti e docenti penalizzati: difenderemo l'eccellenza della ricerca"
La ricerca nelle università milanesi è a rischio estinzione: è un grido d'allarme quello lanciato ieri dai rettori delle tre grandi università statali di Milano (Statale, Politecnico, Bicocca). Un'iniziativa inedita, una sorta di protesta "istituzionale", contro il disegno di legge di riforma dello stato giuridico dei docenti voluto da Letizia Moratti, in dirittura d'arrivo a Palazzo Madama dopo le modifiche apportate da Montecitorio. Enrico Decleva, Giulio Ballio e Marcello Fontanesi insieme per mandare un messaggio molto chiaro "a chi le leggi le scrive e le approva". "Se la ricerca e i giovani sono la principale risorsa delle università milanesi, questa riforma li mette entrambi a rischio". Il punto maggiormente critico del provvedimento, secondo il rettore della Statale Enrico Decleva, è l'abolizione del ruolo di ricercatore che si trasformerebbe in una figura con un contratto a termine di tre anni, rinnovabile una sola volta. E dopo? Dopo c'è la strettoia del concorso per il ruolo di professore associato. "I giovani si troverebbero dopo sei anni con nulla in mano", dice Decleva. Passare sei anni a studiare e poi avere il nulla di fronte "non è un incentivo per attirare giovani capaci nella ricerca o evitare la fuga di cervelli all'estero".
E gli oltre 2000 ricercatori milanesi sono accanto ai rettori e annunciano battaglia. Come quelli della facoltà di scienze matematiche della Bicocca che hanno già annunciato la loro intenzione di ritirare la disponibilità a ricoprire incarichi di insegnamento nel caso in cui il disegno di legge passi senza modifiche sostanziali. "In soli due giorni dieci colleghi non hanno risposto ai bandi per l'insegnamento e 24 si riservano di rinunciare - dice Stefania Brocca -. Se si pensa che ogni ricercatore in media tiene tre corsi a testa, è facile immaginare quali sarebbero le conseguenze". Rinunciare ai bandi per l'insegnamento? "I ricercatori ne avrebbero tutto il diritto" commenta il rettore della Bicocca. "Oggi il 15-20 per cento dei corsi è tenuto da ricercatori non di ruolo - osserva Giulio Ballio, rettore del Politecnico -. Bisognerà ora verificare la loro disponibilità a confermare l'incarico".
E proprio le ricadute economiche per le università sono un altro punto dolente. Il perché lo spiega sempre Ballio: "Lo Stato così ritira la mano dal cofinanziamento che prima dava nei primi anni di lavoro dei giovani ricercatori attraverso gli assegni di ricerca". Queste figure infatti avevano un costo sufficientemente basso per le università, visto che lo Stato non richiedeva gli oneri fiscali su queste posizioni.
Ma nel disegno di legge ci sono molti altri punti controversi: l'introduzione per esempio del professore aggregato: "Al ruolo avrebbe accesso, su domanda, anche il personale tecnico-amministrativo laureato - spiega Decleva - con il rischio di trovarsi professori senza nessuna carriera di ricerca alle spalle". Ma c'è anche la mancata modifica delle regole concorsuali e la riforma del sistema di valutazione delle università. Ieri in mattinata, durante la mobilitazione delle università italiane contro il disegno di legge e mentre si teneva l'incontro dei tre rettori milanesi, il ministro Moratti ha fatto sapere di essere pronta a valutare le osservazioni e le proposte della comunità accademica, ma l'amarezza non svanisce: "Non c'è un no a priori alla Moratti", dice Fontanesi. Ma secondo il rettore della Bicocca è innegabile un "tradimento" dei principi di rilancio della ricerca e meritocrazia che avevano mosso la riforma.
Sulle proteste che potrebbero scoppiare a settembre con delle gravi conseguenze sull'attività didattica, i tre sono chiari. "Noi saremo accanto ai nostri ricercatori. Certo non chiedeteci di scendere in piazza".

Diana Fichera